di Raffaele d’Andria
Per celebrare i cento anni dalla nascita di Achille Castiglioni (1918-2002), uno tra i maggiori esponenti del design internazionale, Linee Contemporanee, in collaborazione con la ditta Zanotta, ha allestito una mostra dei suoi progetti più significativi, invitando la figlia Giovanna in occasione della serata di apertura. Inquadrata la figura del padre sia nell’ambito familiare – per la cui identità fondamentale è stata la professione di scultore di Giannino, il capofamiglia -, sia negli interessi progettuali che lo accomunavano ai fratelli Livio e Pier Giacomo, deceduti rispettivamente nel 1979 e nel 1968, la figlia ne ha vivacemente narrato la vicenda culturale in rapporto agli oggetti esposti. Nella vicenda di Achille Castiglioni, ha precisato in premessa, decisivo è il sentimento della ‘curiosità’, ovvero l’esplorazione delle cose comuni nella loro rispondenza a precise funzioni d’uso. Con la ‘curiosità’ che lo caratterizzava, Castiglioni – e con lui i suoi fratelli – scopriva nelle cose le risorse ed il linguaggio per le sue invenzioni. Non prive di venature giocose, queste avvenivano sempre con operazioni sperimentali di prelievo, di ricalco o di nuovi adattamenti funzionali, ottenuti, a volte, con l’utilizzo dei materiali naturali, a volte con materiali di nuova concezione. E volendo solo citare alcuni tra gli oggetti più conosciuti, rilevanti sono gli sgabelli ‘Mezzadro’ e ‘Sella’ (1957): il primo realizzato con il sedile di un trattore, il secondo con la sella di una bicicletta. Ad essi seguirà, progettata con il fratello Pier Giacomo, ‘Allunaggio’ (1965), una sedia di trattore poggiante su tre lunghi piedi, stabilizzato da piatti circolari: una sorta di metafora di un ‘veicolo-animale’ di provenienza lunare.Altrettanto rilevanti, per l’utilizzo di nuovi materiali, sono la lampada da terra ‘Arco’ (1962) e quella da tavolo, di sapore neoclassico, denominata ‘Taccia’ (1962), nelle quali prevale un’attenzione allo spazialità e alle sue condizioni di luce. Questa stessa attenzione è nel mobile ‘Joy’ (1989), composto da elementi ad L incernierati su un unico montante, tale da consentire un loro utilizzo pluri-direzionato. Insignito più volte del ‘Compasso d’oro’ e di altri riconoscimenti, il design di Castiglioni s’incentra nitidamente sui valori di quel razionalismo che è proprio della tradizione milanese, attento a definire l’oggetto sulla calibratura estetica del valore formale e di quello funzionale. In questa misura, egli testimonia sia di come l’intera cultura artigianale milanese risponda con estrema efficienza alle prospettive del design, sia di un impegno plurale, animato da una tensione creativa rivolta al conseguimento di una produzione di elevato livello linguistico. “Un oggetto di design” – dirà Castiglioni in più circostanze, ma soprattutto nelle sue lezioni universitarie – “è il frutto dello sforzo comune di molte persone dalle diverse specifiche competenze (tecniche, industriali, commerciali, estetiche). Il lavoro del designer è la sintesi espressiva di questo lavoro collettivo.”