Torna Leo Gullotta a Salerno al Teatro delle Arti il 18 e il 19 gennaio con “Pensaci, Giacomino!” per la regia di Fabio Grossi
Di OLGA CHIEFFI
Fu definito dallo stesso autore, Luigi Pirandello “Lavoro audacissimo”, “Pensaci, Giacomino!”, era il 1916, 104 anni fa. Ma la sua forza feroce, dirompente, la conserva intatta, ancora oggi, è l’universalità dell’arte, che non ha tempo. La storia “scandalosa” del vecchio professore Agostino Toti, che per far un dispetto, anzi per fottere il governo, sposa la giovanissima figlia del bidello del liceo dove insegna, se la prende e la porta a casa incinta del suo amato allievo Giacomino, facendo, poi, da padre-nonno al bambino e allo stesso tempo rintuzzando le ire ipocrite del paese benpensante, tra familiari inviperiti, baciapile untuosi, di fronte alla non famiglia e al rifiuto da parte del professore delle maschere sociali, con la loro violenza perbenista, è validissima. E’ questa la commedia che propone il cartellone del Teatro delle Arti, firmato da Claudio Tortora, sabato alle 21 e domenica alle ore 18,30, ospite di Leo Gullotta, protagonista di “Pensaci, Giacomino!”, di Luigi Pirandello, per la regia di Fabio Grossi, alla testa della Compagnia Enfi Teatro. Scenografia espressionista ideata da Angela Gallara Goracci, lo snodarsi di un comodo atto unico in cui si riassume e adattano i tre ponderosi atti del copione originale, spostano la vicenda negli anni ‘50, ovvero all’inizio di quella trasformazione sociale che riguardava soprattutto la donna e la famiglia. Dissidio interiore, senso di smarrimento del singolo in ambito sociale, paradossi esistenziali, che la mentalità dei personaggi, accolgono e descrivono attraverso deviazioni rispetto all’ordine lineare delle cose, che diventano emblematici della cosiddetta poetica dell’umorismo di Luigi Pirandello e di un ribaltamento generale di prospettive, gli ingredienti del capolavoro. La vicenda del professore, che non può comprendere il vociferare della “trista gente” del paese e rimane sconcertato dal comportamento del ragazzo, rappresenta lo scacco di un uomo non più in sintonia con la società: “Ridano, ridano pure di lui tutti i maligni! Che risate facili! Che risate sciocche! Perché non capiscono… Perché non si mettono al suo posto… Avvertono soltanto il comico, anzi il grottesco, della sua situazione, senza penetrare nel suo sentimento!… Ebbene, che glien’importa? Egli è felice”. Perciò il professor Toti è un personaggio chiaramente umoristico e veicola il fondamentale “sentimento del contrario” teorizzato da Pirandello. Dal punto di vista dei paesani e di Giacomino egli è solo comico e diverso; per il pubblico diventa invece umoristico perché scorge, dietro la maschera sociale, un sottofondo drammatico. Ma, oltre a questo, il professor Toti porta in sé – forse senza nemmeno rendersene conto – i segni di un mutamento. La sua generosità e il suo slancio per il prossimo hanno già una connotazione nevrotica, che lo rendono un personaggio preso in mezzo tra l’amore disinteressato (l’agapé o caritas), la volontà di controllo ossessivo e un insopprimibile egocentrismo. La sua personalità è perciò come frantumata, caratterizzata da valori opposti e complementari, pienamente novecentesca, e il trattamento che ne fa Pirandello è ironico, “egli è filosofo”, “filosoficamente aveva riconosciuto”, “uomo saggio e veramente dabbene”. Nel dialogo fra il professore e Giacomino emerge la sostanziale differenza di prospettiva nel comprendere l’oggettiva portata della vicenda, che viene perciò scomposta in tensioni e aspirazioni soggettive e inconciliabili. Il finale è problematico, perché da una parte il professore appare prodigo fino a invadere la libertà altrui e si rivela del tutto sordo alle conseguenze delle sue affermazioni, dall’altra Giacomino va contro il sentimento paterno e contro ogni logica dell’utile, ma deve affrontare un dilemma tragicomico, tanto che l’avvertimento datogli in chiusura non può che apparire, infine, sensato. Al fianco di Leo Gullotta il coro delle figure, tra grottesco e umorismo, comprende il direttore del Ginnasio (Liborio Natali), Lillina, la figlia del bidello, Federica Bern, il suo ragazzo Giacomino (Marco Guglielmi), Valerio Santi e Rita Abela che formano la scoppiettane coppia Cinquemani e consorte, la burbera sorella di Giacomino, Rosaria (Valentina Gristina), le serve Rosa e Filomena (Gaia Lo Vecchio), e ancora, Padre Landolina, il grande Sergio Mascherpa.