Figlio d’arte, ma guai a definirlo così. Salvatore Venturini, giovane salernitano, è un ragazzo che si è fatto da solo e ha debuttato sul mercato digitale lo scorso 13 maggio con “I percorsi dell’amore”, prodotto dalla casa discografica “Universal Music Italia”: un progetto di 13 brani inediti e cover rivisitate in chiave “pop-polifonico” che uscirà nei primi mesi del prossimo anno, con arrangiamenti e direzione del maestro Pippo Caruso. Si rivela subito un successo classificandosi nella Top10 Pop dei “Bestseller” di Amazon in base alle vendite e fino alla posizione numero 5 degli Album in Mp3, a soli quattro posti di stacco dai Coldplay. Il sogno di Salvatore è quello di lanciare nel mondo il repertorio dei nuovi classici italiani e la grande occasione è arrivata lo scorso dicembre a “Domenica In”. Dopo il duetto con suo padre Bruno Venturini, ben noto nella storia della canzone napoletana, il riscontro della critica è stato molto positivo e si è fatto subito notare. Per il suo gusto musicale, tendente alla canzone italiana di artisti quali Cocciante, Gaber, Tenco, Modugno ed altri, è stato definito il “Michael Bublé italiano”, e ha riconfermato il suo talento con la partecipazione a “Domenica In” lo scorso 18 maggio, esibendosi con la canzone “In bicicletta” di Riccardo Cocciante, il cui videoclip è già in corso d’opera per mano del regista Mauro Russo, e guadagnandosi così il favore della critica; è stato definito dal critico musicale Dario Salvatori un “ottimo interprete della canzone italiana”. È riuscito, dunque, a farsi notare in mezzo ai grandi della musica, ricevendo non poche soddisfazioni. Il suo stile, infatti, ha colpito anche la fondazione “Eutheca” di Roma, l’Accademia di alta formazione per le arti del Teatro e del Cinema. Con lo scopo di espandersi, aggiungendo quindi anche il settore del canto, la fondazione ha investito in lui piena fiducia finanziandolo per un progetto a scatola chiusa, nel quale il giovane artista ha carta bianca. Se solo avesse voluto, in tutti questi anni Salvatore avrebbe potuto appoggiarsi alla fama del padre, ma non l’ha fatto. Ha preferito camminare con le proprie gambe facendo tanta “gavetta” e percorrendo tante strade diverse. «Quella del “figlio d’arte” – spiega – è un’arma a doppio taglio. Certo, può aiutarti ad emergere più facilmente, ma può anche attirarti delle critiche gratuite, come mi è già successo in un paio di episodi, da chi ti marchia esclusivamente come “il figlio di” senza dare il minimo valore al tuo lavoro e ai tuoi sacrifici». È un ragazzo semplice, quindi, che non si è montato la testa e che non dimentica le proprie origini: «Quando s’intraprende un percorso, qualunque esso sia, bisogna ricordare sempre da dove si è partiti. Non condivido l’atteggiamento schizzinoso di alcuni artisti, io preferisco restare umile e non precludermi alcuna possibilità di farmi conoscere, che sia a livello locale, regionale o nazionale. Il mare è fatto da tante piccole gocce. Il divismo e la professione musicale sono due strade che nella mia vita non s’incontreranno mai». Quella del padre, comunque, è stata un’influenza decisiva e non ha problemi a dirlo. «Quando si è figli di un musicista – spiega – hai una doppia possibilità: o scegli di perseguire la strada della musica o fai tutt’altro. Io ho scelto la musica». Già alla tenera età di sette anni, infatti, Salvatore si è intrufolato in alcuni progetti discografici del padre, grazie al quale oggi possiede un background di spessore, ma poi la sua vocalità così diversa ha gettato le basi per un progetto individuale. All’età di diciotto anni, Salvatore si è iscritto al Conservatorio “Martucci” di Salerno, dove ha iniziato a muovere i suoi primi passi nel mondo della musica grazie all’influenza e alla guida di diversi insegnanti, tra cui Maria Letizia Tedeschi, cui deve molto. È riuscito a superare l’esame a numero chiuso senza sfruttare il proprio cognome e senza raccomandazioni di alcun tipo, ma solo grazie al proprio talento. A ventidue anni, ha iniziato a collaborare a numerosi progetti televisivi e musicali per il padre, cosa che gli ha consentito di interagire e di farsi apprezzare dai più grandi maestri, interpreti e addetti ai lavori della scena musicale e televisiva internazionale. Frattanto che coltivava questo sogno, si è iscritto all’università, conseguendo la laurea in Economia Aziendale. Terminati gli studi, ha lavorato presso una banca per un anno e mezzo, fino alla scadenza del contratto. Ammette di essersi trovato bene in questo tipo di contesto, probabilmente anche per la sua inclinazione al contatto diretto con la gente, ma la musica non l’ha mai abbandonata e ha continuato a studiare e lavorare per realizzare i suoi progetti. Molti ragazzi hanno deciso di fare carriera tentando la strada del “talent show”, ma Venturini ha un’opinione molto chiara a riguardo: «Sicuramente sono utili, perché ti permettono di avere visibilità in poco tempo, ma sono anche un rischio. Ti danno delle illusioni, ma poi non è sempre facile emergere. Puoi avere successo, ma puoi ricevere anche una porta in faccia. Io personalmente ho scelto di non percorrere la strada del talent né per la sicurezza di un successo né per il timore di un rifiuto, ma semplicemente perché è un genere che non mi attrae, troppo improntato ad un tipo di pop, specialmente inglese, diverso dal mio». La “Universal Music Italia” è una grande azienda che nella sua lunga carriera ha lanciato artisti del calibro di Zucchero, Biagio Antonacci, Tiziano Ferro, Cesare Cremonini e tanti altri, e non ha avuto dubbi sul talento di Salvatore e sull’iniziare con lui una fruttuosa collaborazione. «Essere in un certo senso avvicinato a “big” di questa portata ha avuto su di me un fortissimo impatto», confessa. Così da questa collaborazione nasce “I percorsi dell’amore”. Il solo titolo dell’album parla da sé. Salvatore, infatti, ha avuto la fortuna di crescere in una famiglia profondamente legata a grandi valori, primo fra tutti l’amore. L’amore, quindi, è stato il sentimento portante della sua educazione e non poteva non influenzare il suo lavoro. Anche per questo motivo, la sua è stata definita una “voce romantica”. L’anteprima del disco comprende le cover di “Così bella e così sola” di Modugno, “In bicicletta” di Cocciante (anche in versione radio edit), “Non arrossire” di Gaber e “Volevo solo dirti che” di Antonacci. Quest’ultimo brano, in particolare, ha per Venturini un retroscena importante. Scritto a quattro mani dai fratelli Biagio e Graziano Antonacci, Salvatore decide di dedicarlo al loro papà Paolo, morto poco tempo fa. Durante un concerto di Biagio, papà Paolo accolse Salvatore così affettuosamente da lasciargli questo gesto per sempre nel cuore. «Nel mio piccolo – dice – vorrei rendergli omaggio in questo modo». La popolarità di Venturini sta crescendo di giorno in giorno non solo per mezzo delle sue capacità, ma anche grazie all’ausilio dei social network e del web in generale. Lo stesso Salvatore preferisce essere attivo in prima persona sulle sue pagine personali, preferendo, per quanto possibile, un contatto diretto col proprio pubblico: «Il dipartimento Iudav di Salerno è riuscito a strutturare intorno alla mia figura una vetrina pari a quella delle grandi personalità della musica, curando la mia immagine sul web con collegamenti digitali e permettendo, quindi, una grande fruibilità per i download dei brani». E se dovesse finire? «Quando ci si comporta in modo umile, la fine non coincide mai con un fallimento. Resta un ricordo meraviglioso e l’affetto di chi ti ha sempre seguito». Dalila Pergamo
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