di Monica De Santis
Nel dibattito culturale che si è aperto a Salerno all’indomani dell’assegnazione della delega alla cultura ad Ermanno Guerra, è stato più volte chiamato in causa, come modello da seguire, per il rilancio della città, il Giffoni Film Festival ed il suo fondatore Claudio Gubitosi. Ed è proprio all’ideatore e fondatore del festival del cinema per ragazzi, conosciuto in tutto il mondo, che abbiamo chiesto un pensiero sul sistema culturale e d’intrattenimento nella città capoluogo e della provincia…
“Sto seguendo con attenzione questo dibattito culturale, che si è aperto in città, e che deve continuare – dice Gubitosi – per capire meglio dove sono i disagi, dove sono le difficoltà e come superarle. Proprio perché è un territorio non ostile, ma dove bisognerebbe avere poche cose, tipo leggere con attenzione la realtà esistente, capirne il suo percorso storico, nello stesso tempo guardare con attenzione, avere una visione molto ampia e anche a volte determinata, ti scontri con quelle che possono essere le realtà esistenti che sono tutte buone, valide, ma non si può intraprendere un cammino se non si riparte da zero. Questo non significa annullare, significa capire. Questo non significa dare posizionamenti in un percorso culturale che la città di Salerno fa, ma guardare con attenzione a Salerno e a tutto quello che c’è intorno a Salerno. Il mio primo pensiero va ad Ermanno Guerra, al quale veramente faccio un grande in bocca a lupo. E’ un uomo che conosciamo ed è chiamato a questo nuovo dimensionamento del concetto di cultura, di spettacolo, di arte in generale, che Salerno merita”.
E sempre parlando del neo delegato alla cultura per la giunta Napoli, Claudio Gubitosi continua…
“Non mi sono mai permesso di criticare o di dare giudizi sulle attività. Ma se vengo chiamato a dare il mio pensiero allora dico che Salerno è troppo grande per avere eventi piccoli e sono troppo piccoli gli eventi per fare di Salerno una grande città”.
Allora cosa fare?
“Rimboccarci le maniche ed ognuno deve rimettere in discussione quello che fa. Si è capace a Salerno di rimettersi in discussione? Ermanno Guerra è forte tanto da poter far rimettere tutto in discussione? Perchè se non si parte da questo non ci sarà la visione globale della cultura e dello spettacolo in città”.
In tanti in questi giorni hanno detto che a Salerno servirebbe il modello Giffoni Film Festival…
“So che Giffoni è conosciuto in tutto il mondo. Ma noi non abbiamo una pozione magica, e non è vero che avere più risorse economiche vuol dire estendere per forza le proprie attività ed avere successo. Non è sempre così. Guardare all’esperienza di Giffoni, come alcuni hanno fatto, non va visto in quello che è l’aspetto che tutti conoscono e che tutti vogliono bene di questa realtà che ormai è una delle più belle d’Italia. Chiedetevi come siamo arrivati ad ottenere questo. Dal primo momento Giffoni ha scelto poche cose che poi sono diventate buone. Abbiamo fatto di un paese, il centro del mondo su un settore molto preciso, quello dei bambini, dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie ed estenderlo poi anno dopo anno ad altre cose. Non abbiamo mai perso di vista i nostri obiettivi. E’ vero noi siamo in un’altra galassia. Da noi è il paese che diventa evento e ne abbiamo seguito la crescita,, lo sviluppo, anche morfologico, architettonico, altrimenti non si spiega perchè da 25 anni teniamo la Città del Cinema e adesso la Multimedia Valley e tra poco tutte le altre strutture fino ad arrivare al Campus universitario. Non bisogna guardare a Giffoni solo con ammirazione o comunque a volte come un fastidio. C’è stato un momento dove il fastidio di certi operatori culturali si tagliava a fette nei riguardi di Giffoni. Si potrebbe guardare a Giffoni come un punto di partenza se si vuole far diventare Salerno un’entità ed un’identità culturale forte. Oggi grazie anche al percorso amministrativo e politico fatto è diventata una città visibile, ma questa visibilità non corrisponde ad una continuità di eventi e di azioni che la rendono poi aperta ad altre missioni ed ad altre visioni. Credo che ci sia una difficoltà nel voler mettere a disposizione il proprio sapere, le proprie attività o quello che si è fatto. Purtroppo per troppo tempo ci si è isolati senza rendersi conto che questo non ha contribuito al bene della città. Per anni abbiamo visto una sorta di insieme di micro attività che però non hanno dato vera identità ed entità alla città. Un calendario di eventi che a seconda di quella che era il momento si sono vissuti un po’ qua, un po’ là, e così via. E allora è evidente, e qui entro nell’aspetto politico, che oggi se si fa riferimento a Giffoni, dove sotto il brand non c’è più scritto Film Festival, non c’è scritto Experience, non c’è Opportunity, ma solo Giffoni. perché quando dici il nome si sa subito di cosa parliamo, bisogna farlo sapendo che la nostra è una storia lunga 52 anni e che per arrivare dove siamo arrivati noi, si deve partire, come abbiamo fatto noi da zero. Con l’occasione voglio anche dire che quando si fanno dei commenti a distanza, quando parlano i cosiddetti operatori culturali, o le persone chiamate a rispondere su alcune esigenze, come in questo momento un dibattito non sulla cultura a Salerno, ma sulla città di Salerno e la sua cultura, bisogna comunque sapere quello che si dice. Voglio dire a Geppino Afeltra, che quando parla di Giffoni non può che farmi piacere, ma dovrebbe prima di tutto aggiornarsi un po’, perchè poi chi sta a Roma non legge bene le cose ed è poco informato su ciò che accade nel proprio territorio. Dovrebbe aggiornarsi e sapere che Giffoni si fa per 570 giorni l’anno, ecco ho aumentato completamente il calendario. E con tante attività che continuiamo a fare a Giffoni, in Campania, in Italia e perfino nel mondo e questo lo sanno anche le pietre della strada.”.
Tornando a Salerno oggi cosa bisognerebbe fare?
“Chiudere la città su un evento che la possa caratterizzare è impossibile, difficile, anche se non impossibile. Perchè i tempi sono diversi, anche la comunicazione è diversa perchè l’attesa del pubblico è completamente cambiata, abbiamo pubblici diversi che mutano anno dopo anno, quindi bisogna seguire e a volte anche inseguire il pubblico, perchè quello che hai fatto in un anno non è detto che si ripeta l’anno successivo. Salerno paga un po’ di cose, soprattutto il fatto, e questo lo ricordo perfettamente, che per anni ed anni si è parlato di un grande progetto, quasi rivoluzionario, che era il ‘Teatro delle Nuove Tendenze’ che si teneva negli anni 70 con personaggi come Filiberto Menna, Achille Mango e così via. Poi è finito. Ma per anni ogni volta che si parlava di una mancanza di un progetto culturale si faceva sempre riferimento a quello. Allora mi chiedo: ma perchè è finito? Dove è andato a finire? Quali sono le motivazione che l’hanno spinto ad intraprendere una strada che all’epoca era proprio rivoluzionaria per poi sparire. E negli anni si è sempre fatto riferimento a quello ma non c’era mai una causa o una concausa per la quale poi uno dice va bene abbiamo sbagliato a fare questa cosa. Quindi si è parlato più del passato che dell’attualità, del presente. Ecco allora cosa fare e come fare. Lì c’era un progetto d’identità, di costruire su un qualcosa di post avanguardia, quindi una città che cominciava ad essere tale, che forse cominciava pure a farsi conoscere oltre che riconoscere, aveva trovato in alcuni intellettuali e persone perbene dell’epoca una strada. Oggi è abbastanza complicato questo perché ripeto ci piace più ricordare quello che c’era e non mettere il dito nella piaga di quello che non c’è”.
C’è un percorso che si potrebbe intraprendere per la città di Salerno?
“Abbiamo una città che è un grande contenitore, ora dobbiamo capire quali sono i contenuti. Noi dobbiamo stare vicino, favorire, secondo la propria specie, quello che è il progetto di crescita della città, perché se la città cresce soltanto in spazi, quindi in contenitori e non in contenuti non la si valorizza. Credo che al momento la prima cosa che Ermanno Guerra debba fare è mettere ordine, avere soprattutto una sorta di fotografia dell’esistente e iniziare a creare una sorta di piano regolatore culturale di Salerno e provincia. Perché, dobbiamo dirlo, manca una narrazione in tutto questo. E’ tutto fatto di spot, ma non servono se restano solo spot, A Salerno si fanno attività benemerite, che vanno dal teatro alla musica, c’è una realtà culturale molto vivace, molto forte, ma che non ha una narrazione e soprattutto non ha un ordine. Quindi per prima cosa bisogna mettere ordine e poi creare una narrazione e quindi un nuovo percorso. Per quanto ci riguarda noi di Giffoni, tanti anni fa abbiamo preso un pezzo del nostro festival e lo abbiamo portato a Salerno. Perchè bisogna ricordare che Linea d’Ombra è un marchio di Giffoni, che è stato portato a Salerno proprio per il discorso degli spot che facevo prima. Non posso parlare con Los Angeles o con Cannes e non vivere, partecipare e dare alla città più vicina. Non posso far vivere la città di Salerno solo della parte della rete turistica che noi utilizziamo a luglio occupando alberghi, ristoranti e tutto quello che segue. Bisogna dare qualcosa di più a Salerno e noi abbiamo dato Linea D’Ombra”.
Quindi lei suggerisce di creare una rete tra la città capoluogo e la provincia?
“Salerno non può vivere da sola, ma deve iniziare a pensare a quello che c’è intorno. E quello che c’è intorno non può pensare a vivere da solo. Sarebbe un bellissimo esperimento di connessione tra la città capoluogo e la rete culturale che c’è in provincia. Senza che questo faccia perdere l’identità delle attività che si svolgono. Anzi questo significa creare ancora più sviluppo e anche più attenzione su quello che è la politica o il potere della città di Salerno. Veda si parla sempre in un modo sbagliato anche di attività tipo Luci d’Artista, ma questa è stata un’intuizione della città di Salerno che certo non può essere l’attività, che poteva contraddistinguere la stessa identità della città nel periodo solo natalizio. Ma è innegabile che sia un grande evento, che ha portato tantissimo pubblico e tantissimi turisti. Luci d’Artista ha fatto di Salerno una città frequentata e non più soltanto una porta d’ingresso verso le due costiere. Però non si deve più pensare a Luci d’Artista così come sono nate. Alcune attività potrebbero non essere efficaci o efficienti, potrebbero perdere lo smalto, con gli anni. Quindi si deve avere la capacità di rimodernarle, di metterle al passo con i tempi. Anche perchè non è detto che tutti quelli che sono venuti per tanti anni, Bisogna avere il coraggio di distruggere e la determinazione di ricostruire, se non c’è questo tutto diventa un rito e quanto una cosa è diventata un rito come le Luci d’Artista si rischia poi di perdere ciò che si era fatto”
Cosa suggerirebbe ad Ermanno Guerra?
“Si dovrebbe ricominciare da zero. Salerno non può, non essere la città della scienza, della medicina, la città della letteratura, della filosofia, la città del mare, delle connessioni. Immaginare una sorta di attività che si svolgono tutto l’anno, che si possono inquadrare in una sorta di ‘Salerno e le sue quattro stagioni’, dove in primavera succedono certe cose, in estate altre, e così via Quindi mettere dentro questo contenitore immaginifico e poetico una serie di cose che fanno di Salerno un tutt’uno. Non si deve pensare ad un evento che possa caratterizzare la città di Salerno perchè come ho già detto è praticamente impossibile o comunque ci vorranno almeno 20 anni, prima di poter dire ‘questa cosa si fa a Salerno’. Allora suggerisco a Guerra di inizire da questo: ‘Salerno e le sue quattro stagioni’ partendo dalla Scuola Medica Salernitana, e andare avanti. Portiamo a Salerno le migliori esperienze europee della medicina, della scienza, della filosofia. Ci sono città che si sono inventate il Festival della Scienza, il Festival della Matematica, il Festival del Giornalismo. Ecco noi non dobbiamo fare eventi come questi che poi nascono e muoiono. Ma sulla scia di questi costruire un percorso immaginifico delle quattro stagioni. Sarebbe bellissimo che in un periodo particolare si parli a Salerno di medicina, se non altro per la storia che la stessa città ha. Sarebbe bellissimo se si parlasse di scienze, se si parlasse di letteratura, recuperando perchè no quello che è stata l’avanguardia della letteratura degli anni ‘70 e dare vita ad un fronte innovativo non standard su quello che è il concetto di letteratura. So che c’è già un evento ‘Salerno Letteratura’ che si tiene da diversi anni, ecco inviterei gli organizzatori ad aprirsi anche ad altre realtà un po’ più innovative, per creare nuove connessioni. E quando parliamo di connessioni non possiamo non parlare di filosofia e pensare a Velia, sta in provincia di Salerno. Quindi sarebbe interessante che Salerno in connessione con Velia porti avanti questo discorso di filosofia. I migliori filosofi, le menti pensanti d’Europa e del mondo, qui a Salerno per incontri, convegni, festival e lectio magistralis. Queste sono le cose che dobbiamo fare. Per non parlare del mare. Salerno non è una città sul mare, ma è una città di mare, di conseguenza è una visione completamente diversa. Un discorso che si ampliare e amplificare a tutto quello che può essere ambiente, natura, rispetto del mare, il concetto del navigare, ritornare a questi viaggi un po’ fantastici. Salerno non può non trattare il mare, adesso abbiamo quella piazza meravigliosa, grandissima, ma non può essere solo una delle più grandi piazze d’Europa. Deve essere la piazza del mare e quindi Salerno si deve inserire con un progetto, non un contenitore, dove si vanno a fare tanti eventi. Credo che questo possa essere il punto di partenza, anche con un impegno politico forte, che potrebbe dare un senso di ordine a quello che dovrebbe essere il piano regolatore culturale di Salerno. Ciò che voglio dire è che il Teatro Verdi non può fare solo il teatro Verdi, quindi, dobbiamo chiederci in che modo quella grande attività possa diventare ancora più forte. Dobbiamo capire che quello che abbiamo lo dobbiamo pesare, lo dobbiamo conoscere meglio, ma non sulla carta, ma sui dati. Bisogna analizzare tutto e vedere ogni progetto che cosa porta realmente alla città. Che ricaduta ha sul piano locale, sul piano nazionale ed estero. E fatto questo dare ad ogni cosa il giusto ruolo ed il giusto peso. Ci sono tante attività, come il Teatro dei Barbuti, bellissima esperienza storica, ma sappiamo che ha un’identità estremamente sul piano locale, anche se ospita molte compagnie nazionali importanti, però la sua è una ricaduta locale e quindi va collocato nelle iniziative a ricaduta solo cittadina. Ci sono poi altri eventi che hanno ricaduta nazionale? Allora si investi su questi. Ci sono quelli che hanno una ricaduta europea? Su questi si investi di più, ma sempre creando un piano regolatore culturale che faccia diventare Salerno la città che desideriamo. Servono connessioni con Ravello, con Velia, con le altre attività. Bisogna convergere su Salerno e Salerno deve essere promotore di questa congiunzione di attività, mantenendo la sua titolarità di città capoluogo e nello stesso tempo aiutando e sostenendo le altre attività della provincia. Su questo mi piace ragionare e mi piacerebbe che ci ragionasse anche Ermanno Guerra. Se non ci apriremo a nuove connessioni allora non faremo mai di Salerno la città delle quattro stagioni e non ci apriremo mai alla scienza e alla medicina”.