
Olga Chieffi
Quali suoni per Gerardo Pierro ieri per le sue esequie? La campana grande della cattedrale chiama il gregge di Dio, al funerale, mesta e severa, ascoltata per le undici processioni del nostro Patrono, in altra veste. Suoni semplici, incisivi, molto popolari, banali anche quelli all’interno del duomo, elevati dal coro della diocesi, lontanissimi dalla musica alta alla quale il presule, appena insediato, serrò le porte. Chiesa affollata di autorità in bell’ordine, la via di fuga verso l’altare mostrava una bara di legno chiaro, semplice, la croce, anthurium rossi dinanzi, l’evangeliario al di sopra, aperto su una pagina di Luca per ricordare a tutti che la vita di Gerardo Pierro è stato un lungo, faticoso e meraviglioso viaggio dentro il Vangelo. Pare si apra a caso l’evangeliario nel saluto ai prelati e Luca nel suo vangelo, mette in luce l’amore misericordioso di Dio per l’umanità e soprattutto la predilezione di Gesù per i poveri e i peccatori, centrali le parabole del ricco epulone e del figlio prodigo, a tutti l’invito a vivere una vita di povertà condividendo i propri beni con i fratelli in necessità e nel rinnegamento di se stessi per seguire il Maestro sulla via della croce, nonché importante la presenza delle donne a partire dalla Madre di Gesù, di cui Luca ci ha lasciato l’immagine più perfetta, quindi, negli Atti degli Apostoli, Luca ha raccontato il primo espandersi della Chiesa cristiana fuori dalla Palestina con tutti i problemi di questa universalizzazione, nonché la prodigiosa attività apostolica e missionaria di Paolo. Un invito questo a riaprire il Vangelo, ponendosi a servizio della comunità. Processione solenne del clero listato a lutto, in viola, aperta dai seminaristi quindi l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, S.E. Monsignor Andrea Bellandi, che a celebrato la funzione funebre, alla presenza del governatore Vincenzo de luca, del Sindaco Vincenzo Napoli, del Sindaco di Pellezzano Francesco Morra, anche in veste di rappresentante della provincia, Alfonso Andria, Antonio Bottiglieri,Tino Iannuzzi, le autorità civili e militari di ogni ordine e grado i confratelli Vescovi e Superiori Maggiori, ai cari sacerdoti e diaconi, ai religiosi e alle religiose, mentre Vescovi campani e lucani, in primis il Cardinale Sepe, non potendo essere qui presenti hanno fatto pervenire numerosi messaggi di cordoglio e commossa partecipazione. Lo stesso dicasi per il Presidente della CEI, Cardinale Zuppi e il Segretario Generale Monsignor Baturi, i quali hanno inviato una lettera di sentita vicinanza, mentre al termine della celebrazione è stato letto il messaggio che il Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin, ha inviato a nome del Santo Padre Francesco. Monsignor Bellandi ha quindi ripercorso la carriera e i punti fermi della suo excursus sacerdotale, dalla nomina a Vescovo da parte di Monsignor Pollio, il quale sottolineò doti particolari di intelligenza, di umanità e di vita sacerdotale; dialogo, specialmente coi giovani sempre a lui cari; chiarezza di idee e ansia pastorale per i problemi dell’uomo di oggi, quindi la bolla di nomina, a firma di Giovanni Paolo II, nella quale il santo Pontefice, trasferiva Monsignor Pierro dalla diocesi di Avellino alla nostra Arcidiocesi, ove si legge di un uomo non solo ornato delle virtù peculiari di un sacerdote e di un vescovo, ma anche fornito di esperienza pastorale, con cui abbia dato prova nel guidare le anime. Suo l’impegno nei riguardi dell’ associazionismo, le visite pastorali, l’attenzione ai giovani, la cura dei sacerdoti e dei seminaristi, l’impulso dato ai mezzi di comunicazione sociale e alla dimensione culturale e sociale della fede, il dialogo con le istituzioni civili sui temi legati al bene comune, l’impegno per il mondo del lavoro, l’attenzione alle diverse forme di povertà. Da qui anche l’impulso offerto alla Caritas diocesana e ad altre iniziative di sostegno alle persone in difficoltà, come l’erezione della Consulta diocesana di pastorale della salute o l’impegno contro l’usura, creando un fondo di solidarietà. Monsignor Pierro ha sempre posto la famiglia, considerata quale primaria cellula della società e piccola Chiesa domestica, al centro della propria attenzione magisteriale e pastorale, considerandola realtà fondamentale, soggetto e non unicamente oggetto, per una rinnovata evangelizzazione. S.E. Monsignor Bellandi ha poi ricordato le numerose iniziative portate avanti e realizzate, tra cui il nuovo Seminario metropolitano, che potesse accogliere e formare i presbiteri del futuro e del quale sono stati recentemente celebrato i venticinque anni dall’inaugurazione, culminata con la visita del Santo Padre Giovanni Paolo II il 4 settembre del 1999. “I tempi cambiano – scriveva Monsignor Pierro – e pure le situazioni; non cambia invece l’esigenza di avere presbiteri radicati nel mistero di Cristo e della Chiesa, pronti a raccogliere le sfide e a testimoniare il Vangelo per la salvezza del mondo. Il nuovo Seminario obbedisce a queste avvertite esigenze”. Quattro le figure che sono state realmente faro, orientamento e centro affettivo della sua persona: Maria Santissima, la cui statua egli ha voluto porre davanti al Seminario, quale “sentinella” a protezione dei futuri sacerdoti; quindi l’amato San Matteo, sempre da lui invocato in ogni occasione solenne e proposto quale modello di ogni evangelizzatore; San Gregorio VII, al quale Mons. Pierro dedicò un’ampia parte del suo primo messaggio rivolto alla Chiesa salernitana in occasione della sua nomina, Papa da lui considerato un augusto modello di pastore impegnato particolarmente nella riforma della Chiesa e del suo clero; e infine il Santo di cui portava il nome, San Gerardo, santo a cui rimase sempre fortemente legato e che ogni anno soleva festeggiare con particolare emozione e solennità. L’invito di Monsignor Bellandi è quello a guardare non soltanto al passato, bensì al presente e soprattutto all’eternità di Dio. Quello che ognuno di noi, nella vita terrena, ha realizzato nel bene e anche nel male, quali creature fragili e soggette al peccato, sta al cospetto del giudizio di Dio, che solo sa leggere e valutare i pensieri, le azioni e i più profondi sentimenti del cuore: un giudizio che è sempre avvolto nell’orizzonte della misericordia, quella misericordia che si è compiutamente manifestata, come abbiamo appreso da San Paolo nella seconda Lettura, nell’invio e nel sacrificio pasquale del Suo Figlio: per questo ciò che deve regnare nel nostro animo è la speranza, quella speranza nel brano ripreso anche da Papa Francesco nella bolla di indizione dell’anno giubilare “che non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Quella stessa speranza alla quale mons. Pierro ha fatto sempre riferimento, affinchè “Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce” (dalla “Diceria dell’untore” di Gesualdo Bufalino, un fervente non credente) ove la disparizione emana verso di noi il fiore di un’amara, ma nuova primavera, di un’era da esplorare, in cui ritagliare una nuova terra d’amicizia e colloquio.