l credo chitarristico di Lorenzo Micheli - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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l credo chitarristico di Lorenzo Micheli

l credo chitarristico di Lorenzo Micheli
Di Olga Chieffi
La chitarra, con la sua lunga storia e la sua eccezionale versatilità, rappresenta uno degli strumenti più amati e riconoscibili nel panorama musicale mondiale. La sua evoluzione da antichi strumenti come il liuto e la cítola ha portato alla creazione di uno strumento moderno, polifonico, che combina una cassa armonica di legno, corde tese e una tecnica di esecuzione raffinata. Questa combinazione permette all’artista di esprimere un’ampia gamma di emozioni e stili, dal classico al flamenco, dal romantico al popolare e contemporaneo. Uno strumento, che è vera e propria estensione dell’artista, che deve conoscere e sfruttare ogni sua caratteristica per comunicare al meglio il proprio sentimento e la propria tecnica musicale. Il dipartimento archi e corde del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, ha ospite in questi giorni, il chitarrista Lorenzo Micheli, per una, da tanto tempo “inseguita”, masterclass, che si concluderà nella giornata di domani. Stasera, invece, nella Chiesa della SS.ma Annunziata, alle ore 20, Lorenzo Micheli, offrirà un concerto alla cittadinanza, con un programma diviso tra trascrizioni e brani originali dedicati al suo strumento. La serata principierà con una trascrizione de lied di Franz Schubert “Der Tod und das Mädchen”, nell’arrangiamento di Ferdinand Rebay, con l’elemento germinale del tema che ha un andamento grave e pensoso, che crea un senso di tensione e di respiro emotivo, resistenza e accettazione, da parte della fanciulla, che poi verrà accolta tra le braccia della morte. Ancora una pagina firmata da Ferdinand Rebay con le variazioni sulla celeberrima Ninna Nanna di Johannes Brahms, il “Wiegenlied” op.49 n°4, un’ampia pagina di cullante serenità. Si passerà quindi a Minstrels di Claude Debussy, nella versione per chitarra di Mario Castelnuovo-Tedesco, quella serenata interrotta, che conclude il primo volume dei Préludes, pagina che ha anche ispirato a Montale l’omonima poesia della raccolta Ossi di seppia. La caratteristica del brano è l’indecisione, nervosa e umoristica, con cui i guitti accennano la loro canzone, quasi prendendosi gioco del pubblico, è resa dalla frammentazione dei motivi e dalla “rapsodica” successione di situazioni: l’accordatura della chitarra, il banale motivetto pentatonico continuamente ripetuto, la sgargiante progressione da music-hall, i ritmi di rag-time e cake-walk, persino un rullo di tamburo che vuol preannunciare qualcosa di solenne, attesa poi disillusa da una smancerosa melodia cromatica su jazzistici accordi di nona. Fino alla sbrigativa conclusione, che è quasi una burla un cachinno diabolico di questi Puck della musica. Seguiranno due fughe op.46, in la minore e la maggiore di Anton Diabelli, didatta principalmente di pianoforte e chitarra ed editore. Diabelli compose una serie molto ampia di composizioni didattiche dalla tranquilla socievolezza Biedermeier, un termine che spendiamo non solo per il pianoforte, ma per tutti gli strumenti, che sta ad indicare, che si congiunge anche ad un’idea estetica e storica dell’arte tutta, vicina ad un pararomanticismo, di regolarissima quadratura armonica, e di faciltà espressiva. Omaggio a Mario Castelnuovo-Tedesco con sei dai 24 Caprichos de Goya op.195, divisi in due set: il ventiduesimo, Volaverunt, il quindicesimo, Porqué no fue sensible e il dodicesimo, No hubo remedio, prima di giungere all’intervallo e riprendere con il primo, Francisco Goya y Lucientes, Pintor, il secondo, Tal para cuál, il tredicesimo, Quién más rendido?, ispirati alle  80 acqueforti del pittore, intrise di inquietitudine e fremiti. La musica di Castelnuovo-Tedesco si esprime principalmente in forme di danza, anche per le incisioni di tono più cupo. Il compositore ha organizzato le sue scenografie in modo da iniziare e terminare con il pittore. Il capriccio iniziale, infatti, è basato sull’autoritratto di Goya, in cui si mostra come un dandy vanitoso, e utilizza un motivo musicale ispirato al suo nome. Si passerà, quindi, dopo questo florilegio di capricci, ad un’altra trascrizione stavolta di Francisco Tàrrega, del Preludio n°15 dell’op.28 di Fryderyk Chopin, un brano costruito sulla ripetizione ossessiva di una nota da parte della mano sinistra. Come un ritocco, come una domanda, un grido che, pur nel mutare delle situazioni, delle vicende – ora felici ora tristi – resta. Fino a quando, alla fine, quasi si ferma, sospeso. Finale ancora con Mario Castelnuovo-Tedesco e il suo Rondò op.129, una pagina di squisita fattura e di marcato stampo romantico con la quale Castelnuovo-Tedesco riprese a comporre per chitarra sola dopo il trauma dell’esilio; il tempo è di 6/8 e la struttura è quella classica del rondò alla quale l’autore aggiunge una coda riepilogativa che gli consente di riesporre brevemente gli episodi.