La grinta di Ardemagni ad incitare i tifosi irpini, alla vigilia, la risposta di capitan Breda, e l’apoteosi con il dito di Minala che zittiva lo stordito pubblico avellinese, dopo aver firmato il sorpasso. Tre momenti di puro sapore di un derby, l’essenza di una partita così sentita e così ravvicinata. Ci sta. Ignobile, invece, è stato il comportamento alla fine della partita di un calciatore di nome Biancolino e di fatto Biancoconiglio che per fortuna non ha vestito la maglia granata ma quella del Salerno calcio,pur avendo calcato il prato dell’Arechi che non è ancora glorioso come quello del Vestuti. Vederlo con quella pancia alla Iannicelli tentare di farsi giustizia da solo contro Minala, con il solito scatto al rallentatore e appesantito dall’età, è una fotografia che va regalata a tutti quei tifosi che all’epoca osannarono l’attaccante. Perché la storia insegna che ci sono dei calciatori che hanno nel Dna un’avversione per la Salernitana. E al di là del loro valore tecnico –Biancolino per la verità era agli sgoccioli della carriera – i veri tifosi devono sapere che il calcio è sì uno sport ma è anche passione e devozione. E’ il calcio bandiera che va scomparendo, è vero: quello romantico, amorevole, stravolgente che resiste solo in una piccola parte. Ma esiste. Per il resto tenetevi Biancolino, anzi Biancoconiglio.