
A incastrare il tesoriere campano del Partito democratico, Nicola Salvati, arrestato nell’inchiesta per immigrazione clandestina della Procura di Salerno, sono state le dichiarazioni del «pentito» Raffaele Nappi, il capo della gang che ha fatto i soldi vendendo a 7mila euro l’uno finti permessi di soggiorno durante i «click day». Nell’indagine è coinvolto anche il padre, Giuseppe Salvati, titolare di un importante studio di consulenza fiscale a Poggiomarino, nell’hinterland vesuviano. Per il giudice delle indagini preliminari non ci sono dubbi che entrambi fossero a conoscenza degli affari illeciti del gruppo in quanto – si legge nell’ordinanza «direttamente coinvolti» nelle fasi di fabbricazione della «falsa documentazione necessaria perla presentazione e/o il buon esito delle istanze». Per gli inquirenti, i due (che vanno comunque considerati innocenti fino a prova contraria) in qualità di diretti collaboratori di Nappi si occupavano anche di «predisporre le false fatture», utili a dopare i requisiti delle aziende che inoltravano le richieste ai sensi del Decreto flussi, e a ripulire il denaro di provenienza criminale.Raffaele Nappi, avrebbe riciclato attraverso false fatture tramite lo studio Salvati (padre e figlio) oltre un milione di euro. Ancora retroscena nell’ordinanza firmata dal gip Giovanni Russo del tribunale di Salerno che ha parzialmente accolto le richieste della procura Antimafia. Nappi aveva anche reso all’autorità giudiziaria salernitana dichiarazioni ammettendo di aver pagato circa 2mila euro a pratica ad ogni datore di lavoro «disponibile» alle false assunzioni; che il suo guadagno personale era tra i 1500 ai 2mila euro a pratica e che gli extracomunitari intermediari raccoglievano i soldi nei loro Paesi di origine chiedendo 6/7mila euro a passaporto in modo da coprire le spese, arrivando a fare per circa 110-120 pratiche anche 300mila euro insieme a Ferdinando Cascone. E attraverso quest’ultimo, Nappi ha affermato di aver conosciuto Catello Cascone con cui ha iniziato a intrattenere rapporti dal 2021 ricordando come questi cercava persone con grosse disponibilità di liquidità finanziaria. Nappi, quindi, iniziò a portargli i soldi, Cascone gli faceva assegni o bonifici e lui andava a farsi emettere le fatture dal suo commercialista, lo studio Salvati, facendo inoltrare dal commercialista la fattura dopo aver ottenuto il denaro. E, in alcune occasioni, Nappi aveva fatto presente al padre o al figlio Salvati che effettivamente si trattava di fatture per vendite in realtà inesistenti. Una volta inoltrate le pratiche agli sportelli per l’immigrazione pagava singoli funzionari dell’ispettorato del lavoro (che, come chiarito dalla Procura salernitana, non sono dipendenti prefettizi, ma erano dipendenti degli uffici di Salerno e Napoli degli ispettorati territoriali del lavoro) per poter ottenere celermente il parere favorevole (obbligatorio fino al 2022) o il rilascio del nullaosta anche oltre i parametri e quote previste dal decreto flussi. Per ogni singola pratica i funzionari avrebbero preso da Nappi anche 800 euro a pratica. Ottenute le somme di denaro in contante (si ipotizza fino ad un milione di euro solo nel 2023), Nappi provvedeva al riciclaggio attraverso falsi acquisti (anche qui con ditte compiacenti) che in cambio del denaro contante emettevano false fatture di copertura a favore di quest’ultimo o alle aziende a lui riconducibili, così come accaduto alla ditta Arfedi di Armando Nappi (figlio di Raffaele) tanto da richiedere allo studio dei commercialisti Giuseppe e Nicola Salvati (padre e figlio) di emettere le false fatture a copertura. Il blitz di lunedì ha portato alla luce un elevato giro di permessi falsi attraverso il sistema del click day favorendo in questo modo l’immigrazione clandestina con accuse per gli indagati che vanno vario titolo dall’associazione per delinquere dedita appunto all’immigrazione clandestina, alla corruzione, falso in atto pubblico e riciclaggio