Il mio saluto alla scuola che Amo e ho amato: L’Alfano I
Non è facile oggi salutarvi. Non è facile lasciare la scuola dopo quasi mezzo secolo trascorso tra banchi, cattedre, bus, treni, auto, chilometri di viaggi, tra colline, mare e montagne, per raggiungere sedi vicine e lontane, dove ho lasciato pezzi di cuore, di amicizie, di impegno civile e professionale, ma soprattutto di immensa umanità. Ho iniziato diciottenne le prime esperienze di “ maestra”, poi di assistente sociale, giornalista e animatrice di villaggio, tra teatri, piste da ballo, radio, tv e giornali, dove ho imparato a comunare per migliorare ogni giorno di più il lavoro che ho amato , quello di docente, oltre ogni ruolo o incarico, solo per passione. Ecco è la passione che mi “ muove” come un manifesto letto in questa città che mi ha accolto dopo Napoli e Milano. Qui a Salerno, dopo infiniti viaggi tra scuole , sindacato, politica di strada e non di ruoli ed etichette, questa splendida città mi ha accolto e riempito di esperienze meravigliose. Ho conosciuto migliaia di colleghi appassionati, dirigenti fantastici, collaboratori scolastici, detti “bidelli” e personale ATA, che ancora oggi incontro per un caffè, un sorriso, una chiacchiera. Sono andata a studiare all’estero per capire perché la scuola italiana è settima in Europa per la primaria e penultima per la secondaria e ho immaginato che forse trasferire esperienze pedagogiche e didattiche nella secondaria poteva essere un confronto necessario. Ecco sogno ancora e immagino una scuola al contrario, capovolta, non come la farsa della “flipped classroom” mai capita e applicata davvero, ma dove tutti i prof possano trascorrere qualche ora, qualche mese, qualche anno con i “ maestri”. Sì con coloro che hanno accompagnato quegli stessi bambini che poi proseguono gli studi nella secondaria e ritrovano una scuola ancora un po’ gentiliana , dove la didattica non è una materia, una disciplina , ma un optional. Il mio unico rammarico è non essere riuscita a capovolgere il sistema scolastico. Troppo ambizioso il mio sogno? Forse sì. Ma ho investito tutta la vita sulle nuove generazioni. Confido in loro per il vero cambiamento, confido augurandomi che scelgano questo meraviglioso mestiere, che va oltre il lavoro in sé, come una scelta di vita e di impegno civile, politico, militante, serio, tra i più nobili di una civiltà che si reputi tale. Lascio la scuola con questo auspicio rivolto a voi che restate ancora e che avete un ruolo importantissimo, di cui spesso non abbiamo consapevolezza, e a quegli studenti che con coraggio decideranno di diventare insegnanti, visto che sono pochissimi attualmente coloro che scelgono ancora questo lavoro, forse troppo impegnativo e poco retribuito. Credo, nonostante ciò, che come dicevano i miei meravigliosi nonni “ dove c’è gusto, non c’è perdenza” e non basta aumentare gli stipendi per dare gusto e passione a chi decide di diventare docente. “Ludendo docere” scriveva don Milani sulla porta di Barbiana e anche “I CARE”. Bene, a me sta a cuore la scuola, lo è stata e resterà tale, come tutti i suoi protagonisti, nessuno escluso, e ho insegnato divertendomi, perché chi l’ha detto che non si può lavorare col sorriso. Il gioco, per i bambini è una cosa seria, come per noi adulti il lavoro. Quindi per me lasciare fuori la porta dell’aula i miei problemi è stato terapeutico, perché mi sono dedicata con passione e con il sorriso ad ognuno dei ragazzi, ex bambini, rispettando le regole di un gioco serio, quello della vita trascorsa insieme, crescendo insieme, cambiando insieme, guardandoci negli occhi ogni giorno con una domanda d’inizio giornata: “ come state?” e poi l’ora di lezione, quella che Massimo Recalcati definisce “un’erotica dell’insegnamento”. Sì, per me tra le varie esperienze lavorative che hanno arricchito il mio percorso, questo dell’insegnamento è stato tale, un viaggio di piacere, di eros tra patos e aretè, valori che ho condiviso con chi ho incontrato e con chi mi sono scontrata lealmente. Ho imparato la mediazione, l’ascolto ma anche l’accettazione delle sconfitte, del fallimento che mi ha spronato a superare ostacoli e difficoltà per impegnarmi maggiormente per il bene comune. Ho il cuore colmo di gioia e di doni, di immagini e di abbracci, di sguardi e di storie incrociate. Il mio pieno siete voi tutti e non ho parole giuste per ringraziarvi uno ad uno. Grazie per avermi supportato e sopportato con un carattere non facile ma vero. Sono stata e sono come mi avete conosciuto, ho imparato dallo sport a giocare in squadra mai singolarmente . Questo è un altro valore aggiunto della Scuola con la “S” maiuscola, quella che non prevarica ma condivide, non compete ma solidarizza, non si isola ma partecipa. Ecco questa è stata la scuola che mi piace, vi auguro di viverla così, insieme e con passione.
Grazie!
Gilda Ricci





