Green Peace, l’Ordine degli Avvocati e l’operato della Magistratura - Le Cronache
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Green Peace, l’Ordine degli Avvocati e l’operato della Magistratura

Green Peace, l’Ordine degli Avvocati e l’operato della Magistratura

di Michelangelo Russo

A Salerno da quindici anni c’è l’appuntamento annuale di Giuristi per l’Ambiente. E’ un’iniziativa avviata dall’Avv.to Giampiero Meo, come responsabile del direttivo nazionale di Green Peace, unitamente all’Ordine degli Avvocati di Salerno, che è stato sensibile all’istituzione di un corso di diritto ambientale, con rilascio di crediti formativi. Il corso è seguito anche da semplici cittadini attratti dalla tematica della difesa dell’Ambiente. Gli interventi dei relatori, tutti di qualità, hanno portato in questi anni ad una crescita di pubblico e di consensi che richiede, adesso, la capitalizzazione di un tale patrimonio conoscitivo, anche sotto l’aspetto pratico di un contributo operativo, e non solo didattico, alla difesa dei beni ambientali. Un contributo che nasca dagli apporti dei professionisti legali e tecnici e che non finisca con il termine annuale dei giorni del corso. Probabilmente sta per nascere un meccanismo di attivazione di vere segnalazioni e sensibilizzazioni destinate alle istituzioni preposte alla tutela ambientale, affinché le stesse diano risposte adeguate sotto il profilo operativo circa i loro doveri di contrasto ai crimini ambientali. Ma, a partire forse già da questa edizione, si inizierà a porre quesiti specifici alle medesime istituzioni per conoscere risposte su quanto si è fatto nel frattempo. Si tratta di istituire un dibattito pubblico continuo con gli organi istituzionali che hanno compiti specifici diretti o indiretti di contrasto ai delitti ambientali. Così funziona, o dovrebbe almeno funzionare, la difesa dei diritti collettivi nello Stato di diritto. La guerra in Ucraina è evocata, per l’Occidente, come difesa dei valori di libertà e di democrazia. In opposizione ad una concezione autocratica dell’organizzazione sociale, che non lascia libertà al dibattito e alla diversità di opinioni. Nei regimi autocratici, la giustizia si limita all’amministrazione degli affari correnti di criminalità comune e non ammette il minimo dibattito sul suo modo di agire. Nei regimi autocratici criminalità economica e criminalità mafiosa non esistono, per definizione, ma sovente sono parte strutturale dell’organizzazione statuale. Nei regimi democratici, il conflitto tra organizzazioni economico criminali è latente, essendo tali forze in perenne tentazione di circoscrivere l’autonomia della Magistratura. Sono tentativi di controllo della legalità che si servono di fasce della politica, che si presentano, a cicli ricorrenti, come argine liberale all’invadenza della Magistratura. Purtroppo, questo tentativo riappare ancora una volta nella politica italiana. Lo sciopero indetto dall’Associazione Magistrati per il 16 maggio è la reazione tardiva, ma finalmente arrivata, all’ennesimo tentativo di fiaccare l’indispensabile dialettica democratica che ha un punto fermo nel coraggio e nella fede nei principi costituzionali della Magistratura italiana. Il ruolo di contrasto democratico dei poteri economici a base illegale è stato conquistato dalla Magistratura nel lungo percorso di riscatto che ha affrontato dall’istituzione effettiva del C.S.M. con la legge 24 marzo 1958 n° 195, dopo più di dieci anni dalla Costituzione. La crescita professionale e culturale dei giudici avvenne anche grazie al dibattito interno al corpo giudiziario, e alla partecipazione attiva al movimento democratico che crebbe negli anni ’60 del secolo scorso. Con questa prassi di presenza attiva nel dibattito sociale, la Magistratura assunse il compito che la Costituzione le affidava, quello di custode del processo di attuazione dei valori di eguaglianza e di libertà scritti nella Carta fondativa della Repubblica. Sarebbe lungo elencare i meriti della Magistratura nei decenni ’60-’90, che hanno consolidato lo Stato di diritto come lo conosciamo. Vale la pena di ricordare non solo il contrasto alle associazioni mafiose, ma anche a quella mafia dell’economia legata alle consorterie politiche che dominarono le scene fino a Tangentopoli. Non è un caso che il disegno in atto di ridimensionamento della Magistratura con il progetto di riforma avversato dall’Associazione Magistrati abbia come ispiratrici quelle forze che furono sconfitte con la rivoluzione di Tangentopoli. E non è un caso che qui, nel nostro territorio, riappaiano proclami di vertici politici che gettano fango su Tangentopoli, definita falsamente un flop. E riappaiano mummificate figure politiche dell’antica Democrazia Cristiana, a saggiare la forza di reazione della Magistratura attuale, e della resistenza democratica, al tentativo di riabilitazione di quella politica degli anni ’90 che fondò la sua forza di consenso sull’appoggio delle fasce produttive incentrate, soprattutto al sud, sugli appalti di opere pubbliche e del connesso devastante saccheggio del territorio. E’ in atto quindi un tentativo di rinsaldamento politico economico attorno allo stesso nucleo di allora, per condizionare e convogliare le risorse intorno all’eterno polo delle filiere del cemento, e assicurare a quella stessa condizione di allora il controllo del processo di transizione verso le energie alternative, col pretesto della tutela ambientale. La ripresa di un ruolo di protagonista culturale della Magistratura appare al momento l’unica strada per sottrarla a un destino di protagonista meramente formale della società italiana del futuro prossimo. Vedremo, nella prossima puntata, cosa intendiamo per ruolo di protagonista culturale. Michelangelo Russo