di Alfonso Conte*
Vincenzo Giordano fu il sindaco della prima giunta del Comune di Salerno “laica e di sinistra”, ma anche l’ultimo ad essere nominato dalla Giunta (Vincenzo De Luca, che gli subentrò in piena tangentopoli, assunse l’incarico ad interim in qualità di vicesindaco), prima che nel 1993 una delle poche riforme degli ultimi decenni affidasse tale compito direttamente agli elettori. Dopo di allora iniziò la “stagione dei sindaci”, prematuramente salutata come una fase di svolta della vita pubblica italiana, viceversa destinata a vita breve e a risultati contraddittori: maggiore stabilità dei governi municipali e rafforzamento della capacità decisionale, ma anche personalizzazione dell’esecutivo, svuotamento di competenze dell’organo consiliare ed indebolimento della dialettica democratica attraverso l’esautoramento di partiti ed associazioni.
Certo, ricordando le vicende immediatamente precedenti al periodo del sindaco Giordano (1987-1993), anche a Salerno nel 1993 furono in molti ad entusiasmarsi per l’elezione diretta del sindaco: dal 1974 (fine della sindacatura di Gaspare Russo) al 1987 (nomina di Giordano), ben quattordici sindaci si erano alternati, durando in carica mediamente meno di un anno. E la precarietà delle giunte, quasi sempre vittime dei giochi di correnti in casa democristiana, aveva contribuito molto al drammatico declino della città, coincidente in gran parte con la mancata soluzione dei problemi del dopo-terremoto. Eppure, prima di allora, non era stato così: nell’immediato dopoguerra, la città aveva superato con successo le difficoltà della ricostruzione grazie a Luigi Buonocore, sindaco dal 1947 al 1952, mentre aveva conosciuto una forte crescita demografica ed economica con Alfonso Menna (1955-70) e Gaspare Russo (1970-74). Sicché, durando in carica quasi per l’intero mandato, Giordano si era riagganciato alla tradizione virtuosa del passato, riuscendo anch’egli a coniugare efficacia dell’azione amministrativa e confronto democratico, a dimostrare che il buongoverno suscita consenso senza bisogno di demonizzare critici ed oppositori, a negare l’assunto secondo il quale solo un uomo dal polso duro può guidare la comunità salernitana.
Giordano interpretò con successo tale modello di sindaco soprattutto perché restituì ai salernitani la consapevolezza di essere partecipi di processi decisionali orientati all’utile collettivo, liberandoli dall’incubo di dover restare sudditi di gruppi di potere portatori di interessi particolari. In questi ultimi giorni mi ha particolarmente impressionato il commento di Salvatore Memoli, consigliere comunale di opposizione durante la sindacatura di Giordano, a proposito di un articolo pubblicato da un notiziario online, nel quale si annunciava con enfasi il completamento della Lungoirno nel quadro della “nuova Salerno, la città che De Luca tempo fa ha immaginato e in gran parte realizzato”; Memoli ha precisato come in realtà l’idea di realizzare l’opera in questione nacque da un gruppo di abitanti di Matierno e da egli stesso presentata a Giordano, il quale l’accolse favorendo l’avvio della progettazione e del finanziamento. Allora, evidentemente, addirittura i consiglieri comunali di opposizione svolgevano un ruolo significativo, perché ascoltati e valorizzati da chi aveva la responsabilità delle decisioni, perché ritenuti interlocutori credibili dai cittadini. Oggi, ricordare Giordano può significare ringraziare chi quella ed altre opere mai rivendicò o inaugurò, ma soprattutto può aiutare a ricordare che, a prescindere dai sistemi elettorali e dai ruoli istituzionali, il governo delle città non può essere competenza di un solo uomo, per quanto illuminato e straordinario possa essere.
*docente universitario della Facoltà di Scienze politiche