Alberto Cuomo
De Luca appare politicamente è finito! E finalmente saranno probabilmente finiti anche i suoi pistolotti che si imponevano all’ascolto con tutte le balle sostenute, sì che ormai assuefatti ai danni che la sua politica ha determinato per noi, per la città di Salerno e per l’intera regione, almeno ci saranno forse risparmiate le sue filippiche che, se mai insistesse a pronunciarle, si scontreranno con il diminuito ruolo che possiede e che possiederà. A ciò si aggiunge la speranza di non ritrovarcelo sindaco di Salerno con le sceriffate ridicole dalla promessa di presunti lanciafiamme, circonfuso della luce delle false lampadine d’artista. Una speranza che i partiti della destra dovrebbero alimentare, dal momento, malgrado i consensi al suo “sistema”, una gran parte di elettori antideluca si è sinora astenuta dal voto per l’inconsistenza, vuoi dovuta all’inesperienza politica, o alle carenze di immagine, o anche alla corrività, dei candidati che sono stati opposti al deluchismo. Del resto è accaduto che alcuni avversari proposti nelle liste antagoniste a De Luca, dopo il voto si siano legati a lui, come è stato in un recente passato, ad esempio, per il consigliere Zitarosa di Forza Italia, sodale del sistema con il consenso di Mara Carfagna, una miracolata delle quote rosa che fa il bello e il cattivo tempo, o per gli avvocati Anna Ferrazzano (2011) e Antonio Marotta (2006), suoi diretti avversari e però proni a lui già nel giorno successivo alle elezioni. Da diversi episodi sembrerebbe quasi che la destra non abbia voluto sin qui dare fastidio al manovratore in una sorta di patto segreto secondo cui si dava all’uno il potere amministrativo e all’altro quello politico. Né questo meravigli nel considerare che nei paesi con un bipolarismo consolidato gli accordi tra maggioranze e opposizioni sono consueti, sia per ragioni di stato sia per ragioni di partito. Naturalmente, sebbene non più in campagna elettorale per sé stesso, De Luca continuerà per induzione o, meglio, per coazione a ripetere, a mostrare un impegno e a fare promesse, cui ormai non credono neppure i suoi fedelissimi. Abbandonato dai suoi maggiori elettori napoletani, Lello Topo, Tommaso e Mario Casillo, i quali hanno ribadito la fedeltà alle scelte di Elly Schlein, sospeso dal partito il fedele Andrea Cozzolino, sciolti per associazione di stampo mafioso i consigli comunali di Caserta e di alcune cittadine del casertano, là dove il figlio Piero è stato eletto alla Camera la prima volta e dove egli stesso alle regionali ha fruito di un buon consenso con il 65,53 su base provinciale ed un picco del 67.07 a Casal di Principe, è venuto il tempo della diaspora e della necessità di offrire quadri politici nuovi all’amministrazione della Regione e delle sue città. Il dopo De Luca è nelle mani della destra: vorrà la destra fare punto e a capo, imprimere una svolta in Campania, a Salerno, o preferirà le più tranquille acque del “volemose bene”? Il Pd è al lavoro per cambiare strada e rinnovarsi: l’ostracismo a De Luca, prescindendo dalla sentenza costituzionale, lo dimostra. In fondo De Luca è della stessa generazione dei D’Alema, Veltroni, già rottamati da Renzi, un rilancio dei Dem non può non partire dall’abbandono dei “cacicchi” e, in questo e per questo, il Movimento 5Stelle è il migliore necessario alleato. Oltretutto oltre il flop di Di Maio alle scorse elezioni politiche è indubbio che in Campania il Movimento, non solo ha tenuto, ma è stata la formazione più votata. Nel considerare che in Campania il “campo largo” è utile ai suoi vari componenti, De Luca, con il suo tentativo di tenere due piedi in una scarpa, mantenere cioè in vita il progetto per un terzo mandato alla Regione e, contemporaneamente, tenere il posto occupato per la poltrona di sindaco di Salerno, ha mostrato alla coalizione opposta la possibilità di seguire il proprio modello, “volere tutto”, dal momento è l’intera regione alla svolta. In tal senso, se la coalizione di sinistra ha il problema di proporre nuovi quadri, in presenza di una astensione giovanile dal voto, tentando di rinnovare senza abbandonare il patrimonio di consensi messo in piedi dal presidente uscente, l’aggregazione dei partiti di destra deve ancor più mettere in luce l’intenzione di cambiare notevolmente il clima politico in Regione e nella stessa città di De Luca ponendo in primo piano candidati credibili nell’opposizione a ciò che è stato. Se per la Regione Cirielli quindi è un candidato credibile della coalizione di destra, in quanto emergente dallo stesso governo in cui è viceministro degli esteri, a Salerno si pone la necessità di candidare qualcuno che sia stato e sia visto del tutto alieno ai balletti che nei partiti di opposizione pure ci sono stati intorno all’ex sindaco di Salerno. Qualcuno cioè che raccolga anche il voto dei più giovani, molto critici nei confronti dell’attuale presidente regionale, non solo per i danni compiuti alla sanità, all’ambiente, al loro avvenire, negato in favore dei pargoli dei gerarchi deluchiani, quanto anche per il suo ruvido e arrogante modo di presentarsi e di agire che non si fa perdonare pure nell’uso dell’ironia, rivolta a far sorridere e invece modo di un cinico scherno. Se cioè la sinistra, nell’alleanza con il M5S cui non può non offrire il candidato, come ha compreso De Luca ma non i suoi stupidi fans, per tentare di colmare l’astensionismo giovanile, analogamente la destra dovrà tentare di catturare tale astensionismo con candidati, ovvero con un candidato sindaco che sia esplicitamente altro rispetto ai partiti che la compongono, tanto più che il voto salernitano, se pure non sarà decisivo, concorrerà fortemente al rinnovamento regionale.





