Il suono antico dell’oboe - Le Cronache
Musica

Il suono antico dell’oboe

Il suono antico dell’oboe

Grande successo per la III masterclass internazionale promossa Associazione Centro Studi Mousikè: tre giorni di formazione, concerti ed esposizione dei gioielli del brand francese Marigaux. Protagonisti i maestri Ivan Podyomov, Domenico Orlando e Luca Vignali

Di Olga Chieffi

 “Avara pena, tarda il tuo dono

in questa mia ora di sospirati abbandoni.

Un oboe gelido risillaba gioia di foglie perenni,

non mie, e smemora;…..”.

Sono i versi di “Oboe sommerso” di Salvatore Quasimodo, che al primo suono d’intonazione del concerto dei maestri nell’ambito della III edizione della masterclass Internazionale, promossa e organizzata dall’ Associazione Centro Studi Mousikè di Gragnano, ospite del comune di Bracigliano e col patrocinio della regione e del Mic, grazie all’intuizione e all’organizzazione di Giovanni Borriello, Luigi De Nardo e Ferdinando Sarno. I tre maestri, Ivan Podyomov I oboe della Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam,  il primo oboe Domenico Orlando, dell’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia e Luca Vignali I oboe del teatro dell’ Opera di Roma, dopo essersi letteralmente donati completamente ai tantissimi allievi intervenuti, non solo attraverso il loro sapere, ma anche concedendosi amichevolmente per foto e selfie, hanno suonato per loro, continuando, quindi ad educarli al loro suono assoluto e per il numeroso pubblico intervenuto ad un vero e proprio evento musicale speciale. Tre suoni diversi e unici hanno risuonato, purtroppo non nel bell’auditorium di Palazzo De Simone, sfortunatamente infruibile quella sera, ma in un’altra sala, più piccola ma felice acusticamente. La serata è iniziata con Ivan Podyomov e Domenico Orlando che hanno omaggiato la scuola veneziana con il  doppio concerti di Tomaso Albinoni  il terzo dell’opus 9 di Amilcare Ponchielli, un concerto, in cui possiamo dire che lo stile esecutivo dei solisti sia diventato sinonimo di perfezione per tecnica prodigiosa, potenza e incisività del suono e trasparenza cristallina dell’intonazione, corpo di un’interpretazione che hanno concepito virile, di estrema sobrietà, estranea all’esibizione virtuosistica fine a se stessa. Luca Vignali, invece, come primo brano ha dedicato alla platea una trascrizione per oboe de’ Il Lamento di una Ninfa di Claudio Monteverdi. Suono assoluto il suo, che sa diventare, all’occorrenza anche scuro, sontuosamente ambrato che in questa pagina è andato ad impreziosire un fraseggio plastico, in cui ogni nota è risultata intensa e sbalzata, lasciando emergere con scadenza la vena lirica, restata sempre controllata. Il trasporto non è divenuto abbandono, come la risolutezza non è divenuta forzatura, racchiusi in un gusto tutto particolare per la scelta dei timbri, insieme alla Echos Chamber Orchestra, diretta dall’oboista Mattia Esposito, che si è calato idealmente nella parte dello strumentista, sostenendo con sottesa empatia il solista. Intermezzo strumentale con la terza Suite, “Antiche danze ed arie per liuto” di Ottorino Respighi op.172, pagine dominate in qualche punto dal suono del cello di Raffaella Cardaropoli, in cui il Maestro ha lasciato intuire la predilezione per uno stile asciutto, essenziale, in bianco e nero, capace di utilizzare, però, tutte le risorse di archi molto giovani, per offrire una concezione radiale della spazialità sonora, grazie all’articolazione del fraseggio, cesellato come un disegno grafico. Ancora in scena Luca Vignali, il quale, con la trascrizione per oboe e archi del celeberrimo intermezzo dalla Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, in cui ci ha trascinato in una dimensione che ha spezzato il tempo, congelando il divenire, riducendolo alla polverizzazione degli eventi, regalando un’interpretazione mirabile aerea, esaltata da una timbrica morbida e corposa, pervasa da un senso di velata inquietitudine, in cui l’orchestra è stato preziosa nell’individuare le sottigliezze armoniche e le sfumature del segno compositivo. Finale con l’ Antonio Vivaldi, del concerto in Re minore Rv 535, in cui gli oboi di Podyomov ed Orlando, si sono alternati quasi sempre in coppia in questa pagina di facile comunicativa grazie al suo scintillio virtuosistico, resa con naturalezza dagli interpreti, sensibili anche nelle ombre che trapuntano il tessuto finemente decorato. Applausi scroscianti e meritatissimi, quale preludio all’ultima giornata che ha salutato l’esecuzione del Divertimento N°2 di Wofgang Amadeus Mozart, affidato ad una grande formazione, in cui hanno suonato docenti e allievi, prima di chiudere con l’orchestra che ha dedicato al pubblico la Serenade op.20 di Edward Elgar, in un’esecuzione ispirata e attenta. Un altro momento importante è stata la possibilità di vedere e provare tutte le novità della massima etichetta di oboi, la Marigaux, da più di 85 anni sinonimo di quelli dei più grandi esecutori di oboe un punto di riferimento del suono dell’oboe in tutto il mondo. Una kermesse performativa e formativa, che speriamo in autunno poter ospitare a Salerno.