«Mi sono trovato sbattuto su tutti i giornali per aver detto all’onorevole Mancino, allora vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura: “Presidente sono a sua disposizione, ma se vuole parlare con me venga in ufficio»”. Sono napoletano e ho detto: “a sua disposizione”. Sui giornali hanno titolato: “Il Procuratore Vitaliano Esposito a disposizione”. A disposizione di chi? Costui lamentava il fatto che tre procure si interessavano contemporaneamente di lui, in riferimento alla famosa questione della trattativa Stato – mafia, nella quale è stato coinvolto addirittura il Capo dello Stato. Questo signore chiedeva che venisse fatto il coordinamento delle indagini e io gli dissi vieni in ufficio, naturalmente non per parlare con me, ma per mettergli a disposizione tutta la struttura. Lui portava avanti una questione giusta: non è possibile che ci siano tre procure che, contemporaneamente, indaghino senza essere a conoscenza l’una dell’altra, quando c’era il Procuratore Nazionale Antimafia Grasso, che avrebbe dovuto coordinare le indagini». E’ stato il Procuratore Generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, a raccontare la famosa telefonata ricevuta, il 15 marzo del 2012, dall’ex presidente del Senato, Nicola Mancino a seguito della quale è stato chiamato a deporre alla Corte d’Assise di Palermo, nel processo sulla Trattativa Stato – mafia. Lo ha fatto durante l’interessante incontro organizzato dal professor Mario Senatore, nel salotto letterario della signora Virginia Caiazza Di Filippo, che è anche sede operativa dell’associazione culturale Sodalitas, dove ciclicamente vengono organizzati incontri culturali su varie tematiche. Il Procuratore Generale Emerito Esposito, stimolato dal professor Francesco D’Episcopo, ha parlato del concetto di diritto, in rapporto alla democrazia, e dell’ingiustizia in Italia. «C’è una ingiustizia a tutti i livelli in Italia. Le cause sono la mancanza di cultura e del rispetto della dignità della persona che ha portato il Paese verso un china dalla quale non si riuscirà mai più a risalire. Si parla molto di magistrati giustizialisti e di magistrati garantisti, in realtà questa distinzione non avrebbe ragione di esistere se si individuasse la stella polare che deve guidare l’azione dei magistrati: questa stella polare è costituita dal rispetto dei diritti inviolabili della dignità della persona. Prevale invece, nella pratica, la ragione di Stato. Questa antinomia tra diritti della persona e prevalenza della ragione di Stato, è una delle cause della difficoltà nella quale si dibatte la magistratura oggi in Italia». Il Procuratore Vitaliano ha parlato anche delle intercettazioni telefoniche: «Violazione continua del principio della sicurezza giuridica»; del reato di concorso esterno in associazione per delinquere: «Nessuno me lo ha mai spiegato»; dell’obbligatorietà dell’azione penale: «Oggi impossibile da gestire. Oramai tutto si prescrive»; della voglia di protagonismo di alcuni giudici: «Ci sono determinati magistrati che si svegliano la mattina con l’obiettivo di comparire sui giornali, di perseguire determinate persone della nostra politica. E’ un fenomeno limitato. Moltissimi magistrati sono persone perbene, diligenti. Sono la maggioranza, una maggioranza sconosciuta»; di credibilità della giustizia:«Dipende anche dall’efficienza della giustizia» e del processo Greco: «Alla prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, annullai il processo nei confronti di Michele Greco, detto “Il Papa” per la strage Chinnici. Ebbi contro 17 interrogazioni parlamentari. Nessuno ha detto che Michele Greco è stato assolto perchè il colpevole era Totò Riina». Esposito ha ricordato di aver ricevuto l’ambito riconoscimento di “salernitano illustre nel mondo” e parlato anche della separazione delle carriere dei giudici: «Il problema vero è che la magistratura sta acquisendo sempre più le dimensioni di un corpo separato dello Stato e non si riesce a comprendere che non è più possibile questa sovrapposizione del Pubblico Ministero sul Giudice»; della responsabilità dei giudici: «Bisognerebbe trovare il modo di far pagare chi sbaglia» e della necessità di riformare il Consiglio Superiore della Magistratura: «E’ una scuola di diseducazione. L’istituzione, che è nobile e risponde alle esigenze della democrazia, è degenerata per il corporativismo e la presenza delle correnti che esistono in magistratura. Io non sono mai appartenuto a nessuna corrente e sono diventato Procuratore Generale per una particolare congiuntura astrale». Il giudice Esposito ha anche parlato della giustizia ad orologeria: «E’ un altro degli aspetti preoccupanti. Non c’è la possibilità di una verifica concreta, effettiva, immediata. Certamente vi è una frangia di magistrati che è stata ed è fortemente politicizzata. In questo momento il discorso si è molto diluito». Il giudice Vitaliano ha raccontato che in pratica è stato lui a creare il Tribunale per i Minori a Salerno: «Ero a Napoli come Sostituto Procuratore della Repubblica. Resomi conto che nonostante fosse intervenuta la legge per creare la sezione distaccata di Corte di Appello a Salerno, che comportava anche la creazione del Tribunale per i Minori, feci una eccezione di competenza al Tribunale di Napoli che non poteva più giudicare i minori di Salerno e quindi dovevano essere trasferiti a Salerno, dove però non esisteva. Il Procuratore Generale mi diede l’incarico di creare il Tribunale per i Minori a Salerno». Il professor Giuseppe Lauriello, ha recitato con grande coinvolgimento emotivo, una sintesi de “L’Apologia di Socrate”, un testo giovanile di Platone, simbolo della difesa del giusto di fronte all’ingiustizia. Il professor Francesco D’Episcopo, ha affermato che il diritto è al di sopra di ogni giustizia e di ogni legge: «Il diritto è al di sopra di ogni relativa giustizia: è un concetto assoluto che non teme la relatività del presente, soprattutto l’influenza dell’economia e della politica. Il diritto è supremo, assoluto, mentre le leggi e la stessa giustizia potrebbe non esserlo». Il momento musicale è stato affidato al pianista Antonio Marruso, che ha eseguito dei brani di Pino Daniele.
Aniello Palumbo