di Oreste Mottola
Di russi nel salernitano non c’è solo qualche via intitolata all’Unione Sovietica o a Lenin, se ne ricorda una ad Eboli, ma anche più di una testimonianza di un’integrazione riuscita. Un gruppo di russi negli anni del Fascismo lavorò a Persano nell’azienda statale che allevava i celeberrimi cavalli omonimi e curava i rifornimenti alimentari dell’Esercito, in particolar modo i formaggi. Il loro ricordo è ben impresso in chi ha vissuto tra il Sele e il Calore prima che tutta l’area fosse definitivamente militarizzata, e l’allevamento del cavallo dismesso dal 1972. ”Ne ho ancora sotto gli occhi in quattro: Matteo, Simone, Pietro, Giovanni. I cognomi pochi li ricordano i più anziani, sicuramente saranno stati storpiati. Per esempio, Simone si chiamava per cognome Sci Scin. Matteo di cognome Isaef”.
A raccontare è Antonio Gallotta, memoria storica del mondo del cavallo. I quattro, antisovietici, trovarono rifugio nelle attività collaterali dell’esercito italiano, avanguardia di un’enorme massa di persone desiderosa di ripararsi dallle repressioni da parte del bolscevismo vincente. Tradizionalmente questa emigrazione, seguita alla rivoluzione, prende il nome di ‘bianca’, dal nome dell’esercito contrapposto all’Armata Rossa. La Campania già era stata loro terra d’asilo. Capri e Ischia, la città di Napoli, e la Costiera furono i posti preferiti, anche in virtù di antichi rapporti che già vi intrattenevano i vecchi esuli anti zaristi e comunisti. Lenin e Gorky a Capri, Bakunin a Napoli. In epoca più moderna ci saranno i tanti ballerini e musicisti legati all’isolotto de “Li Galli”, capitoli più conosciuti anche al largo pubblico. Nel 1924 a complicare ulteriormente le cose venne il riconoscimento dell’URSS da parte del Regno d’Italia nel 1924, che diede origine a due Paesi: una Russia ‘nuova’, nell’ambito delle frontiere statali dell’Unione Sovietica, e una Russia ‘vecchia’, che continuava la sua esistenza culturale sotto forma di diaspora e che credeva con fervore in una rivincita. I funzionari dello Stato italiano avevano difficoltà nell’incasellamento degli esuli russi giunti in Italia. Non era chiaro chi fossero i russi ‘bianchi’, chi gli apolidi, perché alcuni russi avessero i passaporti sovietici. Ma veniamo ai russi di casa nostra. A Persano, presso il Centro di Rifornimento Quadrupedi, rimasero dal 1917, data della Rivoluzione comunista, sino al 1952/1953. Esuli, ma liberi e con uno stipendio.
Prigionieri di una patria che non era disponibile a riprenderseli. Matteo con una compagna istriana era sarto rifinito e faceva di preferenza vestizioni per militari di cavalleria. Ha vissuto in una casa nei pressi della struttura per cavalli “Le capanne “, ed ha avuto due figli, miei compagni di gioco a nome Olga e Nino. E’ deceduto alla fine degli anni ’40 e la sua famiglia si trasferì in Sicilia al seguito del nuovo compagno della moglie. Simone sposa una ragazza di Eboli ed in quella città trasferiscono. .’ morto alla fine degli anni ’50. Lavorava all’infermeria cavalli, assistente dei veterinari, tipo sempre allegro.
Pietro e Giovanni vivevano insieme a Persano in una casettina nei pressi del cosiddetto “giù al quartiere” ove sostavano i cavalli di servizio dei butteri. Pietro faceva il muratore ed è deceduto intorno al 1951. Giovanni, ex colonnello della cavalleria russa, personaggio più di rango anche solo a vista, si occupava della riparazione delle staccionate, rovinate dai cavalli e dai bovini. Giovanni è stato l’unico a rientrare in Russia, agli inizi degli anni ‘50 con Stalin ancora vivente. accompagnato all’aeroporto di Roma dall’amico Benedetto Cusati, capo della falegnameria. Ancora vivi sono i ricordi di queste persone, perfettamente integrate nel tessuto sociale dell’epoca. “Erano amichevoli e alacri lavoratori, oltre che possessori di fisici atletici”, racconta Antonino Gallotta. Tra i Russi di Persano , Simone Sci Scin, oltre al lavoro di smaltimento dei rifiuti organici dei cavalli, si occupava di un maestoso albero di gelsi neri. Per evitare che i ragazzi vi accedessero ogni tanto spruzzava sull’albero una sostanza che procurava una leggera dissenteria. Proprietario di una vecchia bicicletta e tutti i giorni giungeva al lavoro da Eboli , ove aveva famiglia.
Giovanni Abruzovv e Pietro Petriscianov, hanno avuto casa a Persano per tutto il loro periodo, curavano l’amicizia con i compagni anche dopo l’orario di lavoro, conservando sempre la loro discrezionalità mista a tatto e gentilezza. Osservavano tutto, senza parlare . Noi ragazzi salutavamo loro rispondevano chiamandoci per nome. Matteo Isaef, che abitava alle Capanne, a 4 km da Persano, dalla compagna Tatiana aveva avuto due figli, Olga e Nino. Olga era bionda, alta, atletica, amica con tutti.
Da giugno a settembre arrivava in bicicletta a Persano col fratello Nino e poi si andava a fare il bagno a Sele”. Il ricordo di Olga strappa ancora un sorriso all’anziano Gallotta.