di Marta Naddei
Un passo indietro nel tempo. In quello che è stato il tempo più buio della storia del pastificio Antonio Amato. Oggi, la fabbrica è deserta esattamente come prima dell’arrivo di Di Martino. Si presenta così lo storico opificio ad una settimana e più dal deposito della richiesta di proroga di fitto da parte della Dicado srl. Una proroga ancora non resa ufficiale a causa della mancata firma sul decreto da parte del giudice delegato al fallimento Amato, Giorgio Jachia. Firma che era attesa per lo scorso lunedì (giorno di rientro in servizio del magistrato) ma che ancora manca. La conseguenza è che nessuno può, attualmente, mettere piede in azienda. Insomma, tutto è meno che un fermo tecnico per la manutenzione dei macchinari. La tensione, intanto, tra gli ex lavoratori del pastificio Antonio Amato cresce: era tanta e tangibile anche ieri mattina, durante una assemblea convocata dai sindacalisti Mimmo Oliva (Flai Cgil) e Ciro Marino (Uila Uil). Una incertezza sul proprio futuro lavorativo che sta mettendo a dura prova i nervi degli ex dipendenti, finiti tutti e 109 in mobilità lo scorso 14 maggio. Recriminazioni, dubbi, paure: da un lato la quasi certezza che il gruppo Di Martino voglia acquistare entro la fine dell’anno e a pubblicazione del bando avvenuta, la fabbrica; dall’altro l’atteggiamento di curatela e tribunale che lascia più di qualche perplessità nella mente di lavoratori e sindacati. Questi ultimi, infatti, hanno pronto un sollecito proprio alla curatela fallimentare: o si decide finalmente per la concessione della proroga trimestrale del fitto o si procede celermente verso la pubblicazione del nuovo bando di gara per acquistare il pastificio. Insomma, tutto pur di uscire da questo limbo che, in sostanza, «danneggia solo i lavoratori e l’azienda stessa» – dicono Oliva e Marino. I due mettono però paletti ben chiari: «Il prolungamento del fitto a Di Martino, lo abbiamo detto più volte, è solo un palliativo. E’ necessario che il bando per l’acquisizione venga al più presto pubblicato». E anche in caso di presa in carico definitiva del pastificio da parte dell’imprenditore pastaio di Gragnano, i rappresentanti sindacali rassicurano i lavoratori: «Due sono i punti cardine su cui ci muoviamo, ovvero la garanzia che vengano presi a lavorare esclusivamente i dipendenti del bacino Amato e un maggior numero di operai da reimpiegare nel circuito produttivo a fronte dei 26 utilizzati da Di Martino durante questo anno e mezzo di fitto, perché il pastificio Amato a pieno regime ha bisogno di molta più forza lavoro».
Ora non resta che attendere le mosse di curatela e tribunale fallimentare.