di Ernesto Pappalardo
Resta un solo dubbio nella mente di quanti, pur ristretti nella trappola agostana, hanno letto, come sempre, i giornali e non hanno nemmeno provato ad ascoltare il minimale respiro di quanti, invece, usano la strumentazione politica, se non altro per continuare ad assicurarsi la sopravvivenza. Sì, alla fine, al semplice cittadino osservante, di tutto quanto prosegue ad accadere nel pianeta imperante della politica, è rimasta una grave perplessità: ma siamo proprio sicuri che da questo periodo sconquassato e devastato da una duplice guerra mondiale, uscirà un percorso di governo in grado di fare vivere, o meglio sopravvivere, un Paese che, fino a questo momento, ha provato a credere che, nonostante la catasta di debito pubblico (in crescita, ovviamente), sarebbe riuscito ad agganciare un vero e proprio senso di normalità, e avrebbe ottenuto (anche) il riconoscimento di sviluppo auspicabile e sostenibile, ecologicamente compatibile? Che tutto questo sia pure un teorema – ben costruito e veicolato – sul quale la destra punta per rafforzare l’ideologia del consenso acquisito e, quindi, particolarmente pronto per essere propagato, è certamente un dato di cui tenere conto. Ma, va detto, non proprio e del tutto realistico. Sebbene non manchino scontate iniziative che non arrivano a temere di andarsi a posizionare nel mondo della sopravvivenza – che è portato a cogliere la novità della favola – e fino a trasformare ogni cosa e a rimanere in attesa che, prima o poi, accadranno. O non accadranno, bisogna dirlo. Ma il periodo estivo ha messo l’Europa di fronte alla ferma e piena consapevolezza che il tempo di scherzare, di provare semplicemente a fare politica (o meglio, non politica) – non a governare – è del tutto tramontato. Le due super-potenze sul suolo dell’Europa – Francia e Germania – ora vanno avanti con piena sicurezza e spiegano, con la forza del voto nel Parlamento europeo, che di spazio per la destra e per le destre, sebbene in crescita, ancora non c’è corrispondenza, né piena né più vaga. Eppure, gli Usa sono lì, con una linea politica che pare utilizzare l’Europa e, naturalmente, anche l’Italia. In questo contesto, con una guerra che vede Israele bellicamente protagonista in un contesto davvero molto difficile da affrontare, ci siamo noi. Che rimaniamo fermi su una considerazione che accomuna tutte le forze in campo: noi (italiani) siamo quelli che portiamo avanti la politica, che, o meglio, inventiamo la politica. Ma, possibile, che proprio nessuno mostra di avere compreso, al di là della strategia, che siamo diventati la cosiddetta ultima ruota del carro? E che gli stessi elettori, sono, a ben vedere, i veri protagonisti della fuga (conveniente) dalla politica? Quando ripartiremo proprio da questo aspetto, senza pensare a sistemare prioritariamente noi stessi?