
Olga Chieffi
La musica, è pura espressione dell’estetica di Nino Rota, ancorata ad una concezione immediata, ingenua e spontanea, che può senz’altro prescindere da proposizioni teoriche e da forzate concettualizzazioni, fedele al primato della melodia e basato su di una tonalità del tutto priva di complicazioni armoniche e su ritmi e forme simmetriche e immediatamente percepibili, che condurrà l’uditorio in un libero giuoco di associazioni, spaziante tra i diversi generi musicali. Al compositore, che noi riusciamo nell’immediato ad associare ai grandi film di Fellini, Coppola, Visconti, Monicelli, Zeffirelli, la pianista Marina Pellegrino ha dedicato un progetto discografico, registrato presso lo studio Elios Registrazioni Audiovisive di Castellammare di Stabia, e pubblicato dalla casa discografica romana NovAntiqua Records, “Fantasia”, che prende il nome dal brano rotiano, ma sappiamo bene che la musicista è un’appassionata disneyana, che presenterà in concerto, questa sera, alle ore 18, nel Salone di Rappresentanza del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni. Il concerto principierà con un florilegio tratto dai 15 preludes di Rota, opera che apre appunto il disco. I Preludi, dei quali ascolteremo i primi tre, il sesto e il decimo, composti nel 1964, appartengono alla vasta produzione strumentale, caratterizzata da una piacevolezza e una fluidità di espressione non comuni nel secondo Novecento. Originalità e indipendenza artistica caratterizzano l’opera di Nino Rota, che, pur ammirando figure come Stravinskij e avendo avuto un rapporto personale con lui, ha scelto di seguire un percorso musicale diverso rispetto alle tendenze dominanti in Europa. Proveniente da una tradizione musicale italiana, Rota si distingue per la sua capacità di reinterpretare forme tradizionali, come il preludio, in modo innovativo e personale. I Preludi restano un contenitore di idee, stati d’animo, situazioni oniriche, piccoli quadri musicali, ognuno con una propria identità. La metafora cinematografica dei fotogrammi o fotografie arricchisce la comprensione di queste composizioni, suggerendo che ogni preludio è un’immagine vivida, un frammento di un mondo interiore che si rivela come un breve ma intenso racconto. Rota utilizza la forma del preludio non solo come un esercizio di stile, ma come uno strumento per raccontare storie, evocare emozioni e creare un mosaico di suggestioni sonore, confermando il suo ruolo di artista originale e innovativo nel panorama musicale. Si proseguirà con le sonate K32 e K146 di Domenico Scarlatti. La sonata per clavicembalo, progenitrice di quella al pianoforte, riveste i panni di un nuovo veicolo espressivo che ha come prerogativa quello di fissare lo stato della tecnica pianistica affiancandola all’espressività del musicista e alle sue particolarità: nell’àmbito delle sue sonate, oltre a fissare nuove modalità di utilizzo della tastiera (tra le quali sarà introdotta come una vera innovazione l’uso incrociato delle mani) fissa anche uno standard universale. In questa impresa l’autore metterà in evidenza tutte le sue influenze, dai lampi barocchi alle sonorità spagnole derivate anche dalle dominazioni arabe, ma soprattutto con lui nasce una nuova estetica musicale che gradatamente rompe con l’elevazione spirituale e con il contrappunto barocco per affermare il nuovo ordine delle “regole” musicali. In maniera silenziosa, ma temporalmente sempre più evidente, la sonata accompagnerà il piano nel suo processo di distinzione strumentale che lo vedrà diventare un protagonista che riuscirà gradatamente a superare in termini di diffusione il violino, lo strumento musicale che aveva guidato i musicisti per secoli. Ancora Rota con i sette pezzi difficili per bambini” un viaggio immaginifico nella fantasia di un giovane pianista, scritti tra il 1971 e il 1972, come bozzetti per le esercitazioni degli allievi del Conservatorio, dei quali ascolteremo il primo e il sesto e settimo, i più rappresentativi di come Rota sia riuscito ad affiancare alla qualità intrinseca della sua musica , densa di immagini e di colori, la profonda conoscenza delle potenzialità sviluppate e “in via di sviluppo ” che uno studente di pianoforte possiede in un determinato scorcio del suo percorso di studio. Marina Pellegrino si cimenterà, quindi, con la sonata n°2 in re minore op.14, datata 1912, di un Sergei Prokofiev appena ventunenne, ma già sorprendentemente matura, dedicata a Maksimilian Shmitgoff, suo compagno di studi morto suicida. quattro movimenti nella successione di allegro bitematico, scherzo, movimento lento e finale. Tuttavia, la trattazione interna del materiale non si rifà ai principi della “elaborazione” di matrice classica, ma alla libertà della toccata barocca. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, si svolge secondo una logica paratattica, che allinea varie situazioni fra loro contrastanti, frontalmente contrapposte. Il breve Scherzo si avvale di una lunga frase composta da brevi incisi ritmici, e basata su una successione ostinata e grottesca di accordi. L’Andante è una pagina che, con la sua lirica concentrazione espressiva e il sapore popolare della melodia, interrompe l’ambientazione prevalente della composizione. Il momento più alto della Sonata è comunque nel Vivace finale, dove il serratissimo pulsare del ritmo e la configurazione pungente e ironica del tema all’acuto – appena interrotti da una contemplativa reminiscenza del primo movimento – danno vita ad un moto perpetuo che costituisce il prototipo, forse ineguagliato, di molte pagine consimili del compositore.Il recital sarà chiuso dall’ esecuzione della Fantasia in Sol per pianoforte. La fantasia è una forma musicale che nasce per lo più sulla base di un’improvvisazione, ovvero che i mattoni grezzi del pezzo sono costituiti da un flusso spontaneo di materiale musicale, cui successivamente viene data una forma compiuta. In questo caso una vera e propria confessione musicale autobiografica. La pagina esprime, infatti, con grande intensità uno dei sentimenti cardine della poetica rotiana. Una sorta di irredimibile malinconia per un mondo che mai più tornerà.