Sessant’anni fa la tragica alluvione del 25 ottobre 1954 che colpì la Costa d’Amalfi e in special modo Maiori. Per ricordare quel tragico evento l’assessorato comunale alla Cultura, guidato dal consigliere delegato Mario Piscopo, ha organizza un’intensa due giorni per ricordare la catastrofe che provocò la morte di 37 persone attraverso un convegno e una mostra dal titolo “Approdi e Naufragi – La costruzione dello sguardo per artisti tra il XX e il XXI secolo”.
Il convegno, moderato dal giornalista Sigismondo Nastri – che ha vissuto in prima persona da corrispondente per il quotidiano Il Mezzogiorno – si è svolto ieri alle 17, nel Salone degli Affreschi di Palazzo Mezzacapo.
Dopo un filmato ed una mostra fotografica delle scene disastrose dell’alluvione del 1954, si è aperto con l’inquadramento storico a cura di Donato Sarno, Presidente dell’Associazione La Feluca. A seguire gli interventi di Aldo Cinque, già ordinario di geomorfologia dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, di Giuseppe Foscari, ordinario di Storia dell’Europa, dell’Università di Salerno e di Grazia Francescato, giornalista e scrittrice.
Le conclusioni sulle problematiche connesse al rischio idrogeologico ed alla sua prevenzione sono state affidate all’Assessore Regionale alla Protezione Civile, Edoardo Cosenza. Nella sua relazione, Cosenza ha sottolineato l’importanza della tutela dal rischio idrogeologico che incombe su tutta Italia. Per l’occasione il vice sindaco di Maiori Antonio Romano ha consegnato all’assessore una lettera in cui chiede maggior impegno alla Regione, vista l’impossibilità per il comune di far fronte alle operazioni necessarie alla messa in sicurezza del torrente Reginna. Gravato dagli ingenti tagli imposti dal governo, l’ente non è in grado da solo di accollarsi l’onere: di qui l’invito a tutte le istituzioni a fare la loro parte, affinchè possano evitarsi tragedie come quelle del passato e come quelle recenti a Genova.
Dopo una messa solenne in onore dei caduti, domenica 26 ottobre sarà deposta una corona di alloro ai piedi della lapide, posta nell’androne di Palazzo Mezzacapo, che ricorda le 37 persone decedute in occasione dell’alluvione di 60 anni orsono.
Questa sera alle 18, presso le sale di Palazzo Mezzacapo, è prevista l’inaugurazione dell’interessante mostra “Approdi e Naufragi”, ideata da Raffaele D’Andria e Marco Alfano e realizzata in collaborazione con la Provincia di Salerno.
Il tema centrale è la “formazione” (Bildung) dello “sguardo” degli artisti di fronte al “visibile”, al sorprendente scenario della Costa, intendendo quest’ultimo quale intreccio inscindibile tra i valori dell’ambiente “naturale” e quelli segnati dall’intervento umano; “spazio”, peraltro, non solo descritto, “narrato” nei caratteri esteriori, piuttosto pensato, o meglio “intuito” anche nella struttura interna, “invisibile”. L’itinerario espositivo si apre con le tracce “moderniste” che affiorano sulla Costa già nella prima metà del XX secolo: dalle declinazioni postimpressioniste di Antonio Ferrigno e Luigi Paolillo, alla “facile” rapidità coloristica di Luca Albino, ai paesaggi “verticali” di Manfredi Nicoletti e Guido Gambone, fino all’espressività arroventata di un Giovanni Zagoruiko; prova a rileggere la ceramica del “periodo tedesco”, con le opere di Richard Dölker e Irene Kowaliska, riconsiderandone il debito nei confronti delle faenzere vietresi, ad altri protagonisti quali Guido Gambone,Salvatore e Giosué Procida, Giovannino Carrano.
Il campo d’indagine si è esteso nel considerare tangenze e coincidenze con l’arte attuale, focalizzando l’attenzione sugli artisti operanti negli ultimi quarant’anni: dalla multiforme esperienza creativa (è tornato a scriverne nel catalogo Pasquale Persico) di Ugo Marano – al quale non solo la mostra è dedicata, ma del cui spirito utopico-immaginativo è profondamente intrisa – all’esperienza dei Vasai di Cetara, dalla “divina” vasaia Monica Amendola, scomparsa prima del suo Maestro, a Sergio Scognamiglio; dai maestri “storici”Enzo Caruso e Salvatore Autuori all’ “artigiano-artista” Lucio Liguori ai più giovani Federica D’Ambrosio e Pierfrancesco Solimene.
Davide Marciano