Secondo appuntamento della rassegna “Te voglio bene assaje” firmata da Serena Stella stasera e domani al Teatro delle Arti, alle ore 21, affidato all’ Eduardo De Filippo delle cantate
Di OLGA CHIEFFI
La ludopatia è al centro del secondo spettacolo in cartellone della rassegna “Te voglio bene assaje”, TeatroNovanta che porta in scena al Teatro delle Arti di Salerno, stasera e domani, alle 21, “Non ti Pago” di Eduardo per la regia di Ugo Piastrella. Sicuramente “Un’anticipazione del discorso sulla ludopatia che porteremo sul palco con il prossimo appuntamento in cartellone “La Scommessa”, assicura il direttore artistico Serena Stella, che ha riservato anche una piccola sorpresa per gli spettatori delle due serate. Se don Ferdinando gioca i suoi numeri al Lotto e non vince mai, perché non mettersi alla prova, al teatro, e tentare di centrare la combinazione vincente? Ugo Piastrella che il teatro di Eduardo dirigerà perfettamente il vendicativo Ferdinando Quagliuolo, gestore di una ricevitoria del Lotto prima portata avanti da suo padre, morto da tempo, che appare in sogno ad altri, magari suggerendo i numeri vincenti in qualche prossima estrazione. Strana casa quella dei Quagliuolo, ove Ferdinando può contare sulla compagnia di un solo amico che lo aiuta a preparare le conserve e che sa sopportare i suoi umori neri, mentre qua e là volteggia una spiritosa camerierina . Scritta nel 1940, Non ti pago ruota attorno a quest’uomo accidioso e dispotico sia nei confronti della moglie Concetta che, quando ci riesce, lo contrasta ma soprattutto lo sopporta, sia con la figlia Stella, ragazza un po’ ribelle, ma costretta ad accettare l’embargo che il padre pone alla sua storia d’amore con il giovane impiegato della sua ricevitoria, Mario Bertolini. Il motivo? Mentre Quagliuolo è un giocatore del Lotto sfortunato all’ennesima potenza, al contrario Mario, che sa interpretare i sogni, vince spesso. Per di più una notte sogna il padre di Ferdinando, che gli dà i numeri per una quaterna che il giovane punta vincendo ben quattro milioni. Persuaso di essersi allevato non una ma ben due serpi in casa e una in ricevitoria, Quagliuolo vuole vendicarsi, si sente vittima di un imbroglio e sostiene che la vincita è sua: suo padre è apparso sì in sogno a Mario, che ora abita nella casa che era stata della famiglia Quagliuolo, ma credendo di parlare con lui, suo figlio. In un susseguirsi di tentativi di impadronirsi del biglietto vincitore, fra avvocati interessati e pronti a passare dall’altra parte e preti inutilmente chiamati a portare pace, litigi continui con moglie e figlia, costretto alla fine a dare al suo dipendente il biglietto che gli aveva sottratto, Ferdinando Quagliuolo, chiamando a testimone il padre morto, si lascerà andare a una serie di maledizioni, che puntualmente si avvereranno e che renderanno impossibile al povero Mario, tra l’altro licenziato in tronco, di riscuotere la vincita, sino al lieto fine con fiori d’arancio. Ferdinando Quagliuolo con i suoi lati estremi, l’ossessione cabalistica dei numeri e l’invidia maniacale per la fortuna altrui, non impersona soltanto un aspetto di Napoli in una determinata fase storica, ma interpreta anche la metafora del perenne inseguimento da parte dell’uomo dei propri fantasmi. Leit-motiv che attraversa le “cantate” con varianti significative di registro, di genere e di soluzione: qui il comico e la commedia e, dunque, il lieto fine; altrove, invece, il quasi-tragico o il tragi-comico, quando il sogno della Fortuna o la ribellione ad essa porterà altri protagonisti a ricadere, più disillusi, sotto il giogo-gioco delle sue inafferrabili leggi.