“Senza confini” è il tema della quarta edizione di “Grande Musica a San Giorgio” che propone, tra stasera ed il 22 giugno a Salerno, un nuovo ciclo di sette concerti. Le sorprendenti architetture barocche dell’antica Chiesa di San Giorgio, nella centralissima via Duomo, accoglieranno la programmazione musicale ideata e promossa dall’Associazione Alessandro Scarlatti presieduta da Oreste de Divitiis, e realizzata con il sostegno del MIC e della Regione Campania, in collaborazione con la Fondazione Alfano I e Salerno Sacra e con il patrocinio del Comune di Salerno. “Senza Confini – sottolinea Tommaso Rossi, direttore artistico della Scarlatti – è il titolo che sintetizza le linee guida del nuovo progetto musicale ideato per questo straordinario luogo. Una traccia che invita ad aprire cuore e mente alla musica, nella multiforme ricchezza di segni che ritroviamo nei diversi repertori proposti, spaziando tra musica antica, popolare e classico-romantica”. Il programma stasera alle ore 19,30 con il concerto intitolato “Il popolano ostinato”, curato dal flautista Alessandro de Carolis, esecutore insieme a Lorenza Maio al flauto, Giuseppe Copia alla tiorba e chitarra, Antonino Anastasia alle percussioni di questo originale percorso nelle musiche del ‘600 italiano, con un particolare riferimento alla musica della Napoli del periodo vicereale. Il rapporto tra musiche popolari e musiche colte è sempre presente nella storia della musica occidentale; lo dimostra l’interesse di Athanasius Kircher, gesuita tedesco del XVIII secolo, per le melodie curative adottate in Puglia come antidoto al tarantismo. Il tema della tarantella, trattato dallo stesso Kircher e, più tardi, da Don Francisco Xavier Cid (Tarantismo observado en España, 1787) è amato ed elaborato dai compositori nel corso dei secoli (da Santiago de Murcia a Rossini a Stravinskij) e si sviluppa fino ai nostri giorni in ambito colto e popolare, in un continuo scambio del materiale melodico. La Follia di Spagna e il Canario, due forme di danza in voga nelle corti europee tra il XVI e XVII secolo, sembrerebbero avere anch’esse una remota matrice popolare nella penisola iberica, codificandosi successivamente in ambito colto con precise formule melodiche e coreografiche conosciute attraverso le opere dei maggiori maestri di ballo e nelle raccolte di danze del Rinascimento e del Barocco (come le pubblicazioni di Cesare Negri e Michael Praetorius) Numerosi temi e danze di origine popolare, dunque, incontrano il gusto e l’interesse dei musicisti, divenendo il canovaccio per composizioni e virtuosistiche improvvisazioni: è il caso dei temi di Bergamasca, Ciaccona e della già citata Follia, elaborati da Tarquinio Merula, Marco Uccellini, Andrea Falconeiri e tanti altri compositori del primo Seicento, ma anche di numerose altre melodie amate dal pubblico come i moderni standards e suonate da virtuosi e dilettanti, come nel casi di Paul’s Steeple, un tipico ground inglese trascritto nel Division Flute, antologia di musiche per flauto del primo Settecento. Nella Francia di Luigi XIV era di moda, a corte, la musette de cour, cornamusa dal suono dolce e dotata di un mantice, che ben si prestava ad incarnare i topi di un immaginario bucolico e pastorale tanto amato dai gentiluomini dell’epoca. D’altro canto, anche le classi subalterne entrano in contatto con gli elementi tipici della classe dominante: il materiale musicale di una cultura egemonica viene ricevuto dai diversi ceti sociali che, se da un lato ne subiscono passivamente alcuni aspetti, dall’altro ne reinventano il carattere, la forma e i contenuti. Occorre in questo caso citare Charles Burney, che nel suo Viaggio musicale in Italia così scrive durante il suo soggiorno a Napoli: “Questa sera nelle strade due uomini cantavano alternandosi; una di queste ‘Canzoni’ napoletane era accompagnata da un violino e da un ‘colascione’. Il canto era rumoroso e volgare ma gli accompagnamenti erano ammirevoli e ben eseguiti. Le parti affidate al violino ed al ‘colascione’ accompagnavano senza sosta il canto con i suoi ritornelli”. Il tema del concerto ruota attorno ai rapporti osmotici tra gli ambienti musicali colti e popolari, nella consapevolezza che non ci fosse una rigida separazione tra i due mondi, ma un rapporto di reciproca influenza. In questo senso testimonianza importante è proprio l’opera di Andrea Falconieri, forse il più grande compositore napoletano del XVII secolo, prima dell’arrivo di Alessandro Scarlatti, il quale nella sua opera strumentale è specchio proprio della convergenza di culture e atteggiamenti di diversa provenienza. Il progetto “Il popolano ostinato”, ruotando attorno alla figura di Falconieri, attivo nella Napoli capitale del Viceregno spagnolo, esplora, in Italia e in Europa, la selva rigogliosa delle musiche al confine tra colto e popolare, tra scrittura e improvvisazione. La rassegna continuerà Sabato 17 maggio, in programma “Bracciali d’oro”, un concerto che realizza, attraverso gli interventi della musicologa Anita Pesce e le esecuzioni di Eduarda Iscaro (voce e fisarmonica) e Cristina Ventrone (voce ed organetto), un percorso nella musica e nella cultura popolare proponendo una selezione di brani del secolo passato che fanno riferimento alla produzione di interpreti straordinarie quali Rosa Balistreri, Maria Carta, Giovanna Daffini, Concetta Barra. La rassegna affronta, nei successivi appuntamenti, il grande repertorio romantico con la musica di Gustav Mahler e Johannes Brahms nel concerto (il 24 maggio) del quartetto formato da Costantino Catena (pianoforte), Gabriele Pieranunzi (violino), Francesco Solombrino (viola), Danilo Squitieri (violoncello), e con un percorso musicale sul repertorio schubertiano per pianoforte a quattro mani (31 maggio) con il duo pianistico costituito da Antonello Cannavale e Maria Libera Cerchia. Lo storico repertorio di canzoni di Luisella Viviani e Ria Rosa sono argomento di “Canto d’attrice” (il 7 giugno), a cura dell’etnomusicologa Simona Frasca, con Antonella Monetti (voce e fisarmonica) e Michele Signore (violino e plettri). Ultimi due appuntamenti in rassegna il 14 giugno con il chitarrista Andrea Curiale e il 22 giugno con il trio d’ance formato da Fabio D’Onofrio (oboe), Francesco Filisdeo (clarinetto) e Giacomo Lapegna (fagotto).





