Buon concorso di pubblico al Moa di Eboli per la rilettura dell’opera di Annibale Ruccello da parte di una magnetica Annamaria Troisi
Di Gaetano Del Gaiso
“Inizio dal cuore o dal cervello?”. A poco più di trent’anni dalla scomparsa dell’antropologo e drammaturgo napoletano Annibale Ruccello, deceduto tragicamente all’età di soli trentasei anni, la sua più fragile e migliore creatura, Anna Cappelli, torna a parlare e a far parlare di se attraverso il pregevole lavoro di adattamento dell’opera omonima dell’autore campano realizzato da un’ispiratissima e commovente Annamaria Troisi, ragionando su quella porzione di umanità la cui esistenza è governata e definita dalla violenza, dall’ignoranza e da quella patina di densa oscurità che viene a generarsi nella dissennatezza della superstizione e della precarietà mentale propri di una società che sembra non voler concedere emancipazione a una donna il cui unico desidero è proprio quello di affrancarsi del suo status di donna ipso facto, creatura dipendente e poco avvezza all’autosufficienza, alla costante ricerca di quella presunta stabilità emotiva che possa riunire i tasselli di un percorso esistenziale composto da rinunce, dinieghi, sacrifici e compromessi. Tutti conosciamo Anna. Tutti riscopriamo in Anna quella parte di noi che forse più detestiamo e cerchiamo di soffocare, quella più fragile, insicura, terrorizzata dal confronto a cui deve necessariamente sottoporsi con la sig.ra Tavernini di turno, rappresentazione allegorica degli occhi vigili ma al contempo distanti di una società che sentenzia e lascia soli, che accuratamente frolla e insaporisce la carni dei suoi individui più fragili e mansueti, cuocendone poi le fibre nel lento fuoco dell’ossessione e della depressione, alimentandone la fiamma con illusioni fugaci e relazioni unidirezionali e annichilenti, quale quella che Anna intrattiene con il ragioniere Tonino Scarpa. La perentoria troncatura di questa relazione, infine, altro non rappresenta che il nadir del declino psico-fisico della giovane donna, che si tramuta, a sua volta, in quella stessa bestia che è la società da cui ella stessa proviene ed è modellata, pronta a riservare il suo corpo a un ultimo, oscuro sacrificio di sangue che ne definirà, per un tempo non meglio specificato, il modo di vivere e reagire ai vapori tossici di un’esistenza asfissiante. La performance della Troisi si presenta in un momento della mia vita in cui l’instabilità e l’amorfismo rappresentano i principali pivot attorno a cui flette il mio divenire. L’ho sentita dentro, l’ho sentita mia, l’ho percepita nella sua nuda integralità, e non credo che vorrò sbrigarla in maniera veloce e distratta così come si fa con un caffè bevuto al bar prima di dare inizio a una giornata. La preziosa scelta di Luigi Nobile si è riconfermata quale meravigliosa arca di esperienze memorabili grazie anche allo staff del Museom of Operation Avalanche di Eboli.