Omicidio Vassallo, quei dubbi dell'ex Pm Greco - Le Cronache Ultimora
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Omicidio Vassallo, quei dubbi dell’ex Pm Greco

Omicidio Vassallo, quei dubbi dell’ex Pm Greco

Il 10 settembre del 2018 Le Cronache pubblicò una intervista all’ex Pm Alfredo Greco, il magistrato che subito avviò le indagini per l’omicidio Vassallo. Un raro momento in cui il magistrato uscì dalla sua proverbiale riservatezza per raccontare i fatti di quei terribili momenti (e anche per rispondere ad una intervista dell’avvocato Ingroia, ex collega di Greco) e legale di Dario Vassallo. La riproponiamo perchè è ancora attualissima e perchè quell’episodio sulla sottrazione dell’indagine resta ancora un mistero. Su cui ci auguriamo che neo costituito Comitato dell’Antimafia, chiamato ad indagare sul delitto del sindaco pescatore, possa fare chiarezza.

Indagini fatte male e grande amarezza per gli anni trascorsi senza trovare i colpevoli dell’omicidio Vassallo. Non solo il nuovo avvocato della famiglia Vassallo, l’x Pm Ingroia, ci è andato giù duro tirando in ballo pezzi dello Stato. Ma anche il deputato Cirielli e il sindaco di Napoli De Magistris hanno puntato l’indice contro la Procura di Salerno. Ma come andarono le cose alla notizia della morte del sindaco pescatore? Il primo magistrato a correre sul posto di Alfredo Greco, procura di Vallo per competenza territoriale. “Fui svegliato dal colonnello Merone -ricorda Greco- ero di turno e ci precipitammo sul posto. Ho letto l’intervista di Ingroia, non solo mi pare ingenerosa ma quello che ha detto non coincide con i tempi. In 24 ore più o meno l’indagine mi fu sottratta e passò alla direzione antimafia”. Cosa successe? “L’omicidio avvenne nella notte tra il 5 e il 6 settembre. Nel pomeriggio del giorno 6 facemmo una riunione a Salerno alla distrettuale e Roberti mi comunicò che l’indagine passava all’antimafia. Avevano notizie evidentemente su indagini in corso di loro stretta competenza sulla situazione di Acciaroli per cui si pensò di inquadrare l’omicidio in un solco già tracciato. Da allora non ho avuto più notizie né sono stato mai interpellato anche perché immediatamente io avevo avviato tutte le procedure che il caso richiedeva”. Cirielli ha detto che il primo mese di indagini è quello cruciale quando ci sono episodi del genere, non lesinando l’attività della Procura di Salerno non per malafede ma per incapacità “Posso dire che nella immediatezza del fatto diedi vita a tutta una serie di attività investigative. Innanzitutto chiamai la scientifica dei carabinieri di Salerno per i rilievi sul posto. Poi facemmo una serie di stub a persone che si ipotizzava potessero essere coinvolte. Il fatto che il povero Vassallo fosse stato trovato con il telefono in mano ci fece partire subito con il controllo dei tabulati per verificare le telefonate che aveva fatto o ricevute, soprattutto in prossimità dell’evento delittuoso. Interrogammo nell’immediatezza familiari, amici per ricostruire gli ultimi istanti di vita di Vassallo, per capire anche con chi si fosse incontrato. Cosa che facemmo anche la mattina del sei per incrociare i dati e ricavarne indizi o possibili piste. Disposizioni tutte verbali ovviamente essendo di notte c’era la necessità di procedere rapidamente. Poi come detto consegnai tutto alla Distrettuale e devo aggiungere che di tutta questa attività non ho saputo più nulla. Come Procura di Vallo conoscevamo bene il territorio, tenevamo sotto controllo eventuali spacciatori ma ripeto, c’erano delle attività in mano alla distrettuale antimafia che furono ritenute decisive per il passaggio dell’inchiesta”.
Chi ha sparato a Vassallo ha esploso tanti colpi, si diede una spiegazione?
“Non avendo visto i risultati della scientifica non posso sbilanciarmi. Posso dire solo quello che ho visto”.
Ma un killer della camorra, di solito, spara di meno. “Nella mia lunga attività di magistrato purtroppo ho visto tantissimi omicidi di camorra. Ma non bisogna farsi suggestionare. E’ vero: di solito i colpi sono due, uno al petto e uno alla testa. Però bisogna essere oggettivi, considerare anche altri fattori. Ad esempio la persona che ha sparato poteva essere su di giri per l’assunzione di cocaina, oppure psicologicamente provava un odio così profondo nei confronti della vittima che giustificherebbe l’esplosione di tanti colpi di pistola. Secondo quanto letto sui giornali dovevano essere nove. Posso aggiungere una cosa: chi ha sparato doveva avere la mano ferma, una calibro 9 porta al rinculo e si rischia di andare fuori obiettivo. I bossoli visti per terra erano ben raccolti, segno che l’assassino ha sparato con fermezza. Per questo il lavoro della Scientifica è fondamentale, dai loro risultati ad esempio si può sapere la posizione di chi ha sparato e perfino la sua altezza”.