76 anni fa l’Italia che usciva stremata dal conflitto bellico e dalla dittatura era in possesso di una classe dirigente composta da grandi personalità. Eppure essi furono tanto lungimiranti da cedere il passo alle necessità di un Paese che non poteva sopravvivere sulle parole ma che aveva bisogno di fatti e iniziative concrete per ripartire.
Di Alessia Potecchi*
“Il desiderio di resistere alla oppressione è radicato nella natura umana” osservava Tacito, il grande storico latino. Il 25 aprile è una data che portiamo nel cuore, un momento tra i più importanti della storia del nostro paese che segna il culmine del risveglio della coscienza italiana impegnata fino all’ultimo contro gli invasori tedeschi alleati dei fascisti italiani; il 25 aprile 1945 segna definitivamente il riscatto profondo e morale di una importante parte della popolazione del nostro paese dopo il ventennio di dittatura che aveva trascinato nel baratro la nostra nazione tra morte, distruzione e mancanza di libertà. Da quel drammatico periodo prende le mosse una classe dirigente che sia pure con diverse ideologie ha saputo rimettere in piedi il Paese, la sua economia, la base del vivere civile. A mantenere viva la lotta per la libertà prima della seconda guerra mondiale ci avevano pensato politici e sindacalisti del valore di Turati, dei fratelli Rosselli, di Pertini, di Amendola, di Gramsci, di Foa, di Giacomo Matteotti, di Nenni, di Buozzi, di Di Vittorio e di tanti altri. Dal ’43 in poi come non ricordare l’apporto delle tante lavoratrici e lavoratori e di tanti civili alla lotta contro il nazifascismo, con gli scioperi nelle fabbriche ma anche con la difesa di esse che volevano dire pane e lavoro per tante famiglie specie al nord. Alla liberazione dell’Italia si potè arrivare grazie al sacrificio di tante ragazze e ragazzi che, pur appartenendo ad un ampio ed eterogeneo schieramento politico, combattevano insieme con un unico scopo : ridare pace, stabilità e libertà al nostro paese. Questo spirito unitario, di grande solidarietà e condivisione lo dobbiamo ritrovare nelle celebrazioni diverse che faremo anche quest’anno in questo difficile momento. Sappiamo bene dobbiamo misurarci con una economia stremata che produrrà disoccupazione, disagio sociale, povertà, chiusura di attività economiche. Si deve reagire nel solo modo possibile: rilanciare la sfida della crescita, con programmi, progetti, confronto aperto fra Istituzioni e forze sociali, idee nuove. E non si potrà non ripartire sul piano economico che da una strategia contro la disoccupazione, in difesa del lavoro e per realizzare nuova buona occupazione evitando di finire impantanati per anni nella pratica di un assistenzialismo che a lungo andare logora anche la tenuta democratica. Occorre mettere il bene comune al di sopra delle ambizioni personali. 76 anni fa l’Italia che usciva stremata dal conflitto bellico e dalla dittatura era in possesso di una classe dirigente composta da grandi personalità. Eppure essi furono tanto lungimiranti da cedere il passo alle necessità di un Paese che non poteva sopravvivere sulle parole ma che aveva bisogno di fatti e iniziative concrete per ripartire. Abbiamo bisogno di una vera comunità europea. L’Europa necessita anch’essa di una stagione di ricostruzione e di rinnovamenti profondi che le restituiscano un’anima vitale, ritrovando ragioni comuni per una condivisione in grado di andare oltre il mantenimento di una economia di mercato e della moneta unica. Oggi il primato, come avvenne allora da quel 25 aprile storico in poi, deve spettare ad un progetto politico, deve spettare alla politica. L’Europa sappia incarnare quello spirito di condivisione, di solidarietà e percorso sui tanti temi economici, fiscali, sociali su cui serve un cammino comune tra gli stati membri. 25 aprile oggi vuole dire ricordare e avere ben presente che quei valori sono oggi più che mai attuali, sono da difendere, da valorizzare, da trasmettere. Le celebrazioni in questo “diverso” 25 aprile, che non ci permetteranno di andare ancora alle consuete iniziative, siano l’occasione per riflettere sul senso forte di una memoria condivisa, di una memoria patrimonio di tutti davvero. La Festa della Liberazione non è di parte, la libertà, la democrazia, il senso del rispetto di ciò che l’altro pensa, della storia da cui proviene, sono per tutti, nessuno escluso. Non dimentichiamo che la svolta della Resistenza, il cambio di passo decisivo è rappresentato dalla nostra Carta Costituzionale che rappresenta il compimento del cammino del nostro paese verso il futuro ed è il frutto di quelle diverse storie politiche che cambiarono il volto all’Italia di allora e scrissero una storia nuova di libertà e democrazia.
Responsabile Dipartimento Banche, Fisco e Finanza
del Pd Metropolitano di Milano