di Michelangelo Russo
Da diverse settimane un giornalista di consumata esperienza come Peppe Rinaldi (che è firma nota di questa testata) scrive articoli garbati nella forma, ma terribili nella sostanza, su una grossa vicenda processuale riguardante un presunto “sistema Eboli” di natura criminosa, oggetto di una corposa informativa di circa 500 pagine dei Carabinieri, consegnata in Procura nel giungo di due anni fa. Purtroppo, a dire del giornalista, senza alcun apparente esito, al momento, nonostante la gravità e l’entità degli spunti investigativi forniti da una informativa nata da due anni di investigazioni. Proprio così: Rinaldi esprime la sua sorpresa per quella che sembra una inspiegabile inerzia degli Uffici Inquirenti nel procedere a contestazioni di fatti di apparente valenza criminale. Rinaldi, che ha già illustrato nei primi articoli un magmatico parterre di piccole attenzioni a pioggia pervenute dal Palazzo Comunale ad autorità varie (senza alcuna valenza penale, sia chiaro!), nell’ultimo articolo ci va più pesante. Invita, tanto per far capire la gravità di ciò che dice, gli sperabili inquirenti che vogliano finalmente portare a termine un lavoro grosso, ma indilazionabile, a saltare (per così dire) “tutta la parte degli appalti pilotati, dei soldi pubblici sparpagliati tra parenti, amici e compagni di merende”, e a saltare pure “quella gigantesca proroga di un servizio pubblico fondamentale alla stessa società per diversi anni”, nonché a “saltare il meccanismo degli sponsor privati i cui soldi finivano solo in parte alle associazioni destinatarie. E ancora, Rinaldi invita gli sperabili inquirenti (chiaramente per non perdere troppo tempo con la valanga dei favoritismi che emergono) a saltare pure i concorsi truccati e le commissioni esaminatrici pezzottate per favorire qualcuno. Saltate tutto, vi sia concesso, o tutori della Giustizia, anche se fino le ipotesi ventilate di fatti illeciti sembrano già contemplate in parecchi articoli del codice penale. Ma non vi è concesso, signori Tutori, ritardo ulteriore nel lumeggiare la consistente figura imprenditoriale, vicina agli ex vertici Comunali, indicata nell’informativa come beneficiaria di un incremento esponenziale dei suoi affari con l’avvento della vecchia amministrazione. Il tutto sotto l’inquietante etichetta, stilata dai carabinieri, di essere figura “molto vicina agli elementi della criminalità organizzata locale”. Tra l’altro, l’informativa di P.G. è corredata dal riscontro di avvenuti incontri di questa persona con un boss locale, e di contatti con appartenenti a un corpo militare, nonché di avvenuti lavori presso una caserma. Ma c’è di più: Rinaldi dice che nell’informativa c’è pure il resoconto di una spartizione di denaro tra questo imprenditore e un ex assessore. Quest’ultimo, ci racconta Rinaldi, in una inchiesta coeva appariva come autore di indebite richieste di soldi a fornitori dell’Ente. Ma (e qui il giornalista si fa più pressante in quella che appare ormai una critica legittima, ma severa) per un fatto così grave non ci furono, sino ad ora, sviluppi commisurati alla gravità della presunta condotta. Nota critica di Rinaldi contenuta in una stilettata: il P.M. di quell’inchiesta era lo stesso di questo maxiprocesso che è sospeso nell’aria!
Ma non è finita: se Eboli, ci dice Rinaldi, si è aperto un nuovo filone di inchiesta che per fortuna, dice lui, non si è impaludato nel maxiprocesso dormiente. Si tratta di un sospetto flusso finanziario di ingente consistenza che ha permesso, sempre allo stesso imprenditore, l’acquisto di venti immobili, in breve tempo, nella città di Eboli. Insomma, a dire di Rinaldi, un’inchiesta esplosiva giace da più di due anni nei cassetti della Procura senza che, almeno da fuori, appaiano segni di sviluppo. Sono parole pesantissime quelle degli articoli di questo noto giornalista. Che è un coraggioso, si capisce, no? Coraggioso due volte. Perché non ha parole tenere per un potere assoluto, quale è quello dei Pubblici Ministeri. E poi, coraggioso per la seconda volta, perché si capisce che ha in mano un dossier sulla città di Eboli. Un dossier come quello, forse, che aveva raccolto, nel settembre del 1985, l’eroico giornalista (lui giovanissimo, però) Giancarlo Siani sulle infiltrazioni della camorra in tutto l’apparato pubblico di Torre Annunziata. L’errore della Giustizia fu di non sentire subito il giovane cronista, nonostante parecchi articoli suoi avessero dato già l’allarme. Il 23 settembre del 1985 Giancarlo Siani fu ucciso sotto casa sua da un commando di farabutti. l dossier, già mandato in tipografia, scomparve nel nulla. E la camorra si salvò.
A presto.
Michelangelo Russo