di Marta Naddei
Da una broncheolite ad una atrofia cerebrale. Arianna Manzo ha solo otto anni e insieme a papà Eugenio e mamma Matilde Memoli, gira l’Italia e il mondo da quasi sette anni. Ora la famiglia Manzo, originaria di Cava de’ Tirreni, vede nel metodo Stamina una speranza per dare alla propria bambina una possibilità. Speranza di miglioramento delle sue condizioni che non implichi esorbitanti costi, come quelli sostenuti fino ad ora per curarla negli ospedali di mezzo mondo. La sua malattia è stato frutto di una serie di episodi di malasanità che «l’hanno ridotta ad un vegetale» – dice il papà. Lei fu la bambina a cui papa Francesco riservò un bacio a Roma, in piazza san Pietro (nella foto).
Il prossimo 4 settembre, Eugenio e Matilde saranno nuovamente in udienza presso il Tribunale di Salerno: lo scorso luglio avevano ottenuto il sì da parte del giudice per l’accesso alle cure compassionevoli presso l’unica struttura italiana che applica il metodo di Vannoni e Andolina, gli Spedali Civili di Brescia. Solo che dal nosocomio lombardo è stato presentato reclamo contro l’avvio delle cure della bambina salernitana. Troppe richieste, dicono da Brescia. La priorità va ad altri. «Non crediamo assolutamente – racconta Eugenio Manzo – che sia un problema di liste d’attesa o simili. Hanno deciso che qualcuno non può accedere alle cure e tra questi c’è la nostra Arianna. Però poi fanno reclami da 500 mila euro. Sono anni che lottiamo per dare una vita dignitosa alla nostra bambina e ora che abbiamo trovato un modo che non comporta costi esorbitanti e che, è dimostrato dai fatti, funziona, ce lo vogliono togliere». Il calvario di Arianna Manzo è cominciato quando, a due mesi e mezzo, fu ricoverata al Santa Maria dell’Olmo di Cava con una diagnosi di broncheolite (un principio di broncopolmonite). Una malattia che, probabilmente, fu sottovalutata dai medici che presero in cura la piccola, la quale, dopo pochi mesi fu ricoverata d’urgenza presso un altro ospedale (Cardarelli) con una broncopolmonite: 45 giorni in rianimazione e coma farmacologico. Tornata a casa, a malattia passata, i genitori di Arianna si accorsero che qualcosa nella loro bambina non andava. La riportarono in ospedale dove, a seguito di una tac, ci fu l’atroce diagnosi: atrofia cerebrale. Arianna Manzo aveva un anno: oggi, a otto, non parla e non cammina. Ma Arianna è forte e capisce, segue quello che le si dice e lotta per stare bene. «Da quel giorno – dice papà Eugenio – trascorriamo le nostre giornate nei nosocomi, a cercare cure per la nostra bimba. Ci sono stati tanti sbagli che hanno ridotto mia figlia in questo stato. Siamo stati a Siena, al Santobono di Napoli, nel 2008 siamo stati in Florida, poi anche in Slovacchia e Israele. Le cure che le abbiamo fatto hanno dato qualche piccolo risultato, ma come è facilmente immaginabile sono molto costose». Ma perché anche i Manzo hanno deciso di provare con Stamina? «Perché ha dato dei risultati tangibili. Ma ovviamente quando lo Stato vede qualcosa da cui non può trarre profitto la ostacola e così sta facendo con Stamina. Noi restiamo con i piedi per terra e sappiamo che non sarà questo metodo a guarire la nostra Arianna, ma vogliamo fare di tutto per farla stare meglio».