Il miracolo silenzioso della Manna di San Matteo - Le Cronache Salerno
Salerno

Il miracolo silenzioso della Manna di San Matteo

Il miracolo silenzioso della Manna di San Matteo

Nel sottosuolo mistico del Duomo di Salerno, tra le mura millenarie della sua cripta, si rinnova un appuntamento che lega indissolubilmente la città al suo patrono, San Matteo. Non è un evento come tanti, ma il ritorno di uno storico rito che, dopo oltre un secolo di silenzio, ha ripreso vita grazie alla dedizione e alla riscoperta di una tradizione quasi dimenticata. Stiamo parlando del rito della manna di San Matteo, un fenomeno che la Chiesa stessa non definisce miracoloso, ma che per i salernitani assume un significato profondamente spirituale. Questa tradizione affonda le sue radici in una storia secolare e accomuna Salerno ad altre città marittime del Sud Italia, come Bari con il rito della manna di San Nicola e Amalfi con quello di Sant’Andrea. Un filo conduttore che unisce le comunità nel culto dei loro santi patroni attraverso manifestazioni tangibili e simboliche. Per lungo tempo, tuttavia, il rito salernitano era caduto nell’oblio, fino a quando, in anni recenti, una congiuntura di eventi e di figure chiave ha permesso la sua riscoperta. Protagonisti di questa rinascita sono stati l’arcivescovo della diocesi, Monsignor Andrea Bellandi, e il parroco della cattedrale, Don Felice Moliterno. È stato proprio quest’ultimo, nel 2023, a fare una scoperta inaspettata durante alcuni lavori di pulizia nell’area della tomba del santo, all’interno della cripta. In un luogo di profonda venerazione, notò la presenza di piccole gocce d’acqua. Un fenomeno, come precisato dalle autorità ecclesiastiche, di semplice origine naturale, frutto di condensa che si forma sulla superficie della tomba e delle pareti circostanti. La cosa straordinaria è che, secondo antiche documentazioni storiche curate da Monsignor Arturo Carucci, la formazione di questa umidità si era interrotta nel lontano 1890. Un’interruzione durata più di centotrenta anni e che, oggi, ha trovato una sua nuova continuità. Il rito della raccolta della manna è un momento solenne e si svolge con l’ausilio di speciali secchielli d’argento. Non si celebra una sola volta, ma due volte all’anno. La prima, e forse la più attesa, è alla vigilia della festività patronale, dopo la celebrazione della Santa Messa serale nella cattedrale. La seconda, altrettanto significativa, avviene il 6 maggio di ogni anno, giorno che commemora la traslazione delle reliquie del santo. Questi due appuntamenti annuali sono diventati un faro per i fedeli, che possono assistere a un momento di profonda devozione e ricevere un segno tangibile della presenza del loro patrono. Le gocce d’acqua, raccolte con cura, non rimangono un semplice oggetto di venerazione, ma vengono distribuite in piccole medagliette che raffigurano l’evangelista. La Chiesa di Salerno, in un gesto di carità e di profonda cura pastorale, le destina in particolare agli ammalati. Non si tratta di un elisir miracoloso nel senso stretto del termine, ma di un gesto che simboleggia la vicinanza del patrono a chi soffre, offrendo un segno di speranza e di consolazione. La manna di San Matteo, in questo senso, diventa un veicolo di fede, un legame tra la storia e il presente, tra la spiritualità e la vita quotidiana dei fedeli. In un’epoca segnata dal disincanto e dalla fretta, il ritorno di questo antico rito a Salerno rappresenta un ponte con il passato, un invito a riscoprire le radici spirituali della comunità. La manna di San Matteo non è solo un fenomeno fisico, ma la testimonianza di una fede che si rinnova e che continua a fluire, silenziosa e costante, nel cuore di una città che, attraverso il suo patrono, ritrova ogni anno la propria identità e la propria speranza.