di Alberto Cuomo
Nei giorni scorsi è stata ventilata la notizia della candidatura, quale capolista del Pd per il Sud alle elezioni europee, di Lucia Annunziata, cui ha fatto seguito la smentita dell’interessata del tutto decisa a non scendere in politica. Per fortuna! Dal momento la Annunziata, che è nata a Sarno ed ha vissuto a Salerno nell’adolescenza e nella prima giovinezza, non si è mai occupata del Mezzogiorno, preferendo ai temi di largo respiro quelli dell’attualità più propri a una giornalista. Sebbene funesta per il Sud la notizia aveva una certa attendibilità dal momento Lucia Annunziata e Elly Schlein hanno in comune l’essere postcomuniste e tuttavia, contemporaneamente, l’essere filoamericane di provata fede. In realtà, chi la ricorda ragazza, sa che dopo essere stata baciapile quasi bigotta, avvertendo la corrente della rivoluzione politica e sessuale del Sessantotto, si convertì con il fidanzato, oggi valente filologo classico, ad un estremismo antiamericano che la condusse al Manifesto, “quotidiano comunista” diretto da Luigi Pintor. Oltretutto, al di là delle analoghe opzioni politiche, le due sono molto differenti. Tetragona nelle proprie idee la Schlein, canna al vento del potere la Annunziata che, muovendosi nella sinistra, è andata sempre in soccorso dei vincitori, prima abbandonando il Manifesto morente in favore della Repubblica di Scalfari, quotidiano in concorso esterno, rispetto a L’Unità e Paese Sera, con il Pci e, dopo tangentopoli, nella continua adesione ai diversi segretari, pure di opposti fronti, interni nel neopartito sorto dalle ceneri del Pci, Prodi, D’Alema, Veltroni, Bersani, Letta, Renzi, ed ora Schlein. In ciò molto simile a De Luca e del tutto distante dal suo concittadino Santoro, il quale non ha mai evitato di contarle agli uomini forti della stessa sinistra. E non solo. Mentre Santoro, suo coetaneo, dopo il 68 ha avuto esperienze creative e teatrali, tali da alimentare il suo tratto spettacolare in tivu, la Annunziata ha sempre allestito trasmissioni grevi e tediose apprezzate solo dai suoi compagni che ne condividevano gli attacchi a testa bassa contro i comuni avversari. Tanto più che quelle volte che veniva nella nostra città insieme a Luciana Castellina, nel confronto con il giovane segretario del Pdup/manifesto, l’ebolitano Carmelo Di Napoli, aveva tutto da perdere sia nella capacità di analisi che nella vivacità intellettuale. Non che, adusa a collegarsi al potere, non si sia guardata intorno per coprirsi le spalle e, negli anni dell’antiberlusconismo viscerale, scelse di dialogare anche con la destra, con Fini, inteso avversario interno del cavaliere, tanto da organizzare, secondo alcuni suoi colleghi malevoli, nella propria casa al ghetto di Roma, mondani incontri bipartisan, utili anche a farle capire lo spirare dei venti della politica. Una relazione che si rivelò utile tanto che nel 1995, alla presidente della Rai Letizia Moratti, scelta in tale ruolo dalla coalizione di destra, non fece ombra affidarle un talk show politico, “Linea 3”, che la vide circondarsi di collaboratori non solo di sinistra, nell’invito in trasmissione, onde attenuare forse la sua piattezza, il suo essere cioè uniformemente sinistrorsa, di personaggi frizzanti come Adriano Celentano e Marco Pannella. E forse fu per la sua certa faziosità nascosta da una presunta equidistanza che, nel 1996, Prodi, vincitore delle elezioni, ne caldeggiò la nomina alla presidenza della Rai, da cui, appena due anni dopo, si dimise, pare, a causa delle ostilità della redazione. Quanto all’America, tra il Manifesto e la Repubblica, andò negli anni Settanta a fare la corrispondente da New York dove circolava Furio Colombo che le aprì le porte della grande mela e delle sue conoscenze culturali maturate con il “gruppo 63”, dove c’era tra gli altri Paolo Mieli, oltre che dell’ambiente-Fiat, i Monti, gli Amato etc. Per Repubblica si spostò in America Centrale dove conobbe Dan Williams, inviato del Washington Post, quando già era finito il suo matrimonio con Attilio Wanderling, un sessantottino napoletano oggi editore e filantropo dell’Africa. Sposò quindi Williams festeggiando il matrimonio in un esclusivo locale di NY dove furono invitate oltre 200 persone. E con lui si spostò prima in Medioriente e poi a Roma, avendo una figlia, Antonia, a sua volta oggi giornalista. In tali amicizie si comprende il suo approdo al “Corriere della Sera” e a “La Stampa” così come, per il suo essere tra Confindustria e sinistra, America e Europa, la sua possibile candidatura. Viene da chiedere pertanto chi abbia diffuso la falsa notizia. La stessa Annunziata, rivolta a rilanciare la propria immagine appannatasi dopo le dimissioni dalla Rai? O la Schlein, mossa da due scopi sebbene contrari? Se infatti da un lato una tale candidatura appare essere un invito per il plenipotenziario della nostra regione (ma anche per Emiliano) a rompere gli indugi optando, come sembra stia facendo Bonaccini, per la propria presentazione alle elezioni europee, dall’altro è anche una sfida ai governatori meridionali del Pd affinchè mostrino la loro forza elettorale puntando su un outsider della politica come la Annunziata, sì da provocare, qualora il risultato non sia del tutto soddisfacente, un loro deciso passo indietro nella pretesa di un terzo mandato. Considerando che a Napoli, nella manifestazione del Pd contro la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, Piero De Luca e Illy Schlein si promisero reciprocamente un confronto chiarificatore circa i loro rapporti, viene da pensare che, qualora Vincenzo De Luca non si accordi con la segretaria del suo partito, lo stesso Piero possa abbandonarlo al fine di tutelare la propria presenza in Parlamento. Tra padre e figlio, appare pertanto legittimo chiedere: chi tradirà per primo l’altro?