La rivoluzione della Zampogna - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

La rivoluzione della Zampogna

La rivoluzione della Zampogna

Presentazione e concerto martedì sera nella chiesa della Santissima Annunziata  del volume di Antonio Giordano, con la partecipazione di diversi rappresentanti della tradizione di questo strumento.

 

di Olga Chieffi

“Udii tra il sonno le ciaramelle, ho udito un suono di ninne nanne. Ci sono in cielo tutte le stelle, ci sono i lumi nelle capanne. Sono venute dai monti oscuri le ciaramelle senza dir niente;…..” Sono i versi di Giovanni Pascoli che vengono in mente un po’ a tutti, quando si parla di zampogne e ciaramelle. Martedì sera, infatti, nella chiesa della Santissima Annunziata, in cui Don Claudio Raimondo ha aperto le porte ad un alto consesso di strumentisti, per far festa all’elegante volumetto “La zampogna oltre la tradizione” realizzato per Gutenberg edizioni da Antonio Giordano, musicista e anima della compagnia Daltrocanto, con le immagini della splendida collezione di Zampogne dell’autore, di Jacopo Naddeo e Antonio Caporaso , che si alternano ai testi Antonia Autuori, presidente della Fondazione della comunità salernitna che ha fortemente sostenuto il progetto; dell’antropologo Paolo Apolito, del curatore Massimo Bignardi e di Antonietta Caccia, presidente del Circolo della zampogna di Scapoli, unitamente agli approfondimenti di Paolo Simonazzi, Giovanni Floreani e dello stesso Giordano, ideatore di questa “strenna” natalizia, Erminia Pellecchia ha aperto ricordando la solenne processione che si svolgeva nelle case salernitane, a lume di candele, canti, litanie, accogliendo in casa, la vigilia di Natale, gli zampognari, portando l’armonia del dono e un immaginario di pace, ha continuato Porfidio Monda, in rappresentanza della Fondazione. Ma le ance doppie vengono da lontano, hanno avuto il potere di spaccare in due la storia della musica tra fiati e corde e la società, fino a qualche decennio fa, infatti, e ancora oggi, vedere una donna con un sassofono tra le mani o un trombone crea ancora stupore, poiché a loro si addicono gli strumenti “nobili”, il pianoforte, sempre in bellavista nei salotti borghesi, con qualche centrino sopra, il violino, le corde in genere. E’ attribuita a Pallade Atena l’invenzione dell’aulos e della piva, che suonò durante un banchetto nell’Olimpo e, mentre quasi tutti gli dei ne furono deliziati, Hera e Afrodite sorrisero alla vista del suo volto deformato e delle guance gonfiate e paonazze. Atena presa dall’imbarazzo corse per vedere la sua immagine riflessa in uno stagno e trovando che il suo aspetto non veniva affatto migliorato dal suonare ogni genere di canna, quindi di strumento a fiato, le gettò via maledicendole. Marsia le afferrò e cadde vittima della maledizione, che lo portò ad essere scuoiato nella gara con la lira di Apollo. Di qua la famosa dicotomia tra fiati e corde, che ha ispirato il bell’intervento di Paolo Apolito dedicato a questo strumento antichissimo, dal suono rozzo e forte, incantatorio quanto quello penetrante della ciaramella, che ha sempre ispirato in differenti modi la letteratura, la poesia, la musica, la pittura, l’iconografia, attraverso nomi quali Stendhal e Berlioz, in grand tour in Italia, Lear o Gregorovius. La serata è naturalmente iniziata con le zampognate tradizionali, evocate dal collianese Carmine Di Lione, dai due giovanissimi fratelli di San Gregorio Magno, Marcantonio e Pietro Del Grippo, rispettivamente alla zampogna e alla ciaramella, Carmine Falanga e Vincenzo Ferraioli alle tammorre e voce per un omaggio ai Re Magi e, ancora Gennaro Coppola alla ciaramella, i quali hanno dato il via ad un viaggio musicale per l’intero Centro Sud, con le sue cadenze, le sue credenze, il sacro e profano e i ritmi allegri ad accompagnare le leggende. E si, perché la pastorale di Alfonso ha un’anima di danza popolare, come del resto un po’ tutte. E’ noto che il diretto contatto col dio, nella tarantella, in epoca contro-riformista, come scrive Roberto De Simone, fece abolire dalla Chiesa, quella particolare tradizione, una mescolanza di pagano e cristiano, di banchettare e danzare in chiesa dallo scoccare della Mezzanotte della notte di Natale, fino all’alba del giorno successivo, per celebrare il ritorno alla luce. Non è certamente un caso che le pastorali natalizie, quale è “Tu scendi dalle stelle”, presentino cadenze ritmiche più prossime alla danza che al canto liturgico. Nell’abituale eclettismo della Chiesa, rientrano anche le pastorali, che per continuare ad attirare i fedeli alle funzioni, vennero trasformate nelle cantate barocche, che conservano lo stesso impianto ritmico della pastorale e, quindi, della tarantella e qui il cerchio si chiude. La zampogna e la ciaramella restano strumenti legati ai riti della terra, alla mietitura, alla fine dell’anno agrario, in quei giorni tra fine ottobre e novembre, quando s’inizia a costruire il presepio, e così, Francesco Tortoriello e Massimo Bignardi hanno ricordato ed evocato la festa in onore di San Vito, protettore degli animali con la “turniata”, che consiste nel far girare mandrie e greggi per tre volte intorno alla Cappella del Santo, in San Gregorio, in segno di abbondanza e prosperità, al suono delle zampogne. Poi, sono saliti in cattedra due eccezionali strumentisti Paolo Simonazzi con una zampogna sei palmi firmata dal novantunenne Antonio Forastiero di Lauria, allievo di Trimarco di Polla dal quale ha imparato la tecnica usata nel Settecento, e tra un accenno di organologia e l’esecuzione di un passo di strada cilentano, una mazurka e una splendida giga piacentina ha stregato il pubblico, eseguendo poi, delle danze francesi medievali, con la sua meravigliosa ghironda, il quale ha passato il testimone a Nico Berardi, già docente al Conservatorio Tito Schipa di Lecce della Cattedra di Fiati popolari, indiscusso maestro e profondo innovatore della zampogna, che è andato oltre la tradizione affiancando alla zampogna tradizionale un modello “modificato” da Piero Ricci che presenta fori sul bordone per ampliare notevolmente le possibilità armoniche dello strumento e permettere così l’esplorazione di nuove melodie. Finale con la voce di Imma Barbarulo, la chitarra di Bruno Mauro e ancora la ghironda, di Paolo Simonazzi, ai quali si è aggiunta la zampogna di Antonio Giordano, per un canto natalizio sardo, rigenerando quella symphonia che è alla base di tutte le convergenze e le divergenze della musica, la cui essenza è in quel continuo divenire del “ludus harmonicus”, il gioco dell’invenzione e della mutazione, quale indescrittibile ed immanente intuizione del noumeno.