L'amore di Salerno per San Matteo - Le Cronache Salerno
Salerno

L’amore di Salerno per San Matteo

L’amore di Salerno per San Matteo

di Giovanni Terranova

Il 21 settembre, mentre il sole cede all’invito dei monti Lattari, accendendo il cielo di sfumature calde, un’antica storia di fede e devozione si rinnova nel cuore di Salerno. Le porte del Duomo si spalancano, e la città trattiene il fiato: esce il simulacro d’argento di San Matteo, scortato dalle statue di San Giuseppe e dai simulacri argentei dei Santi Martiri Salernitani e di San Gregorio VII. È un legame che trascende il tempo, una storia di profondo amore e rispetto che unisce il Santo alla sua città in un abbraccio indissolubile. Un’identità tessuta nella storia Questa devozione non è nata per caso, ma è stata pazientemente costruita, secolo dopo secolo. Tutto ebbe inizio nel 954, quando il principe Gisulfo I portò le reliquie del Santo a Salerno, dando il via a una venerazione mai interrotta. La tradizione narra che, durante la traslazione del corpo da Capaccio, dal sepolcro di San Matteo sgorgò un liquido miracoloso e limpido, noto come la “Manna di San Matteo”. Questo fenomeno, considerato un segno della grazia divina, continuò per secoli, arricchendo la storia del culto. Oggi non è più visibile, ma il ricordo di questo evento alimenta ancora la fede popolare, legando la devozione a un evento quasi mistico. La costruzione della Cattedrale, voluta da Roberto il Guiscardo, non fu solo un atto di fede, ma la creazione di un vero e proprio scrigno per il culto del patrono, un simbolo della potenza e dell’identità della città. Il rapporto tra il Santo e i suoi fedeli si è rafforzato con gesti concreti, come il dono della campana mezzana nel 1535. Come riportato da Ugo Pecoraro in un suo scritto del 2007, su quella campana fu inciso per la prima volta lo stemma cittadino con l’effigie di San Matteo, sancendo in modo ufficiale il legame tra la città e il suo protettore. “Salerno è mia e la difendo io”: la leggenda del 1544 Ma la prova più grande dell’amore e della protezione di San Matteo si manifestò nel 1544. Mentre la flotta del corsaro ottomano Ariandeno Barbarossa assediava la città, una tempesta improvvisa e violenta si scatenò, danneggiando le navi nemiche e costringendole a una precipitosa ritirata. I salernitani, convinti dell’intervento divino, forgiarono un patto eterno con il loro patrono, e da quell’evento scaturì la celebre frase: “Salerno è mia e la difendo io”. Questo momento storico è scolpito nella memoria collettiva ed è immortalato in due affreschi all’interno della cripta del Duomo, a testimoniare che la protezione del Santo non è una semplice leggenda, ma una verità che ha inciso profondamente nel cuore e nell’anima di ogni salernitano. Il legame tra San Matteo e la città non è una mera venerazione, ma un’identità condivisa che pulsa in ogni vicolo, in ogni volto, e che si manifesta ogni anno in modo commovente durante la processione, un rito che unisce il passato e il presente in un unico, grande atto di fede e gratitudine.