Nulla di fatto. Le speranze di Francesco Maardo, boss di 73 anni dell’omonimo clan di Giugliano in Campania (e dell’Alleanza di Secondigliano), di uscire senza colpe dall’omicidio dell’autotrasportatore salernitano Aldo Autuori s’infrangono contro la sentenza della Quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso straordinario. Sono state depositate le motivazioni della decisione degli ermellini, che hanno confermato la condanna a trent’anni di reclusione inflitta al capoclan, difeso dagli avvocati Gian Paolo Schettino e Nicola Quatrano. Un anno prima gli ermellini della Prima sezione penale avevano già rigettato i ricorsi dei cinque imputati, rendendo irrevocabili le condanne a trent’anni ciascuno, già confermate dalla Corte d’assise d’appello di Salerno, per i mandanti dell’omicidio volontario premeditato con l’aggravante della finalità di sfruttamento del metodo mafioso: Francesco Mogavero di Pontecagnano Faiano, il “gemello” Enrico Bisogni di Bellizzi, il reggente del clan Cesarano, il “profeta” Luigi Di Martino, il boss di Giugliano e l’affiliato Stefano Cecere. Ora l’atto d’impugnazione straordinaria della sentenza della Corte suprema. Per la difesa “la Corte di legittimità, non inquadra in modo specifico i soggetti “esterni al territorio” (parole del pentito De Maio) che hanno eseguito l’omicidio, limitandosi a rappresentare l’utilizzo di persone non del territorio salernitano “assoldate” da Luigi Di Martino ‘ o profeta, valorizzando il contributo dichiarativo del pentito De Maio a sostegno della conferma della sentenza impugnata dai legali di Mallardo. E ancora per la difesa “La Corte è incorsa in una svista e non ha considerato quanto affermatorealmente dal collaboratore di giustizia, il quale ha dichiarato di aver appreso da Enrico Bisogni che essi avevano avuto una mano dai “Cesarano”, in particolare da Luigi DiMartino che aveva mandato loro “dei ragazzi”, diversamente dalla sentenza dei due gradi di giudizio che aveva portato alla condanna un uomo del boss di Giugliano in Campania”. In sostanza per i difensori del 73enne giuglianese a commettere l’omicidio non sarebbero stati i killer del clan omonimo ma persone vicine a Di Martino ‘o profeta, Furono condannati a trent’anni con pena definitiva Enrico Bisogni, Francesco Mogavero, lo stesso Di Martino e il boss giuglianese oltre a Stefano Cecere (Tesone condannato all’ergastolo con un altro procedimento). Dopo essere uscita dal carcere, la vittima aveva riallacciato i rapporti con vecchi clienti che, minacciati, sarebbero passati all’agenzia di Mogavero. Ci sarebbe stata una discussione nel corso della quale Autuori aveva «mancato di rispetto, ai fratelli Bisogni e a Mogavero stesso. E per mettere a segno l’omicidio gli «eredi» del clan Pecoraro-Renna si sarebbero rivolti a sodali del clan Cesarano, l’organizzazione con cui facevano affari per la droga. Nel corso delle indagini era poi emerso il patto di amicizia storico tra il clan Cesarano di Castellammare e i Pecoraro- Renna e i rapporti con la consorteria dei Mallardo come avrebbero riferito i collaboratori di giustizia. Il delitto si sarebbe consumato sotto gli occhi di Gigino ‘o profeta- che a Sulmona aveva avuto l’Ok da Mallardo. La sera dell’omicidio il telefonino di Di Martino sarebbe stato intercettato a Pontecagnano.
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