Giovedì sera, alle ore 21, l’atteso ritorno dopo 13 anni di “Uomini in Frac”, un omaggio a Domenico Modugno, appuntamento extra-colto della stagione concertistica del teatro Verdi.
Di OLGA CHIEFFI
Che ci fanno insieme sul palcoscenico del teatro Verdi, il cantattore Peppe Servillo, il sax argentino di Javier Girotto, la tromba con la campana rivolta al futuro del jazz di Fabrizio Bosso, il pianoforte mai sopra le righe di gusto quasi classico di Rita Marcotulli, una sezione ritmica di estrema eleganza, affidata a Furio Di Castri al contrabbasso e Mattia Barbieri alla batteria, in un omaggio a Domenico Modugno? “Uomini in frac” è il giusto riconoscimento della stagione lirica del massimo cittadino alla musica per così dire “extra-colta”. Un ritorno quello di Peppe Servillo-Modugno, dopo 13 anni, giovedì sera, alle ore 21, che sarà come aprire un libro di appunti per lo studio di un dialogo tra la canzone di Modugno e il jazz. Il jazz è musica che nasce da un incontro culturale profondo anzi, prendendo a prestito un termine non musicale, da un sincretismo riuscito, in cui la prassi europea del fare musica, filtrata attraverso l’esperienza americana, si è sposata con il retaggio africano, con la sensibilità ritmica e timbrica del mondo nero, con un modo di pensare e organizzare i suoni frutto di concepire la musica che non si limita soltanto agli aspetti compositivi e interpretativi. Il jazz è, poi, indiscutibilmente, musica “colta”, purchè non si voglia assegnare questa prerogativa soltanto alla musica “scritta”, o, secondo una recente definizione, “esatta”. Colto, in musica, è un concetto da ridefinire nella sua interezza e oggi tutti dovremmo sapere che ciò che noi dividiamo in colto e folklorico esiste, certo in forma anche concettualmente differente, in quasi tutte le musiche del mondo, ed è la complessità e la destinazione della musica a determinarne l’ambito di appartenenza. Servillo ha scelto gli amici di sempre, tra cui un argentino, amatissimo in città, che fa il pari al “Volare” di Domenico Modugno: il sax di Javier Girotto, latore di un raccontare in cui non troveremo mai polarità chiare, mai certezze, mai conclusioni sicure, attraverso un suono che proviene dalla zona arcaica del suo io, facendoci respirare la sua aria-non aria, ispiranti deformazioni, identificazioni, proiezioni, spostamenti, negazioni, sposerà l’ispirazione del canto di Modugno, da pezzi strumentali quali Selene e Notte di Luna calante, all’universo napoletano di Mimmo, con “Resta cu’mme”, “Tu si na’ cosa grande”, “Strada ‘nfosa”, “Lazzarella”. Peppe Servillo, che riconosciamo quale “musicista, anzi, artista totale”, che sul palcoscenico ha carisma per fare ciò che vuole, capace di attraversare ogni genere musicale e teatrale, trasferirà nell’universo sonoro di Domenico Modugno, liberato da ogni manierismo esecutivo, quindi filologicamente puro, il senso della “Nuova musica”, che vuole il nostro tempo veder coesistere una tale mescolanza di stili, di linguaggi, di norme di vita, quale nessun altro periodo della storia musicale, rendendoci partecipi dei suoi appunti per lo studio di un dialogo della musica napoletana, con tutti gli altri generi. Servillo traccerà un itinerario che si snoderà attraverso quei luoghi e quelle tematiche, celebrate nelle canzoni napoletane, esaltando il carattere creativo della poesia del grande Mimmo, che si perpetua perennemente attraverso molteplici e costanti modificazioni, elaborazioni e ricreazioni, diventando patrimonio espressivo della collettività, ogni qualvolta un singolo individuo la ricanti e la riempia della sua stessa personale spiritualità.
“Non desidero che si sfori troppo nel teatro – ci ha dichiarato Peppe Servillo – questo progetto è una vera scommessa musicale, infatti tutti abbiamo collaborato agli arrangiamenti e ciascuno si è ritagliato il proprio spazio per lanciare il proprio Urklang romantico, il suono della libertà, del suono primordiale, che andrà a rinnovare quello di Volare, lanciato da Mimmo nel 1958, al quale spero tutto il pubblico presente in sala possa partecipare e liberarsi di ogni ombra con noi”.