Marco Nigro: “L’Avvocato? Non si può fare ovunque” - Le Cronache
Attualità

Marco Nigro: “L’Avvocato? Non si può fare ovunque”

Marco Nigro: “L’Avvocato? Non si può fare ovunque”

Ad essere intervista è l’avvocato Marco Nigro presente sul Territorio salernitano.
A lui sono state poste alcune questioni al fine di rispondere ai tanti quesiti che giovani laureati si pongono ogni giorno. In modo particolare affrontando il tema dell’emigrazione dei giovani e della criminalità presente nel nostro Paese.
Da libero professionista quale consiglio dà ai tanti neolaureati che vogliono inserirsi nel campo lavorativo e in special modo in quello della libera professione?
«Oggi purtroppo la crisi riguarda un po’ tutti i settori. Solo tanta dedizione e perseveranza sono la chiave per ottenere qualche risultato. C’è un’idea piuttosto diffusa e ancorata al passato secondo cui il professionista “debba” lavorare per il sol fatto di essere tale; come se fosse un diritto!
Ma, chiaramente, se restiamo seduti dietro la scrivania ad aspettare passivamente nessun cliente busserà alla nostra porta. La collaborazione con i colleghi più anziani, il networking ed il social media marketing sono solo alcune delle strategie per poter posizionarsi sul mercato nel 2023».
Molti giovani, che vivono al Sud, dopo la laurea si trovano disorientati ed emigrano in altre Regioni o Paesi per trovare fortuna. Qual è il suo consiglio affinché i giovani possano restare qui e mettere le proprie capacità ed abilità a disposizione della comunità?
«Il sud è chiaramente un limite per chi aspira a fare quei lavori che qui nemmeno esistono. Un mio compagno di liceo, ad esempio, è ingegnere aerospaziale e, chiaramente, ha dovuto necessariamente trasferirsi all’estero per lavorare. È un esempio estremo per dire che, obiettivamente, ci sono lavori che non puoi svolgere “ovunque” come l’avvocato. Bisogna investire sulle risorse che ci sono e non concentrarsi (e magari lamentarsi) sulle cose che mancano. Il turismo, ad esempio, è una risorsa importante che molti sottovalutano».
La criminalità è un concetto ormai non più sentito sul nostro territorio in quanto si parla per lo più di delinquenza dei giovani. Per lei, lo Stato in che modo deve intervenire sui nostri territori offrendo ai giovani delinquenti una rieducazione efficiente per poter far sì che vengano reinseriti nella società spigola nel mondo lavorativo così come previsto dall’articolo 27 della Costituzione?
«La rieducazione è un fatto culturale. Bisogna ripristinare il senso di legalità e dello Stato. I giovani devono sentirsi tutelati dallo Stato per evitare di cedere alle adulazioni della criminalità organizzata. Chiaramente dove lo Stato manca la criminalità dilaga. Perciò le politiche sociali ed il lavoro dovrebbero essere al centro del dibattito politico».
Nicola Celentano