Lo strumento musicale della Passione: la raganella - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Lo strumento musicale della Passione: la raganella

Lo strumento musicale della Passione: la raganella

Di Olga Chieffi

L’ Ufficio delle tenebrae è, tra i molti riti della Chiesa cattolica, senza dubbio uno dei più suggestivi. Nei tre giorni in cui si celebrano la passione e la morte di Cristo (il sacrum triduum: giovedì, Feria V in Coena Domini, venerdì, Feria VI in Parasceve, e Sabbato Sancto antecedenti la Pasqua) canti e simbologie ataviche si intersecano in un continuum liturgico che investe oltre la sfera religiosa anche quella emotiva. I temi più profondi della natura umana – la cognizione del dolore, la spiegazione della morte – vengono elaborati e indagati in un percorso che centralizzando gli avvenimenti tramandati dai Vangeli, rilegge in chiave salvifica tutta la storia del popolo ebraico. La morte di Cristo come confine, come punto di non ritorno, come soglia, come passaggio da una condizione di schiavitù a una di liberazione, dal peccato alla vita. Simboli universali di questo movimento: le tenebre e la luce. E proprio il termine tenebrae definiva nella liturgia medievale l’Ufficio che si celebrava durante il sacro triduo, in cui gli altari venivano spogliati dalle suppellettili, le candele progressivamente spente, fino a sprofondare nelle tenebre appunto, le campane legate e il silenzio – lo stesso silenzio dell’uomo di fronte all’incomprensione della morte – si impossessava dei luoghi sacri. La cultura popolare è sempre foriera, anche nell’ambito musicale, di bizzarre invenzioni e curiosità. Il ricco territorio del Sud Italia conserva, tra le altre bellezze, un affascinante quanto inusuale utilizzo del tric trac, o come è conosciuto in questi luoghi, la raganella. Si tratta di uno strumento, talvolta utilizzato anche nelle orchestre, che produce un suono molto simile al gracidio delle rane. La presenza di raganelle e traccole, durante i riti della Settimana Santa, si collega allo spargimento di suoni, che appare simbolicamente connesso al rumore e allo strepito nelle società tradizionali. Il ricorso al rumore, prodotto dalla percussione di oggetti o tramite la raganella, agitati dai bambini, frequentemente durante i riti pasquali, può essere interpretato come esorcismo rituale contro la presenza minacciosa delle anime dei defunti. Questi strumenti rappresentano anche, il tempo del legno contro il tempo del metallo, con il Gloria del Giovedì Santo, le campane interrompono la loro presenza rassicurante e ordinatoria nella comunità, per poi rientrare in campo il giorno di Pasqua con il Gloria della Resurrezione. In questo breve lasso di tempo esse sono sostituite da strumenti di legno, rozzi, inquietanti, le cui secche sonorità risultano “sgradevoli” alle orecchie. La Raganella è un idiofono a suono indeterminato, diffuso in molti paesi europei sin dal MedioEvo. E’ composto da parti: una ruota dentata, un manico che funge da impugnatura e un corpo centrale, che ha la funzione di amplificare il suono. Agitando il manico la ruota dentata gira, strisciando contro la lamina: il suono che si ottiene è stridente, breve e secco, molto simile appunto al gracidio di una rana. E’ la grandezza dello strumento a definire la gravità del suono prodotto, quindi se una raganella di piccole dimensioni produrrà un suono più acuto al contrario uno strumento più grande potrà generare un suono grave. Potrete trovare la raganella nelle varianti con più lamine o doppie ruote dentate, ma se vi trovate nel marchigiano, la raganella sarà molto probabilmente realizzata con canne di fiume o di bambù. E se avete voglia di sentirla “gracidare”, durante questo periodo, si avere la fortuna di sentirla ancora esibirsi, mentre sostituisce le campane delle Chiese, che vengono legate per rispettare la morte di Gesù, per richiamare i fedeli alla messa. Questo strumento alquanto bizzarro ha riscontrato buona fortuna anche tra gli strumenti dell’orchestra in particolare in due opere note: Till Eulenspiegels lustige Streiche di Richard Strauss e ne’ “I pini di Roma” di Ottorino Respighi. A mezzanotte tra il Sabato santo che introduce la Domenica di Pasqua lo scampanio festoso delle campane, dopo tre giorni di silenzio, annuncerà la Risurrezione di Gesù e il ritorno alla Luce.