Una responsabilità e consapevolezza maggiori ci avrebbe dovuto portare a non chiudere i luoghi di cultura.
Di Olga Chieffi
In questi mesi per lavoro e per passione abbiamo frequentato rassegne teatrali, concerti e cinema, toccando con mano il rigore con il quale ci si è attenuti alle regole anti-contagio. Durante le rassegne, oltre alla perfetta posizione dei posti a sedere, regolarmente distanziati e ancorati a soppalchi posti alla giusta distanza dai palchi, vi è stato un controllo straordinario con termo-scanner, disinfettanti, mascherine e distanziamento interpersonale anche degli addetti ai lavori come me, oltre che tra coloro che assistevano alle performance e che sono stati comunque in numero ridotto, creando inevitabilmente ripercussioni sulle casse già magre dei botteghini. Anche nei cinema c’è stato un controllo assolutamente rigoroso e il riscontro oggettivo a tutto questo, è dato dal fatto che nessun caso di contagio è stato riscontrato a seguito di queste rassegne e nei luoghi preposti all’arte e alla cultura. E’ veramente scorante dover sottolineare quanto sia sempre la cultura e farne le spese, che sembra facile chiudere e tagliare il settore dell’arte, della musica, come se valesse meno di altri, solo perché non produce bene materiali che puoi comperare e riporre. La cultura produce processi di benessere che non hanno scadenza, che vivono e producono un meraviglioso effetto a catena, che mettono in circolo il giudizio critico, la passione, lo scambio artistico che trasmigra da chi lo produce a chi ne usufruisce. Il comparto cultura ha sempre stentato a navigare in una situazione di benessere. La cultura è stata minacciata più e più volte, è stata svilita, il valore dell’arte è sempre stato offeso, solo perché differentemente da un diamante non vi era una caratura visibile, ed invece tutto ciò che è arte possiede un valore intrinseco ed inestimabile, difficilmente classificabile, e che però quasi sempre si è dovuto adeguare, per non morire. Voci autorevoli ci giungono da tutt’Italia, dagli amici musicisti e performer e oggi ci facciamo supportare nella nostra battaglia dal cornista Vladimiro Cainero e dall’artista Marco Vecchio. “Durante la prima guerra mondiale – dichiara Valdimiro Cainero – gli uomini erano al fronte, rimanevano donne, bambini ed anziani… eppure la musica, l’opera, l’arte proseguivano al meglio. L’arte non si era fermata e non l’avrebbero mai fermata. Ora noi abbiamo il testimone da portare avanti, un’eredità storica culturale italiana che alcuni vorrebbero cassare o destinare a periferie dell’intelletto. Io non ci sto!”. “L’arte è il tesoro inestimabile – continua Marco Vecchio – della nostra storia! Gli artisti da sempre sono stati i pionieri di un’epoca, coloro che guardavano oltre il proprio tempo… Un paese senza teatri, senza cinema, è un paese morto! Vuol dire uccidere la propria identità, dimenticare ad esempio quanto Fellini sia riuscito a regalarci sogni che andassero oltre la triste soglia del reale! Così facendo moriremo tutti anche da vivi! L’arte è la verità che professava Rilke, forse l’unica possibile, e come tale è una minaccia contro il sistema!”.