Di Olga Chieffi
A quattro mesi dalla scomparsa del giovane percussionista Antonio Senatore, che ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di quanti lo abbiano sempre amato, i suoi musicisti, riuniti in un ensemble si ritroveranno oggi, nella Parrocchia di San Paolo Apostolo. I momenti musicali saranno due; alle 18.30 verrà celebrata la Messa in suo suffragio dal parroco Don Carmine De Angelis, il quale ha ormai instaurato un rapporto stabile con questa formazione cameristica, che vedrà musica sacra eseguita dalle prime parti dell’Ensemble Salernitano a sostegno del coro parrocchiale. L’Ensemble si ricomporrà poi subito dopo nella formazione completa, di circa 25 elementi tra archi, fiati e percussioni, alle ore 19.30, per un concerto dall’eterogeneo programma, diretto da Nicola Santulli, con la partecipazione del soprano Carmela Torre.
Il concerto principierà con l’Andante festivo, per orchestra d’archi e timpani. Il brano nasce dalla richiesta fatta da Walter Parviainen di comporre, prima del Natale del 1922, una cantata per celebrare il XXV anniversario delle Segherie Säynätsalo; Sibelius, invece, scrive un unico movimento per quartetto d’archi che presto inizia a circolare negli ambienti musicali finlandesi. Nel 1929 viene eseguito in un adattamento per due quartetti d’archi, predisposto da Sibelius per la cerimonia nuziale di sua nipote Riitta e, intanto, pensa anche ad una rielaborazione per orchestra d’archi e timpani. Andante festivo è una breve, affascinante composizione, un susseguirsi continuo e regolare di frasi melodiche che fanno risaltare l’intensità espressiva dell’orchestra d’archi, mentre i timpani ne sottolinea la conclusione eroica. Entrerà, quindi, in scena il soprano Carmela Torre, per dedicare al pubblico l’Ave Maria di Giulio Caccini, uno dei più grandi falsi della musica poiché scritta da da un russo vissuto negli anni Settanta del secolo scorso, Vladimir Fedorovic Vavilov, si passerà quindi, ad una delle melodie più amate dell’album Odissea Veneziana di Gian Piero Reverberi, composta per l’ensemble del Rondò Veneziano che vede protagonista il suono evocativo dell’oboe.
Si continuerà, indi, con l’ “Ave verum corpus” il mottetto in Re Maggiore K618, di Wolfgang Amadeus Mozart, scritto nell’anno della sua morte, opera che è considerata uno dei momenti più alti del compositore austriaco, con la sua struggente e intima semplicità, prima di intonare il brano più celebre della colonna sonora del film “Fratello sole e sorella luna” di Franco Zeffirelli del 1972, opera di Riz Ortolani. In realtà, occorre precisare che il pezzo musicale in questione non è opera autentica del maestro Ortolani, perché si tratta di un brano tratto praticamente di santa pianta dal Laudario di Cortona (1300), più precisamente si tratta della lauda n. 37 dal titolo Sia laudato Santo Francesco, che si trova ai fogli 93-96; circostanza che nulla toglie alla bellezza del brano.
Immancabile il celebre solo d’oboe, che eleverà Giuseppe Garofano, da Mission, firmato da Ennio Morricone, Gabriel’s Oboe, una melodia che è nel sentire di tutti noi, e a cui si lega a filo doppio nell’immaginario comune con lo strumento protagonista con cui il solista potrà esprimere la resurrezione di speranza e gioia e l’inversione del tempo che è alla base di questa pagina. Un brano che ha la capacità di entrare, e soprattutto rimanere, nel cuore di chi ascolta. E questo “rimanere” è sempre la spia di un compositore che scava nel profondo, e deposita nei nostri ricordi note, accordi ed effetti che resistono al tempo, con l’ampiezza della sua linea melodica, il colore delle armonie e uno sviluppo che può richiamare alla memoria certa produzione romantica del secondo Ottocento. Ed ecco Gabriel Faurè, il poeta dal tono sommesso, con la sua Pavane in Fa diesis minore op.50, una pagina minore composta nel 1877, nel periodo di composizione del Requiem, dalla suasiva cantabilità, la castigatezza e la purezza dei mezzi espressivi, caratteristiche di un linguaggio che guardava già ad un’armonia modale. Avanzerà, quindi, Carmen, col suo tema obliquo, della celebrata Habanera, “L’amour est un oiseau rebelle”, individuato dal suo personale intervallo e con il tono scuro della tessitura vocale, è la zingara randagia, è l’eros inconfessabile delle taverne, l’eros che si esprime per vincere ogni degradazione, che è l’ultimo rifugio degli istinti, l’indizio d’una libertà illimitata, difesa fino alla morte, la libertà del corpo, dei sensi.
Finale con “Bésame Mucho”, della messicana Consuelo Velàzquez una canzone che negli anni Cinquanta il direttore d’orchestra Xavier Cugat divenne celebre soprattutto in versione Rumba, o come volete, che racconta della vita che celebra il ritmo del corpo, una tradizione strutturata per raccogliere energia, per comunicarla, “dividerla” e restituirla collettiva attraverso la danza, proprio perché all’interno delle sue contraddizioni, delle sue passioni, dei suoi sogni, si sono incontrati e scontrati tutti i problemi, le ansie e i desideri dell’alma latina.