di Salvatore Memoli
Col Crescent non ho mai avuto un buon rapporto. Innanzitutto perché non l’ho mai ritenuto compatibile con le priorità di programma di una Giunta di sinistra. In una città dove i Quartieri scoppiano per la carenza di servizi essenziali, per un’edilizia precaria, popolare e fatiscente, per strade inadeguate e per marginalizzazione del tessuto sociale. Una città con forte disoccupazione giovanile, priva di risorse da destinare ai più deboli socialmente. Ci sarà chi vorrà ricordarmi gli impegni urbanistici, il fronte del mare, le pippe raccontate da un Bohigas sognatore o un Bohigas ventriloquo. Un signore che riceveva sempre a domicilio a Barcellona i suggeritori di una crescita priva di qualità. Il Crescent mi ha sempre ricordato mia madre. Aveva un’attitudine a costruire modelli per vestiti importanti. Quando voleva fare bella figura acquistava i suoi modelli di carta da una rinomata casa di moda di Roma. Era tanto felice, quando li ordinava e quando aspettava la consegna. Appena aveva tra le mani il costoso modello-progetto, lo rimaneggiava e lo piegava alla sua idea di vestito che voleva farsi.
A volte i modelli non sono la risposta alle attese, anche pretenziose. Quello che conta è ciò che si realizza, ciò che deve essere indossato! Niente è più soddisfacente di un’idea accreditata per adattarla a ciò che è più comodo e pratico per quello che si deve fare.
Il progetto urbanistico del Crescent è la risposta più calzante alla realizzazione di un ecomostro che risponde ad altri risultati. Utilizzo di un’idea progettuale ciclostilata, il piacere di avere un palazzone per vip a Salerno, desiderosi d’investire le loro ricchezze, creazione di un manufatto che dall’uso sociale delle aree passa all’utilizzazione più esclusiva e minoritaria di un gruppo di blasonati.
C’era bisogno di mettere a pensare Boigas?
Il Crescent ha tradito la vocazione sociale di De Luca. Forse ha riscattato una sua possibile immagine di populista e plebeo. Sempre, l’edilizia ha creato sospetti, preceduta da strumenti urbanistici ad hoc, dietro i quali non c’è chi non avrebbe giurato il trucco! Le più tranquille amministrazioni comunali hanno ceduto sull’approvazione degli strumenti urbanistici. Scontri, lacerazioni, sospetti, carte bollate ed accuse che si sono sprecate sull’onesta dei propositi assistiti. Sul Crescent la storia ha ceduto ad un dirigismo istituzionale che ha spianato tutte le strade! Tutti hanno preso atto di quello che si voleva fare. Tutti, tranne i Figli delle Chiancarelle! A loro deve essere ascritta una battaglia politica basata sulle carte, con prove inoppugnabili che questo edificio non doveva trovarsi dove si trova: per vocazione dell’aria di sedime, per pericolosità con la vicinanza del mare, con palmare precarietà per l’attraversamento del fiume Fusandola, carico di storia mortale per i salernitani, dall’epoca dell’alluvione del 1954. Ricordo bene che i meriti di un’analisi progettuale ed urbanistica sono dei Figli delle Chiancarelle, invece la mia contrarietà dall’inizio era legata alle priorità politiche della città che non avrebbero mai ceduto il passo all’ecomostro. Aggiungo che su queste scelte si sono consumate anche le reciproche fiducie tra me e De Luca. Avevamo insieme sostenuto gli investimenti pubblici per il sociale. All’epoca ero presidente della Salerno Solidale. Conoscevo le priorità di un settore attento alle tante fragilità sociali della collettività: anziani assistiti, casa di riposo, centro diurno, assistenza domiciliare. Avevamo bisogno di sostegno e condivisione per allargare le platee. Mi ritrovai davanti ad un cambio di indirizzo politico a tutto vantaggio di politiche urbanistiche fatte di varianti, visioni suggestive e fermenti sostenuti da ragionamenti che rispondevano ad altra logica. La chiesa laica come tante volte per la chiesa romana aveva capito che lo sterco dei santi era più necessario dei programmi. Eletto Consigliere Provinciale tentai di enucleare tutte le priorità istituzionali della Provincia nell’urbanistica, pensando bene di sostenere il Referenfum sul Crescent per cercare una risposta democratica ed autorevole, come la volontà dei cittadini. Nulla mi fu più difficile, impenetrabile di questa innocente proposta che inquietò molti e mi mise nell’angolo! La mia proposta era abbastanza sentita da molti accreditati settori della vita cittadina che la sostenevano come ultima istanza per fermare una colata di cemento sul mare, alle porte della Costiera amalfitana. Credo di aver raccolto indifferenza! Eppure la Provincia di destra avrebbe potuto indire il Referendum sui progetti arditi del Comune di sinistra. Misteri penosi di filamenti politici che legano e dividono vicende umane e politiche. Certo a pensar bene si fa male, ma il male non è stato mai provato sebbene il mormorio cittadino mette ogni personaggio a sentinella di una grande speculazione edilizia.
Il Crescent oggi occupa una scena urbana centrale, forse attende soltanto di ospitare quando Dio vorrà i resti mortali del suo ideatore sulla piazza più grande del mondo! Conosco povera gente che non è mai stata neppure per una passeggiata innocente su quella piazza e conosco migliaia di Salernitani che amerebbero vedere che cosa si vede da quegli immobili vip del nostro belvedere marittimo. Sogni che sono respinti in una marginalità fastidiosa di una fascia di popolo che paga le tasse e che non riceverà mai la stessa attenzione per risolvere i suoi problemi, come è avvenuto da fior fiore di professionisti, avvocati e giudici, associazioni rinomate e blasonate, gruppi di potere politico e finanziario che hanno fatto della scelta del Crescent una difesa ad oltranza di un modello di Salerno che resta una parte privilegiata dell’universo salernitano. Ovviamente a conferma delle quadriglie comandate sull’affaire.