di Irene Sarno
In politica ci sono gli eventi e poi ci sono gli episodi che raccontano, meglio di mille parole, lo stato d’animo dei protagonisti. È il caso del piccolo “giallo grafico” che ha accompagnato l’attesa per il grande appuntamento di venerdì 14 novembre al Palapartenope di Napoli, con Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini riuniti per sostenere Edmondo Cirielli, candidato presidente del centrodestra in Campania. Un evento politico di peso, con la presenza dei tre leader nazionali. Ma a far discutere, prima ancora dei discorsi, è stato un manifesto. Anzi, due. Sul manifesto ufficiale, diffuso dallo staff di Cirielli e condiviso da tutte le forze della coalizione, campeggiano in grande i nomi di Meloni, Tajani e Salvini. Fin qui tutto regolare. Poi, qualche ora dopo, spunta una seconda versione, firmata da Noi Moderati: stessa grafica, stessi colori, ma con un’aggiunta “artistica” — il nome di Maurizio Lupi infilato tra Tajani e Salvini, come se fosse sempre stato lì, ma per un inspiegabile colpo di sfortuna fosse rimasto fuori dall’originale. È nata così la vicenda del manifesto parallelo, una storia che ha fatto sorridere (e non poco) l’intero centrodestra. L’ironia, del resto, era inevitabile. Lo stesso quotidiano Il Foglio, in un pezzo firmato da Ruggiero Montenegro e significativamente intitolato “Lupi c’è, Lupi non c’è”, aveva raccontato la disavventura con un tono tra il divertito e il compassionevole, sottolineando come “a Napoli il centrodestra ha quasi nascosto Maurizio Lupi” e come, per rimediare, qualcuno abbia deciso di ritoccare il manifesto “in fretta e furia”. Un episodio che, dietro la leggerezza apparente, dice molto dello stato dei rapporti tra Noi Moderati e gli altri partiti della coalizione di centrodestra, e di una certa smania di visibilità che rischia di trasformare la politica in un esercizio di autocomunicazione grafica. La scena è surreale: mentre tutto il centrodestra prepara la grande manifestazione con Meloni, Tajani e Salvini, qualcuno in casa Noi Moderati si accorge che “manca Lupi”. Panico. Reparto grafico all’opera, tastiere bollenti, e in poche ore il leader viene “reinserito” nel manifesto come in un fotomontaggio. Missione compiuta. Peccato che il risultato sembri più un meme da social che un documento politico. Ma, si sa, la forma è sostanza: e se per farsi notare serve un ritocco al volantino, allora ben venga l’arte dell’improvvisazione. Il paradosso è che tutto questo accade proprio mentre il centrodestra si presenta unito e determinato, con un messaggio di concretezza e serietà. In quel contesto, la “variante Lupi” stona come una nota fuori spartito. È il segno di un gruppo che fatica a trovare il proprio spazio politico e sceglie la via più effimera: quella di apparire. Non è la prima volta che Noi Moderati inciampa nella comunicazione. Ma stavolta l’effetto comico è stato irresistibile, tanto che Il Foglio ha ironizzato sul fatto che a Roma e Venezia il centrodestra compaia compatto, mentre “a Napoli Lupi scompare e poi riappare”. Un titolo che sembra uscito da un film di Totò, ma che fotografa perfettamente il clima. Certo, l’episodio è marginale rispetto alle grandi questioni politiche e programmatiche che Meloni, Tajani e Salvini affronteranno dal palco del Palapartenope. Ma resta un piccolo simbolo di come, anche nei momenti più solenni, la politica riesca a prendersi troppo sul serio e troppo poco sul ridere.E invece, ogni tanto, un po’ di ironia serve. Anche per ricordare che la serietà non si misura dalla grandezza del proprio nome sul manifesto.Alla fine, mentre il centrodestra si prepara a un bagno di folla per rilanciare la Campania con la guida di Edmondo Cirielli, l’episodio del manifesto “ritoccato” resterà negli annali come una delle pagine più surreali di questa campagna elettorale. Un piccolo capolavoro di autoironia involontaria: mentre i leader parleranno di sviluppo, infrastrutture e sicurezza, qualcuno potrà sempre sorridere pensando che Noi Moderati hanno già trovato il modo più creativo per distinguersi — non con un programma, ma con Photoshop. E così, mentre Meloni, Tajani e Salvini riempiranno il Palapartenope, resta l’immagine di un partito che, pur di esserci, si è letteralmente “aggiunto da solo”. Forse è anche questo, dopotutto, il nuovo centro: quello che si colloca, non nella geografia politica, ma nel mezzo di un manifesto.





