La maledizione di Rigoletto - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

La maledizione di Rigoletto

La maledizione di Rigoletto

Olga Chieffi

Domani sera, alle ore 18,30 il sipario del Teatrze Wielkim di Łodzi, in Polonia, si leverà su di un titolo di grande richiamo, il Rigoletto di Giuseppe Verdi. Un cast prestigioso per un impianto tradizionale, carico di tutte le incrostazioni maturate in ben 174 anni di allestimenti, sia nella lettura della partitura che nella regia affidate rispettivamente al Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, che sarà alla testa dell’ Orchestra e del coro maschile, preparato da Maciej Salski e Rafał Wiecha, del Gran Teatro di Łódź e a Paolo Bosisio, con le scene di Domenico Franchi e i costumi di Zuzanna Markiewicz. “ Sono veramente felice – ha rivelato il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli – di essere qui in Polonia, tra strumentisti e cantanti di estrema professionalità. Rigoletto è una delle opere verdiane che più mi appassiona: l’espressione e lo scavo dei personaggi è chiaro ed indelebile, la musica forse mai fu così eloquente per delineare luoghi, situazioni, pensieri e disperazioni. Resto un direttore pucciniano, ma il taglio emozionale, in particolare nella casa di Rigoletto e nel finale, non è lontanissimo da ciò che poi saranno le gemme del genio toscano”. La trama è nota a tutti, caratteri e ambiente vengono in scena, con la forza di eventi naturali. Il duca di Mantova, interpretato dal tenore Sebastian Mach, è figura splendida, ammirevole, sana anche nell’antipatia che suscitano i suoi costumi. Bisogna giudicarlo in modo esatto nel mezzo della corte che Verdi approntò con rapidità, restringendo i confini della reggia di Francesco I di Francia, che la censura veneziana disapprovava, come parimenti la gobba di Rigoletto e il sacco in cui Gilda viene rinchiusa, ormai morente: particolari che rimasero, poi, al loro posto per la ferma decisione di Verdi. Comunque, l’abbandono e la riduzione della magnifica corte francese fanno gioco più che mai alla drammaturgia verdiana: una realtà in piccole dimensioni dove le figure sono calate, pigiate come a forza entro uno spazio sacrificato, quasi irreale giudicando la loro “statura”, e dove esse respirano quasi a contatto con la realtà umana di ogni spettatore. La corte di Mantova è assai ben descritta già nel primo atto, vero cantiere di progettazione di tutte le parti della vicenda, che poi avranno sviluppo reciproco contrasto. La vanità dei cortigiani risulta appesantita da un malgarbo contadino che, con tutta verosimiglianza, il dongiovannismo del duca cerca di compensare con una disponibilità all’amore tenero, un atteggiamento che il don Giovanni vero, quello di Mozart, certo non conosce. E’ questa specie d’amore che lo avvicina a Gilda, che avrà la voce del soprano Hanna Okońska, colombella garrula, e aggiunge ad ogni galanteria un vezzo di sensualità patetica o troppo appassionata. Gli altri cortigiani Verdi li ammucchia in una sorta di mentalità comune che essi derivano dall’opera comica, mozartiana e rossiniana. Su di essi piomba la maledizione di un vero aristocratico, Monterone (Robert Ulatowski): è un segnale che mette allo scoperto il destino di Rigoletto, un maledetto da sempre, un segnato da Dio, quasi consegnato fuori del tempo, affidato alla voce di Mateusz Michałowski . Sua figlia Gilda, come vittima di un reietto, dovrà ambire ad una gioia improvvisa e superiore, che la distacchi totalmente dal suo destino familiare, o dovrà seguire l’altra sua via, altrettanto predestinata e logica, quella di vittima sacrificale. Per un po’ il suo futuro oscilla sulla punta di una miracolosa incertezza, espressi dai vocalizzi e gli acuti limpidi e malleabili di “Caro nome”. Poi, tutto precipita. Gilda è troppo inconsistente per avere fortuna, appartiene alle ornamentazioni del primo romanticismo, di artigianato ancora settecentesco, e la follia degli uomini moderni, che ella non conosce, non può che far scempio di una purezza adolescenziale. Tutta la trama verrà saldamente riassunta nella forma classica del quartetto, che rispetta i canoni estetici del primo Romanticismo, ancora osservante delle forme classiche. Si snoda intorno alla melodia principale del tenore, che deve essere molto esposto, vero bersaglio delle mire di Rigoletto, che mormora nell’ombra. Le due donne restano invece soggiogate dal fascino del duca: Maddalena (Agnieszka Makówka) frascheggia, Gilda prende il motivo di lei (e lo paragona ai palpiti, ai trasporti del tenore), senza poterlo dominare perché frenata e interrotta dalla volontà del padre. Dall’incontro fra la situazione del libretto e la tecnica musicale adottata, quasi strumentale, nasce un fatto di teatro, un fatto scenico e visivo, raro nella sua evidenza, anche perché composto soltanto di suoni. La rigida classicità della costruzione, dove si compiono i confronti, verrà bruscamente scomposta dall’infuriare del temporale, una tregenda attraversata dai lamenti degli infelici, dove appare al galoppo il ghigno indifferente del killer, Sparafucile, al quale darà voce Rafał Pikała. L’incontro avviene nel fondo di un vicolo, la notte, in un buio di coscienza. Al risveglio il terrore, la cruda luce della delusione. La figlia è caduta sotto lo “strale” della “giusta vendetta” di Rigoletto, giusta secondo lui, che inutilmente si è ribellato ad una sorta ingiusta e, quindi, attira di nuovo la punizione del “Dio tremendo”. Ironia impietosa. Persino il duca si salva anche nella simpatia del pubblico, e sembra che soltanto agli occhi di Rigoletto appaia e si comporti da gaglioffo. La colpa rimane dei vecchi. A loro la consolazione di piangere come forse mai hanno pianto in un melodramma. A completare il cast ascolteremo la Giovanna di Olga Maroszek, il Marullo di Witold Tomczyk, il Matteo Borsa di Marcin Ciechowicz e, ancora, il Conte di Ceprano, Andrzej Staniewski, la Contessa di Ceprano, Joanna Śmiałkowska, il paggio, Agata Rawska e l’ Ufficiale giudiziario-Guardia, Romuald Kisielewski. Le danze dell’ opera il Minuetto e il Perigordino, saranno coreografate da Bogumiła Szaleńczyk. Si replica domenica 30 alle ore 17.