di Monica De Santis
Carmela (nome di fantasia) è una donna, come tante altre. Nata e cresciuta in una località della zona a nord di Salerno, si trasferisce dall’altra parte della provincia, tra il Cilento ed il Vallo di Diano, quando conosce Marcello (nome di fantasia) colui che diventerà il suo compagno e dal quale ha avuto, in circa 20 di relazione, due figli, un maschio (che ha superato i 18 anni) ed una femmina (ancora adolescente)… “All’inizio la nostra era una relazione come tante altre – racconta Carmela – lui era separato ed aveva anche altri figli, ma questo non è mai stato per me un problema. E’ sempre stato un uomo molto pretenzioso, duro per certi versi, ma mai violento. Poi circa quattro anni fa tutto è cambiato. Un po’ come se tutta la rabbia che covava dentro all’improvviso fosse uscita fuori e si sia riversata su di me ed anche su mia figlia”. Carmela racconta a fatica il terribile periodo che ha vissuto.. “Perfino i figli avuti dal primo matrimonio avevano iniziato ad avere un atteggiamento prepotente nei miei confronti, trattandomi come una serva e non come la compagna del padre. Un giorno, a seguito di una discussione sul lavoro, si scagliò contro di me con tale violenza che mia figlia corse a diffendermi e per tutta risposta lui la prese prima per i capelli e poi con una mano tento di strozzarla. Un’immagine che non potrò mai dimenticare. Questa è stata la goccia che ha fatto trabboccare il vaso. Decisi di prendere i miei figli e di andare via. Ora sono ospite di un centro di accoglienza, ma la situazione non è migliore, purtroppo dai servizi sociali non ricevo l’aiuto che mi aspettavo. Mio figlio intanto ha scelto di tornare dal padre e sta già assumendo atteggiamenti simili a lui. Io e mia figlia, sopportiamo anche di vivere in questa condizione molto misera, ci capita che spesso ci ritroviamo a dormire con altre persone e che non ci sia cibo per noi, ma non molliamo. Ho ripreso a lavorare, non guadagno molto, ma sto cercando di mettere il più possibile da parte per riuscire quanto prima ad andare via di qui, magari via anche dalla provincia di Salerno e poter ricominciare, poter dare alla mia bambina una vita normale, quella che realmente si merita”.
Strianese: “Nessun Paese è civile se consente 103 femminicidi: uno ogni tre giorni”
Dal primo gennaio al 7 novembre 2021 in Italia sono stati registrati 247 omicidi, con 103 vittime donne , di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo. Di queste, 60 sono morte per mano del partner o dell’ex partner. Una fotografia che mostra un lieve decremento nell’andamento generale degli omicidi, da 251 a 247, rispetto al 2020, ma che vede invece aumentare le vittime di genere femminile di un drammatico 6 per cento, da 97 a 103. “Sono i dati dell’ultimo report Omicidi volontari del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale – dichiara il Presidente della Provincia Strianese – e sono numeri che fanno paura. Ancora una volta siamo di fronte a un lungo elenco di femminicidi e ancora una volta siamo qui a chiedere cambiamento e maggiori tutele per le donne. Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Onu. Adottata dall’Assemblea Generale, parla di violenza contro le donne come di “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”. Purtroppo la violenza nasce in ambito domestico, non solo femminicidi, ma anche stalking, violenze sessuali, abusi. Reati commessi da uomini: compagni o ex, padri, fratelli, all’interno di un nucleo familiare che non è in grado di rispettare e tutelare la figura femminile. Violenza e patriarcato oggi sono inaccettabili. È necessaria una rivoluzione culturale che promuova relazioni non discriminatorie e rispetto delle differenze di genere. Sono profondamente convinto – conclude – che azzerare la violenza contro le donne sia una battaglia culturale prioritaria per tutti noi. La salvaguardia di pari diritti umani e civili, la tutela della sicurezza e della serenità delle donne, deve essere un baluardo di civiltà imprescindibile. Noi che abbiamo incarichi politici, ancora di più abbiamo la responsabilità di costruire nuovi modelli culturali, di fare scelte che orientino il cambiamento. Se non partiamo da questo non potremo mai considerarci civili”.