di Richelieu
Spesso mi ritrovo a pensare quanto siano divenuti futili ed inutili alcuni dibattiti o contrapposizioni, particolarmente, in politica, tra le diverse visioni di uno stesso argomento se non addirittura di uno stesso partito. A volte, addirittura, sembra che la “querelle” sia persino tanto inutile quanto ritenuta invece, dai contendenti, strategica ed esiziale, mentre, ai più, osservatori estranei alla vicenda, appare pretestuosa e strumentale, magari a cagione di altri fini più reconditi se non addirittura motivati dalla percepita lesione dell’amor proprio e della volontà di affermazione personale fine a se stessa, da coloro che si fronteggiano. Questo fenomeno si va allargando sempre di più sia a livello nazionale che regionale che comunale o locale. Il più classico degli esempi é sotto gli occhi di tutti e da lungo tempo, le due diverse opinioni sullo stop alle candidature post doppio mandato in cui i due contendenti sono la Segretaria Nazionale del PD ed il Governatore della Regione Campania. Quest’ultimo, ha fatto votare e passare nell’ultimo Consiglio regionale, un emendamento in cui riceveva il via libero al terzo mandato. Dall’altra parte, la Segretaria Nazionale si é affrettata a dichiarare che il PD confermava la volontà del rispetto del vincolo. Oltre agli sviluppi di tale “tenzone” tutta interna al PD che certamente non aiuta l’elettore o potenziale simpatizzante ad immedesimarsi in quel movimento politico, vedremo nei prossimi tempi se tale via d’uscita dall’impasse messa in campo dal Presidente verrà confermata oppure impugnata dagli attuali antagonisti attualmente al governo o dallo stesso “fuoco amico”. Ci sarebbe da fare, comunque, una qualche riflessione sul fatto che ci siano persone a questo mondo capaci di attrarre sostegno e simpatia, portati fortemente ai rapporti umani e che, a prescindere dalle persone in campo in questo particolare passaggio, se non hanno commesso alcun atto improprio oppure siano destinatari di restrizioni di legge di qualsiasi foggia o natura, non si capisce perché, in regime di democrazia e libertà debbano rinunciare alle proprie caratteristiche e prerogative di destinatari di un consenso che debba essere, ovviamente, spontaneo, disinteressato e mosso da stima, fiducia e rispetto verso il di lui o lei operato e capacità del fare. Sempre scevro da condizionamenti fraudolenti, interessati in termini di “do ut des” o altre forme di forzature, speculazioni o concussioni. D’altra parte, la Costituzione del nostro paese cita chiaramente: “Articolo 1: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Mentre, ancora più chiaramente il successivo: “ Articolo 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Da tutto ciò se ne deduce che, mi scuserete per la semplificazione, ciascun cittadino abbia il diritto di candidarsi e se eletto, abbia la possibilità di mantenersi con i proventi previsti per l’eventuale carica che avrà guadagnato attraverso il responso positivo delle urne. Il tutto con buona pace dei complottisti che vedono, ad ogni piè sospinto, il timore dello sbandierato ritorno a tempi cupi del ventennio pre seconda guerra mondiale! Periodo storico che non ho frequentato a causa di una nascita di gran lunga postuma rispetto a quegli anni. In tutti i casi, per sgombrare il campo da ogni fraintendimento, ritengo, da persona libera, che la democrazia nel nostro paese sia oramai fortemente radicata nelle menti e nei cuori di tutti noi e ne testimoniano i collegamenti e connessioni a livello internazionale che non potrebbero mai concepire ed accettare che “il Bel Paese” potesse ripiombare in analoghi momenti della storia in cui, alla fine, tutti, chi più chi meno, hanno finito per pagare un conto salatissimo tra le due guerre mondiali, a prescindere dai vincitori e dai vinti. A tal proposito, riflessione a lato, inserirei definitivamente, nei programmi scolastici della scuola di secondo grado, la visita nei santuari dei vari olocausti di varia origine, matrice, posizionamento e cagione che aiuterebbero certamente i vari fanatismi che ritroviamo in giro per il mondo a calmare i propri bollenti spiriti. Ma questa é un’altra storia, ritornando sul punto, non appaia questo pezzo una difesa d’ufficio del Presidente della Regione Campania, in primis perché non ne ha alcun bisogno, sa difendersi molto bene da solo, in secundis perché, contrariamente a quanto sbandierato dai detrattori dell’ultimo minuto, ritengo che tale norma a limitare la frequentazione e permanenza in politica sia una vera e propria contraddizione in termini, un controsenso e vera e propria limitazione rispetto all’esercizio della democrazia e libero arbitrio, per non parlare delle personali convinzioni e credo politico. Chi faccia appello alla democrazia strattonata, a mio modesto parere, lo fa strumentalmente, come strategia di svincolo verso personalità capaci del consenso e quindi offuscanti certi percorsi “leaderistici” irrefrenabili ed incontenibili. Anzi, dovremmo plaudire a persone in grado di condurre l’evoluzione e lo sviluppo di territori e popolazioni, come in questo caso. Senza dover ricorrere all’endorsement. Ovviamente, ci sono casi nei quali, ad esempio, a livello locale, alcuni amministratori non si dimostrano all’altezza, magari cercano di imitare i vari leader e quando perdono il consenso diventano, addirittura, sgradevoli. Potrei citarne alcuni, campioni di ignoranza politica e mancanza di visione strategica del territorio ma che riescono ad andare avanti sul niente perché capaci di una corte becera, cortigiana, mai decisionista e produttiva. Per la pace di tutti costudirò con grande attenzione le mie valutazioni personali, per amor di patria. Tutto ciò a significare che ci sono i pro e i contro in tutte le cose, anche in politica e non esiste mai una verità rivelata ma tutto é mutevole ed adattabile, una sorta di relativismo sociale che ci pervade costantemente. Su tutto ciò penso sia utile richiamare qui parti, stralci, le più consone, in sequenza, del discorso di Pericle agli ateniesi nel 461 a.c. “Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore”. Tutto qui!