Gli ignavi tra i seguaci di De LucaCon il sindaco Manfredi che si defila - Le Cronache
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Gli ignavi tra i seguaci di De Luca
Con il sindaco Manfredi che si defila

Gli ignavi tra i seguaci di De LucaCon il sindaco Manfredi che si defila

di Alberto Cuomo
L’ignavia è narrata da Dante nel III canto riguardante l’antinferno, un luogo persino peggiore dell’inferno cui sono destinati coloro i quali non seppero mai fare scelte decise, fondate su convinzioni e idee proprie, sì da essere condannati a correre nudi inseguendo un vessillo mai fermo e roteante su se stesso, punti da vespe e mosconi sì da perdere sangue che, mescolato alle loro lacrime, nutrisse vermi immondi. L’ignavo, dal latino, in-gnavus, cioè in-deciso, deve sovente la sua esitazione all’attesa del vincente di turno, del più forte, cui accodarsi per propri interessi. Un tipo di umanità del tutto invisa a Dante che, al contrario, per tenere fede alle proprie idee aveva conosciuto l’esilio e la condanna a morte. Tanto invisa da renderlo incurante della pena loro inflitta secondo l’invito di Virgilio: “non ragioniam di lor ma guarda e passa.” E l’Ignavia sembra essersi impossessata di molti dem della Campania i quali, schierati nelle elezioni congressuali in gran parte con Bonaccini, sembrano aver preso una “pausa di riflessione” disertando gli incontri della corrente per poter passare probabilmente con armi e bagagli dall’altra parte, quella della Schlein. Del resto lo stesso Bonaccini dichiara di voler collaborare alla direzione del Pd a patto di una reciproca apertura della segretaria, apertura che non potrà esserci se il nuovo corso del partito, secondo le parole della stessa Schlein, può avviarsi “estirpando cacicchi e capibastone”, quelli che in definitiva si sono schierati con l’avversario e che in Campania fanno parte dell’apparato deluchiano, il cosiddetto “sistema” distribuendo magari fritture e altre prebende. In fondo, mentre la maggioranza nel Pd si incrementa con nuovi accessi significativi, l’area di Bonaccini, minoritaria, sembra tenersi in piedi si direbbe grazie al governo Meloni. Se infatti è bastata la disputa sulla scelta dei capigruppo del partito al Parlamento e al Senato per scatenare malumori, possono immaginarsi i conflitti che desterebbero eventuali nomine di sottogoverno, quali Inps, Rai etc. lanciate dalla Presidenza del Consiglio. Il segno più evidente della crisi dell’area-Bonaccini e dell’ignavia che si è impossessata dei suoi componenti è la mancata celebrazione del congresso in Campania con l’elezione della segreteria regionale e napoletana. Nella nostra regione la componente deluchiana è fortemente maggioritaria nel Pd e, pertanto, in presenza di una decisa scelta politica da parte degli aderenti non vi sarebbero dovute essere defezioni sì da poter eleggere facilmente i dirigenti regionali e la segretaria Rosetta D’Amelio, oltretutto candidata unica. E invece tutto si è fermato per sospetti sui dati del tesseramento, particolarmente quello della provincia di Caserta e di Salerno. Nello stallo, mentre in area romana si ventilava il possibile commissariamento del partito campano, qui da noi si è dato inizio alle manovre di allontanamento da De Luca, tanto più che la promessa di Bonaccini rivolta a favorire la candidatura per un suo terzo mandato al governatorato è del tutto affievolita e una tale possibilità è fortemente avversata dal Movimento5Stelle, eventuale alleato del Pd nelle elezioni anche locali. Perché la Schlein faccia pulizia in Campania non è necessario sollevare dubbi di natura giudiziaria sul “sistema” deluchiano, dal momento un potere assoluto, qual è quello del governatore, che dura da 30 anni è in sé stesso antidemocratico, tale da richiedere interventi rinnovativi, costi quel che costi, anche la perdita della Regione. Oltretutto De Luca è una lame duck, un’anatra zoppa, immagine tra i broker riservata, nel secolo scorso, a chi non avrebbe potuto pagare i debiti derivanti dal calo delle azioni, passata alla politica ad indicare quei politici che, ricoprendo una carica istituzionale, non riescono a governare secondo il proprio intendimento per il venir meno dei propri compagni. Questa condizione potrebbe condurre l’attuale presidente a rinunciare alla battaglia per la propria ricandidatura e, sebbene Caldoro ritenga che si candiderà ad ogni costo, con o senza il partito, così come del resto ha già fatto una volta, è indubbio che nella scelta peserà, non solo il venir meno del partito napoletano, che vede il sindaco Manfredi già defilarsi, quanto anche l’avvenire politico del figlio Piero che potrebbe pagare per un azzardo del genitore. Insomma, se la Schlein non è a sua volta ignava, De Luca dovrebbe avere i giorni contati tanto da offrire grande spazio agli ignavi presenti tra i suoi seguaci, in bilico tra passato e futuro, con tanto di vermi all’ingrasso.