Mette al centro i giovani e ai migranti il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Cei che ieri mattina ha celebrato la Santa Messa in occasione di San Matteo, patrono della città d Salerno. Il cardinale si è rivolto proprio ai giovani chiedendo loro di non permettere ai giovani di andare via. «Salerno è sempre stata una città accogliente, sarà sempre grande se riuscirà ad essere un porto intelligente di accoglienza», ha detto infatti il cardinale. E poi il riferimento ai giovani: «Andare dietro a Gesù significa andare incontro al prossimo, passare dall’io al noi e dall’io a Dio, a un Dio finalmente
personale, che entra nella tua casa, che non si vergogna di te, che ti fa sentire figlio, amato e che proprio per questo ti dice: vieni con me. Smetti di imbrogliare, di guadagnare in maniera disonesta, smetti di pensare a te. Non gli dice: convertiti! Gli dice: seguimi! E’ così che cambiamo: camminando con Lui, amandolo, imparando dall’unico maestro, provando i suoi sentimenti, donando quello che siamo e così capendo chi siamo. Ci chiama e non smette di farlo. Sarà sempre anche l’ultima parola che ascolteremo: seguimi, stai con me. Solo per misericordia. – E quanto ne manca! C’è tanta guerra, tanti sacrifici e poco amore. Che sia così anche per tutta Salerno, nel giorno che fa memoria del suo Patrono – ha poi aggiunto – Trovi coraggio e speranza per guardare avanti, affrontare le nuove sfide e permettere a tanti giovani il futuro senza l’amarezza di dovere andare lontano, privando il territorio dell’energia, dell’intelligenza e dell’entusiasmo. A San Matteo affidiamo oggi i nostri desideri e le nostre aspirazioni, prepariamo nella misericordia una città piena di attenzione e capace di scoprire e difendere il dono che sempre é l’altro, costruendo una comunità accogliente, forte delle radici di fede e di nuovi doni per il futuro». Il Cardianale ha spesso ringraziato la città di Salerno per l’accoglienza a lui riservata e ha ricordato con affetto il Vescovo Luigi, «è stato il mio primo vescovo quando venni nominato parroco di Santa Maria in Trastevere». «L’amore dona il nome alla persona. Quando non c’è amore, si resta anonimi, senza significato e valore. C’è, ovviamente, ma lo ignoriamo! Impariamo anche noi il nome del nostro prossimo! Matteo, per me, era quasi un atto dovuto perché sono il quarto maschio di casa (poi è arrivato Paolo, il quinto maschio, il sesto figlio, perché almeno c’era Cecilia per consolare papà, che con una certa enfasi diceva di essere Paolo VI) e dopo Giovanni, Luca, Marco mancavo io per completare gli evangelisti. E’ il mio patrono. E’ il vostro patrono, il nome che ci ricorda che siamo insieme, il noi che è questa bellissima città di Salerno. Il nome è sempre la persona, come dicevano saggiamente i latini. Vorrei ricordare il suo significato: Dono di Dio. Sì. In realtà siamo tutti un dono di Dio. A volte lo nascondiamo, tenendolo per noi tanto da pensare che non lo siamo e da fare credere che non abbiamo niente da dare. Spesso non troviamo chi ci aiuta a scoprirlo: siamo un dono se qualcuno ci fa accorgere del nostro vero valore, lo fa suo, lo rende tale – ha aggiunto – Il Signore è il più grande talent scout! Lasciamoci amare da Lui e amiamolo. A San Matteo gli fa scrivere un Vangelo. In realtà, lo scrivono insieme, come le storie di amore, dove le persone diventano una cosa sola, si pensano insieme. E ricordiamoci che tutti dobbiamo scrivere il Quinto Vangelo: il nostro, quello che scriviamo con la nostra vita. Riempiamolo di tanti incontri, di gioia, di manifestazioni di come Gesù cammina con noi e compie, con la nostra miseria, il miracolo della vita che cambia, meglio, che diventa bella perché amata. Capiamo, quindi, che siamo un dono solo regalandolo e trovando chi gli dà valore riconoscendolo, dandogli importanza.
E di questo ne abbiamo bisogna sempre, anzi ancora di più quando noi stessi pensiamo di valere poco perché pensiamo che il valore sia fare le cose o possederle. Si diventa facilmente uno scarto, cioè quando sei visto solo un peso, una categoria, un peccatore, come avveniva per Matteo. Per il Signore, invece, siamo sempre un dono. Gesù non ci spiega le cose e ci lascia lì a decidere, ma ci coinvolge, strappandoci dal peccato e dalla paura che ci fa chiudere e possedere. Diventiamo finalmente padroni della nostra vita quando regaliamo quello che siamo.Nell’amore è così. Facilmente non capiamo che l’altro è un dono, che può diventare “il prossimo” di cui abbiamo un enorme bisogno. Facilmente l’altro è solo un nemico, giudicato male come avveniva con i pubblicani, che riscuotevano le tasse, imbrogliavano e collaboravano con gli occupanti romani, quindi doppiamente invisi. Il nostro valore non lo verifichiamo con il potere, la forza, l’esteriorità, la convenienza, scambiando vita con vitalismo, ricchezza con soldi, cioè con la pornografia della vita che porta a considerarla inutile quando non è all’altezza. La vita è sempre all’altezza se ami e se è amata». Immancabile il riferimento all’amore: «Non è all’altezza e si perde quando non ha amore e non sa amare. C’è più amore nella debolezza che nella forza, nei dettagli della vita che nella sua esibizione penosa, insolente, finta, indotta da certi influencer interessati che portano a cercare una vita che non esiste e che finisce per non farci apprezzare quella che esiste per davvero! Ecco perché proprio il Vangelo di Matteo ci dice che saremo giudicati sull’amore: avevo fame e mi hai dato da mangiare. Perché? Perché avevo fame e tu mi hai amato. E basta, solo per amore». Cariche di emozioni anche le parole dell’arcivescovo di Salerno Andrea Bellandi: «E’ per me e per tutta la Chiesa salernitana, in festa per celebrare il suo Santo Patrono apostolo ed evangelista – di cui porti il bel nome – un onore e una grandissima gioia averti qui presente a presiedere la solenne celebrazione a lui dedicata. La Cattedrale, che ci accoglie numerosi questa mattina, custodisce da quasi un millennio le spoglie di colui che – guardato con infinita misericordia da Gesù, che lo ha chiamato a seguirlo – si è subito posto con entusiasmo a servizio del Maestro di Nazareth e ci ha trasmesso poi quel tesoro inestimabile che è il primo Vangelo. Non è possibile pensare alla Chiesa e all’intera città di Salerno, alla loro storia e alla loro identità, senza il riferimento anzitutto spirituale, ma anche sociale e civile, a questo grande Santo, che certamente ci sta guardando dal cielo e ci protegge. L’identità di questo popolo è fortemente segnata dall’amore profondo, direi quasi viscerale, a San Matteo, tanto che la sua figura campeggia sia nello stemma che nel gonfalone della città – ha detto – Grazie, don Matteo, per essere qui tra noi, nonostante i numerosi e delicati compiti che il Santo Padre ti ha affidato, come Presidente della Conferenza episcopale italiana e come ambasciatore di pace in questo drammatico tempo, segnato da un conflitto sciagurato e fratricida non lontano dai nostri confini. Offriamo la nostra preghiera al Signore, tramite l’intercessione di San Matteo, anche per ottenere il dono della pace. A tutti voi, auguro di vivere in fraternità e gioia questa giornata del tutto speciale, chiedendo altresì di poter riconoscere quello sguardo di predilezione e affetto del Signore che conquistò il cuore di San Matteo e lo rese suo fedele e appassionato discepolo».