di Arturo Calabrese
La riapertura del Castello di Rocca dopo un lungo lavoro di restauro divide l’opinione pubblica. Da una parte ci sono i sostenitori della rinascita della struttura e dall’altra i detrattori che ne denunciano la perdita totale di identità. Acquistato dall’imprenditore Stefano Sgueglia, il maniero è stato oggetto di interventi che oggi sono conclusi. Sarà sede di ricevimenti e feste. Le polemiche I giorni dopo le inaugurazioni, e dopo si capirà perché l’utilizzo del plurale, si sono scatenate molte critiche nei confronti dei lavori di restauro che, a detta di molti, hanno stravolto il disegno originale, restituendo di fatto una struttura totalmente nuova e lontana da quella del tempo che fu. Sulla vicenda intervengono storici del Cilento ma anche rappresentanti delle istituzioni. Lo studioso Pasquale Feo di Omignano, attento narratore del Cilento passato e fine studioso del passato, dice la sua e lo fa in maniera molto tecnica e oltre ogni aspetto politico. «Il Cilento è stato stuprato – il suo pensiero – il monumento al kitsch, al falso, all’inganno. Il 60% del complesso è del tutto inventato, le mura esterne sono in cemento armato e viene spacciato, con faccia tosta, come “castello normanno”. Una vera e propria violenza culturale – continua – uno schiaffo alla storia e alla geografia. Ciò è stato fatto con il beneplacito di tutti, politici compresi, che se fossero solo “capre” sarebbe niente, ma il guaio è che sono “capre pericolose”. L’atto tragico è che ci sono andati tutti, e anche in posa fotografica, inconsapevoli di partecipare al fallimento totale dei una vera idea di futuro che fosse del Cilento e rimanesse ai cilentani». Dopo queste dure parole, Feo entra nel merito dei suoi dubbi: «Cosa avverrà quando non sarà più economicamente conveniente? Chi restituirà il luogo alla sua storia e alla bellezza che era? Possibile che sia questa l’idea di futuro? Un paio d’anni di fuochi d’artificio, di fumo negli occhi e poi? Rimarrà l’esproprio di un patrimonio e di un’identità». Lo storico, poi, propone un esempio molto pratico: «Non ho ancora capito perché non si faccia la copertura sui templi di Paestum visto che una volta c’era – ragiona – immaginate che “lochéscion” e che rilancio per il turismo e che benefici per il territorio. Un imprenditore cinese metterebbe a disposizione subito 10 milioni di euro di tasca propria e ci sarebbero già dieci sceicchi con gli elefanti a prenotare il loro matrimonio. E i greci? E Poseidone? Ma soprattutto, la storia? Possiamo metterli da parte – ironizza amaramente – ma senza perdere questi attrattori». Dice la sua anche Sebastiano Aceto di Torchiara, storico attivista politico e sindacalista: «Possibile che siano tutti entusiasti dell’apertura del castello di Rocca Cilento e che nessuno si ponga la domanda se il pesante intervento fatto sull’architettura del maniero sia annoverabile tra gli interventi di restauro conservativo che non avrebbero dovuto alterare il valore di testimonianza del luogo? – si chiede – un castello è una cosa, un resort di lusso con piscina, un’altra. Non c’è bisogno di risposte – ammette – tanto so già di essere isolato nel momento in cui faccio queste valutazioni e conosco bene le obiezioni che mi verrebbero rivolte: il volano di sviluppo, l’incentivo alla conoscenza del territorio, le possibilità di lavoro e tutto l’armamentario retorico sempre usato per tenere le plebi meridionali in una condizione di dipendenza e subalternità economica e culturale». Ultimo ma di certo non meno importante è il consigliere di opposizione di Agropoli Raffaele Pesce: «Non contesto l’iniziativa – spiega – ma il metodo di restauro e di riedificazione per gran parte dell’edificio. Se le mura, quelle autentiche ovviamente, potessero parlare per quello che hanno visto…». Pensiero lasciato in sospeso. Le inaugurazioni, i residenti e i “pro” Ben tre le giornate di inaugurazione del bene privato: si è cominciato giovedì 23 con l’apertura dei cancelli al popolo e cioè ai residenti di Lustra e della frazione di Rocca Cilento. A loro è stato riservato un rinfresco. Il taglio del nastro ufficiale si è tenuto il giorno successivo: i sindaci del territorio, la Regione Campania, il Parco Archeologico di Paestum e Velia, la curia di Vallo della Lucania ed associazioni varie sono accorse per rendere omaggio al proprietario e festeggiare la “riapertura”. In tanti si sono genuflessi ed hanno applaudito ad una iniziativa privata, portata avanti da un privato per legittimi scopi economici, su una struttura privata e con aziende private. Il precedente Chi scrive ha più volte sottolineato l’importanza di un riscatto della struttura da parte del pubblico. La proprietà privata è una sconfitta per il territorio e per la politica. Di sicuro il castello di Rocca avrà una ricaduta economica sul territorio grazie ai posti di lavoro, ma solo il domani può dare una risposta. La cosa pubblica doveva fare di più e adesso il tempo è scaduto e l’occasione è perduta. Meglio inchinarsi al capitalismo, allo sfarzo sfrenato, al lusso, al consumismo e festeggiare la privatizzazione di un bene storico che era, e mai più sarà, di tutti.