Nocera Inferiore. Arresti domiciliari a Scalea per il boss di Nocera Inferiore Antonio Pignataro, che da ieri su decisione del Riesame di Catanzaro in ossequio al dettato della Cassazione ha trasferito l’unico killer in vita di Simonetta Lamberti nell’abitazione situata nella località di mare sul Tirreno in provincia di Cosenza. Il 67enne ha inoltre ottenuto i permessi per curarsi, dopo la presentazione di un’apposita documentazione da parte del suo legale, l’avvocato Giuseppe Annunziata, che ha prodotto elementi anche per ritenere insussistente il reato di associazione finalizzata allo spaccio di droga per la quale è Pignataro è indagato. L’inchiesta è quella di gennaio scorso quando erano partite le ordinanza di arresto a carico di 4 persone dell’Agro nocerino che avrebbero inondato di droga il territorio salernitano con cocaina e hashish proveniente da Scalea dove a dirigere le operazioni ci sarebbe stato il torrese Tamarisco “Nardiello”. Coinvolti Ivano Busiello (di Scafati) e Gianluca Lano di Pagani, unitamente a Joisef Slimane residente a Scalea (liberato come Pignataro). Il gruppo per la Dda calabrese sarebbe stato diretto proprio da Domenico Tamarisco, già raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in estate 2023 dal gip. Secondo gli inquirenti la struttura del sodalizio era stata costruita con ripartizione dei compiti di fornitori, acquirenti, corrieri, custodi e distributori della droga, ma anche i canali di approvvigionamento, con la cessione anche nelle province di Napoli e Salerno. Per la Procura “Pignataro era partecipe delle attività criminali di Tamarisco e di Salvatore Maiorino” ed era stato reputato “significativo” l’episodio verificatosi a marzo 2022 “allorquando Tamarisco conversa con Maiorino che ha appena riscosso dei crediti derivanti presumibilmente dall’attività di narcotraffico, e rilevato che il giorno successivo Maiorino aveva impegni tali da non consentire di portare a Tamarisco Nardiello la somma, quest’ultimo gli dava disposizione di consegnare i proventi nelle mani di “zio Antonio” ovvero Antonio Pignataro Antonio, che pertanto li avrebbe custoditi”; riconoscendo la disponibilità di Pignataro nei confronti dell’associazione capeggiata dal Tamarisco, nonché una sua piena consapevolezza delle dinamiche delittuose”. E ancora “avrebbe messo a disposizione il proprio immobile a Scalea per un summit del clan oltre a custodire i proventi dell’attività di narcotraffico (21mila euro in contanti)”, scrivono i giudici ermellini.
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