«Sono stato costretto a vendere la società e ad andarmene. Purtroppo svolgere una attività imprenditoriale a Napoli era diventato impossibile a causa dell’attenzione, che definirei “morbosa”, della Procura della Repubblica nei miei confronti», afferma Danilo Iervolino, fondatore dell’Università Telematica Pegaso, di cui ha lasciato la direzione lo scorso anno, e attuale presidente della Salernitana nonché proprietario del settimanale L’Espresso, nell’intervista pubblicata dal quotidiano “Il Riformista” e ripresa dal sito web del quotidiano.
Il Pm napoletano Henry John Woodcock ha chiesto il suo rinvio giudizio per l’accusa di corruzione. L’udienza preliminare è fissata il prossimo 24 novembre.
Dottor Iervolino, ci spieghi cosa è successo.
«Guardi, questa vicenda inizia nel 2018. I magistrati stavano indagando Franco Cavallaro, il segretario generale della Cisal, un sindacato molto presente nel pubblico impiego, nell’ambito di un procedimento per voto di scambio. Il trojan nel suo cellulare registra un colloquio con Concetta Ferrari, all’epoca direttore generale del Ministero del lavoro, con cui Cavallaro intratteneva rapporti di amicizia. Quest’ultimo rappresenta alla dirigente che poteva far avere al figlio, dottore di ricerca in ingegneria, un contratto di insegnamento presso la mia Università telematica. Teniamo presente che Cisal aveva una convenzione con l’Ateneo».
E poi?
«Il ragazzo, che non conoscevo, come non conoscevo la madre, si presenta alla Pegaso e riceve un contratto integrativo. Ma come lui tanti altri».
Non mi sembra un fatto grave.
«Appunto. Dagli ascolti del trojan, però, emerge che Cavallaro avrebbe fatto una serie di regali e attenzioni alla dottoressa Ferrari per ottenere un parere favorevole alla scissione del suo patronato e che gli avrebbe prodotto delle utilità».
Andiamo avanti.
«Cavallaro ad un certo punto chiede al professor Francesco Fimmanò, direttore scientifico della Pegaso e mio avvocato, di poter avere un appuntamento col vicecapo-gabinetto del Ministero del lavoro, la prefetta Fabia D’Andrea, per questioni inerenti il sindacato, avendo visto che entrambi sono spesso impegnati in convegni o pubblicazioni comuni anche al Cnel. Fimmanò glielo fissa aggiungendo, a fronte del tentativo di Cavallaro di spiegargli il problema, che D’Andrea nessun ruolo o potere poteva avere nella vicenda. D’Andrea, comunque, offre dei consigli e dà notizie per le quali avrebbe ricevuto molto tempo dopo un corso di formazione per una sua giovane amica».
E dopo questo episodio?
«L’anno scorso io e Fimmanò riceviamo un invito a comparire da Woodcock con la descrizione del fatto. Gli mandiamo una nota rappresentando che è inutile sentirci non conoscendo nulla delle vicende connesse al contratto e alla presentazione. Come dice Fimmanò: “Non è che se le presento un ministro e dopo lo spara, posso mai rispondere di concorso in omicidio”. La scorsa estate, comunque, arriva la chiusura delle indagini sempre per le stesse cose».
E per gli altri soggetti?
«Woodcock in primavera aveva fatto una richiesta cautelare ai domiciliari per Ferrari e Cavallaro e un obbligo di dimora per D’Andrea. La richiesta è stata rigettata dal gip nel mese di maggio. Il magistrato ha allora fatto appello al Riesame. Senza attendere la decisione, a luglio ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti».
Il Riesame è arrivato la scorsa settimana.
«Sì. Ed ha annichilito l’appello del Pm. Con un provvedimento ineccepibile lo ha dichiarato inammissibile, in quanto non v’è alcun indizio visto che queste captazioni trojan di terzi ante 2020 sono inutilizzabili per giurisprudenza ormai consolidata. Guarda caso, esce la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per un procedimento che è già su un binario morto».
Procedimento che si trascina dal 2018.
«Negli ultimi 5 anni il dottor Woodcock ha ‘gemmato’ una serie enorme di imputazioni, sempre dallo stesso procedimento in cui avrei corrotto il Parlamento».
Si spieghi.
«Anni fa, con uno meccanismo per il quale ho sporto querela nei confronti di Woodcock, è stato abusivamente acquisito ogni dato che mi riguardasse. Sono stato intercettato per anni, con cimici in casa quando ero coi miei bambini e mia moglie, in auto, in ufficio, ovunque, uno stalking giudiziario. Come dicono i miei avvocati, dallo stesso procedimento se ne tira fuori un altro e così all’infinito, è una tecnica consolidata, così la competenza resta sempre allo stesso Pm che, che coincidenza, la prima volta era di turno».
Che fine hanno fatto questi procedimenti?
«Faccia una ricerca in internet. Basterebbe leggere quello a seguito del riesame del 2021 per chiedersi come sia possibile che dopo quanto hanno rilevato e stigmatizzato con toni gravissimi i giudici in tre diverse ordinanze si continui ad andare avanti».
Dove sarebbe la corruzione in quest’ultimo procedimento?
«Non lo so. Avremmo conferito un contratto ad un ingegnere dottore di ricerca che pare sarebbe stato poi utilizzato da Cavallaro per avere il via libera sulla scissione di un patronato. Ma lo leggo come voi, perché non so neppure di cosa parliamo ed è frutto di colloqui tra terzi, senza che io ne abbia avuto mai neppure contezza. Non ho mai messo piede al Ministero del lavoro, tanto meno per questioni sindacali. Non so neppure perché proceda la Procura di Napoli visto che i fatti si sarebbero svolti tra la Calabria e Roma»