“Le misure di sicurezza per l’infermo di mente” - Le Cronache Ultimora
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“Le misure di sicurezza per l’infermo di mente”

“Le misure di sicurezza per l’infermo di mente”

Di Andrea Orza

Domani alle 15, presso l’Aula Magna della Corte d’Appello di Salerno si terrà il convegno “Le misure di sicurezza per l’infermo di mente: stato dell’arte e nuove prospettive tra diritto, scienza psichiatrica e prassi applicative”. L’incontro è stato organizzato dall’associazione Apertis Verbis, associazione di giovani giuristi e avvocati campani il cui presidente è l’Avv. Egidio Felice Egidio, dalla S.I.M.S.Pe. (Società Italiana di Medicina e Sanità penitenziaria), dall’Associazione G. Ambrosoli Salerno e dall’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Salerno, con il patrocinio degli Ordini degli Avvocati e delle Camere Penali di Salerno e Vallo della Lucania e dell’ASL Salerno. L’evento verrà moderato dall’Avv. Luca Di Giacomo, penalista del Foro di Salerno e coofondatore dell’associazione Apertis Verbis. Su quali temi verterà l’evento? “L’evento verterà su tematiche ormai all’attenzione nelle apposite sedi ministeriali. Come è noto, il nostro Codice penale, che risale al 1930, adotta un “doppio binario”: chi è imputabile e capace di intendere e volere è colpevole per la violazione delle norme penali e, dunque, può essere assoggettato alla pena; chi non è capace di intendere e di volere, chi non è imputabile, non è rimproverabile per la violazione delle norme; quindi, non è sanzionabile con la pena. Tuttavia, se viene ritenuto socialmente pericoloso, anche chi non è imputabile può essere assoggettato alle cosiddette misure di sicurezza. Qui c’è un primo punto critico. Questo doppio binario, a quasi un secolo di vigenza del Codice, si basa ormai su presupposti teorici, giuridici ed extragiuridici, in gran parte superati. A ciò si aggiunge la delicatezza delle situazioni riguardanti gli incapaci per infermità mentale. A costoro, in passato, si applicava la misura di sicurezza della permanenza negli ospedali psichiatrici giudiziari (o.p.g.), volgarmente detti “manicomi”. La presa di coscienza delle condizioni di degrado e di abbandono dei residenti in questi istituti e la necessità di adeguarsi alle normative di assistenza sanitaria hanno condotto, a partire dal decreto-legge 211 del 2011, alla loro chiusura definitiva nel 2015, cui si è fatto fronte solo con l’istituzione delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (r.e.m.s.), peraltro riservate ai destinatari di una misura di sicurezza definita.” Quali sono, a riguardo, gli aspetti più problematici per giuristi e psichiatri? “Volendo dare un’unica risposta, anche se non esaustiva, potremmo dire che oggi il generalizzato ricorso alla categoria dell’infermità mentale porta ad un proliferare delle misure di restrizione, soprattutto provvisorie, nelle r.e.m.s. Queste però, da un lato, non sono riuscite a superare completamente il modello degli o.p.g. e, dall’altro, si sono rivelate strutture inadatte a fronteggiare la pericolosità sociale degli infermi residenti, con conseguente esposizione al pericolo del personale sanitario, come dimostrato da recenti e tristi casi di cronaca. Non si può nemmeno dimenticare, poi, il fenomeno dei “criptoimputabili”, persone che, pur avendo un disagio mentale non integrante i criteri della incapacità, sono riconosciute però incapaci e pericolose a seguito di valutazioni poco accurate e fruiscono perciò impropriamente di misure di sicurezza. Questo è un cortocircuito del doppio binario, del quale sarebbe utile approfondire le cause.” Qual è il rapporto tra diritto e scienza nell’accertamento dell’infermità mentale? “Questo argomento – di assoluto rilievo – sarà appositamente trattato da uno dei relatori del convegno. Afferisce, però, al più ampio e complesso discorso sui rapporti tra diritto e scienze nell’accertamento giudiziario. Fino a un paio di decenni fa si diceva che il giudice fosse “peritus peritorum”, “il perito dei periti”. In questo modo si voleva rappresentare una sorta di libertà del giudice e delle sue decisioni rispetto alle prospettazioni scientifiche. Questa idea arcaica è stata per fortuna superata. Non c’è dubbio, oggi, che il giudice è piuttosto colui che, logicamente e metodicamente, deve selezionare ed applicare ai dettati giuridici le leggi scientifiche, che rimangono appannaggio della scienza di riferimento. Quello dell’infermità mentale è sicuramente un campo d’elezione per lo svolgersi di questa dialettica tra il diritto e le scienze.” Sul piano pratico quale può essere una soluzione alle problematiche del sistema vigente? “Forse è presto per dare questa risposta, che sarà necessariamente articolata e potrà sorgere solo dal proficuo confronto tra le diverse categorie coinvolte (professionisti forensi, personale sanitario, magistrati ecc.). Questo evento viene organizzato proprio per rappresentare la problematica alla classe politica e alla società civile. Tuttavia, appare chiaro a molti addetti ai lavori che il cosiddetto doppio binario vada superato e sostituito da trattamenti sanzionatori realmente calibrati alle esigenze mediche, sociali e rieducative di ogni persona che sia incorsa nel reato. Bisogna, inoltre, ripensare il rapporto tra i malati di mente e la società, la organizzazione dell’assistenza sociale e non solo sanitaria nei loro confronti. Penso che il convegno del dieci maggio potrà essere un valido punto di partenza per queste ed altre riflessioni, ormai fondamentali.”

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