Il marmo di Salerno è il solo posto come memoriale prima di esumare i resti dalle Fosse Ardeatine. Scrivere sulla pietra non è scavarla, è trovare il respiro della vita in essa e rivelarlo, tale frase trova conferma nella lapide che a Salerno si mostra nell’androne di Palazzo mobilio di Lungomare Trieste. Quel ricordo marmoreo fa memoria di Filippo De Grenet, un caduto delle fosse Ardeatine nella Roma di ottanta anni fa. La frase scolpita sul marmo è indubitabilmente la prima pietra incisa per una delle 335 vittime assassinate con un colpo alla testa dai nazisti il 24 marzo 1944 a Roma in quella dichiarata “ Città Aperta” ma di fatto occupata dalle truppe tedesche del terzo Reich. Il marmo oltre a far memoria di uno di quei caduti, è la più eloquente attestazione coeva a Salerno Capitale del ministero degli affari esteri del governo Badoglio. I sussurri della pietra ancora oggi parlano a chi tende l’orecchio per sentire. Il primo sussurro lasciato dagli anonimi autori dell’epigrafe pare afferrarlo in quella “R.” con cui gli scriventi sacrificarono Regno, preferendo la decapitazione all’eliminazione della preposizione articolata o in second’ordine si poteva abbreviare con “Min.” la parola “ministero”. Furono sussurri anti regalità di funzionari che avevano visto abbandonare a Roma il ministro incaricato, Raffaele Guariglia, lo stesso abbandono subito dallo stesso De Grenet, primo instradamento verso il tragico epilogo, non e dato sapere, ma è una lettura coerente storicamente con gli avvenimenti. Un altro sussurro si percepisce dalla data indicata. Essa fa memoria non dell’apposizione del marmo ma del tragico evento romano. Il marmo fu collocato al tempo di Salerno Capitale tra la data dell’eccidio ma prima che il governo e i vari ministeri ritornassero nella loro sede romana: un arco temporale che va dal 24 marzo a ben dopo il 4 giugno 1944 quando Roma fu liberata dai tedeschi, ma il Governo continuò a riunirsi a Salerno fino al 15 luglio 1944, quando iniziò il trasferimento a Roma, tornata a essere capitale d’Italia il 15 agosto 1944. La attenta lettura dell’epigrafe fornisce un altro spunto di ricerca perché per i resti di De Grenet fu usata la forma verbale al futuro, “ritroveremo” chi scrisse era certo che fosse tra le vittime ma non era stato ancora ritrovato il corpo. Un particolare possibile solo dopo al 19 aprile 1944 data in cui il sacerdote, don Francesco Tomasetti, Procuratore dei Salesiani di don Bosco, riuscì a entrare in possesso di una lista con i nomi, che fece pervenire alla Santa Sede, notando però che mancavano i nomi dei condannati prelevati dal carcere di via Tasso. Un elenco completo pervenne più tardi in mano al direttore della comunità di S. Callisto. Importante il particolare del carcere di Via Tasso perché era sede da cui era stato prelevato per l’esecuzione il De Grenet. Per tale evidenza la targa si collocò tra l’ultima decade di aprile e il 27 luglio data d’inizio per esumazioni e identificazione. L’esumazione propria del De Grenet potrebbe essere avvenuta anche molti giorni dopo perché il funzionario del ministero degli affari esteri fu riesumato quale 142° numero progressivo. I resti mortali furono riconosciuti da Teresa De Grenet- Ricciardi, sua madre. Rendendo anche possibile anche che la triste costatazione sia avvenuta quando la parentesi di Salerno Capitale fosse esaurita. Resta a Salerno il grido che sgorga prorompente ancora oggi da quel marmo che non fu posto per rendere omaggio all’eroe, al decorato, al nobile, al console ma fu posto per star vicino all’amico, al collega, al funzionario scrupoloso facendosi portatori di un atto di compassione vista la distanza impossibile da praticare in prima persona. Una pietas di vicinanza manifestata nel “ritroveremo” al posto del più corretto “ritroveranno”. Un pathos di partecipazione emotiva che rimanda al lacerante dolore di Achille per la morte di Patroclo nell’Iliade. Il 25 mar. 2019, a settantacinque anni dall’orribile eccidio nel Palazzo della Farnesina, sede del Ministero degli Affari Esteri a Filippo De Grenet fu dedicata l’”Anticamera degli ambasciatori”, Salerno Capitale a Filippo De Grenet era arrivata tanti, tanti anni prima, aveva con il marmo a memoria preceduto anche la concessione della MOVM. Biografia sintetica di Filippo De Grenet Filippo De Grenet nato a Napoli, 10 ottobre 1904, da Carlo e dalla nobile Teresa dei Conti Ricciardi – morto a Roma, 24 marzo 1944, laureato in giurisprudenza, fu dal 1932 funzionario del Ministero degli Esteri (console) è stato un diplomatico italiano decorato con Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Fu Volontario nel 1936 nella guerra d’Etiopia, dove fu decorato di medaglia d’argento al valor militare. Nel corso della seconda guerra mondiale, quale membro del Servizio Informazioni Militare fu inviato come tenente di complemento d’artiglieria in Africa. Il 9 dicembre 1940 fu gravemente ferito e preso prigioniero a Sidi el Barrani, durante l’attacco sferrato dall’8a Armata britannica. Dopo diciassette mesi di prigionia in Egitto, fu rimpatriato perché mutilato e invalido di guerra. All’armistizio si trovava a Roma e benché inabile partecipò alla Resistenza romana nelle file del Fronte Militare Clandestino (banda Bianchi). Il 25 gennaio del 1944 i fascisti, che ricercavano il colonnello Giuseppe Montezemolo, fecero irruzione nella sua casa, sorprendendo l’ufficiale superiore, responsabile di un centro militare clandestino chiamato “Ufficio di collegamento col Comando Supremo”. Montezemolo e De Grenet furono arrestati e condotti in via Tasso e sottoposti a tortura per farli parlare. Il colonnello e il suo collaboratore non tradirono e restarono in silenzio. Entrambi furono poi eliminati dai tedeschi nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Giuseppe MdL Nappo Gruppo scuola lavoro Maestri del Lavoro SA
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