Successo e sguardo al futuro del presidente dei fotografi CNA Barrella e dinanzi alle immagini della mostra dedicata al brindisi nell’ambito della sesta edizione di In Vino Civitas. Trasformazione digitale della fotografia con Lucia de Grimani in seminario per un “umanesimo” digitale, nella mattinata di ieri
Di Olga Chieffi
E’ ritornato il binomio vincente, formato da vino e fotografia, nell’ambito della sesta edizione di “In Vino Civitas”, nella cornice marina della stazione marittima, che ha accolto le oltre cinquecento aziende italiane e l’incontro con i ventuno buyers internazionali che, nella giornata di ieri, hanno stretto rapporti per la nuova produzione. Nella giornata dei grandi premi, domenica, che ha salutato il Montevetrano Colli di Salerno Igt 2019 (ex aequo con Aglianico Colli di Salerno Igt 2016 di Mila Vuolo) miglior rosso del salone, Silvia Imparato, alla produttrice del vino vincitore è toccato anche assegnare un premio, ovvero, il pannello fotografico realizzato da Armando Cerzosimo per la mostra “Brindisi”, consegnato a Gerardo Metallo, ordinario di Economia che, a pochi giorni dal pensionamento dopo quaranta anni trascorsi nel nostro ateneo, prima da studente, quindi da docente, unitamente all’ invito da parte di Giuseppe Festa, ideatore del Corso di Wine Business, presso l’università di Salerno, a cambiar orizzonte consacrando la sua esperienza al dio Bacco. La mostra fotografica “Brindisi” ha visto la partecipazione di Armando Cerzosimo, Fotografia Sellitti 1940 di Nocera Inferiore, Gerry Capaccio Fotografia di Fisciano, Luigi De Lucia Fotografo di Eboli, Paola Esposito Fotografia di Salerno e dello Studio Fotografico Focus di Battipaglia di Francesco Iannotti. Il vino e la fotografia rappresentano l’incontro tra due oggetti sinestetici, con il limite del gusto per l’ immagine, in un percorso ulteriore che, come tutte le arti, apre alla filosofia, all’estetica e alla bellezza. Il brindisi è un rito che viene da lontano, dalle coppe romane toccate con energia per far avvenire uno scambio di gocce di vino, per rassicurare, chi beveva, dall’eventuale traccia di veleno che, in presenza, avrebbe condiviso con tutti; poi allargatosi nei millenni a tutto il mondo, e oggi simbolo di unione dei popoli. Di qui, le sei immagini, per le quali abbiamo avuto quale critico d’eccezione, Antonio Barrella, portavoce nazionale Cna fotografi. Dietro ogni immagine un progetto, così, è nato il muro in bianco e nero di Gerry Capaccio, con la scritta Pace e il brindisi volutamente fuori fuoco, che ci ha fatto pensare sia ad una momentanea inattuabilità, sia alla speranza che il tocco festoso dei flutes possa tornare in primo piano. Due donne sono, invece, al centro delle opere di Paola Esposito e Francesco Iannotti: la prima che ha posto la sua riflessione e passione sui vari momenti della vita e della giornata della donna, ha espresso l’immagine di una persona allo stesso tempo volitiva nei tratti del viso e dello sguardo, ma vintage e sensuale nel corpo e nell’abito, in un desiderio di ritorno in tempi in cui tutto era a misura d’uomo, il secondo ha realizzato un nudo femminile, impreziosito da particolari tagli di luce che collegano il bicchiere con le linee sinuose del corpo della modella, i cui cappelli ricci, che ne nascondono il viso, evocano i tralci della vite, trasformandola nella sumera Dea Vite. Due i brindisi tradizionali, quello di Luigi De Lucia, che è un inno alla naturalezza dei brindisi, il cui racconto è offerto proprio dalla linea di luce che lega i calici, poiché nessuno dei soggetti guarda in macchina e quasi si avverte quella noise che è di tutte le cerimonie e il controluce di Antonino Sellitti, il quale ha schizzato il profilo dell’uomo e della donna, un “Prelude to a kiss”, per dirla con Ellington, in cui in cui la luce è catturata per intero dal perlage. E’ la presenza di un’assenza il messaggio dell’immagine di Armando Cerzosimo. Inga Ukrainets tocca in solitudine l’altro bicchiere, poggiato sulla bandiera gialloblu, il suo coraggioso Leonid è volontario al fronte a Zhytomyr, lo sguardo è incantato, perso nell’immagine e nel ricordo del marito, ma la luce alle spalle apre alla speranza di risalita dall’abisso profondissimo della guerra che è negazione dell’uomo. “La fotografia è responsabilità – ha commentato Armando Cerzosimo – in particolare in un momento come questo. L’invito a svolgere questo tema, mi ha portato alla Scuola dei Rifugiati, in cui insegna la rotariana Rita Martinova, e il mio progetto, che è specchio senza filtri della realtà ha potuto essere realizzato”. Il dialogo con i fotografi e sulla fotografia è continuato ieri mattina negli spazi di Foto Diego, con il seminario, a cura di Antonio Barrella, al quale è intervenuta Lucia De Grimani, innovation manager, docente della Ied, Presidente Cna Impresa Donna, per una riflessione sul mondo digitale. Un seminario che ispirato al concetto di umanesimo digitale, in una prospettiva la cui sfida consisterebbe nel riuscire a coniugare proficuamente i caratteri propri, culturali e sociali della fotografia in tutte le sue sfacettature, dalla cerimonia, alla moda, alla scena, all’industria, con le potenzialità, circolarità, sostenibilità, personalizzazione del digitale, componendo una comunità lavorativa, radicata nel territorio, per promuoversi e promuovere il prodotto e il proprio luogo d’azione. Il Digitale è stata una trasformazione con cui hanno dovuto fare i conti tutte le arti, dal fotografo al musicista. Antonio Barrella, ha proiettato delle immagini del suo archivio composto in 40 anni di carriera in ogni campo, caratterizzati da quel daimon mai sotterrato, che lo ha a portato ad esprimere la sua recherche, impadronendosi dei nuovi linguaggi, senza mai subirli, poiché essi devono restare “mezzi”. Il messaggio di Antonio Barrella di non far della fotografia mai routine per alzare l’assicella, di “emozionarsi”, termine che ha nel suo etimo motus, sempre dinanzi al soggetto, lo ritroviamo in un’affermazione di Roger Caillois, raccolta nel suo “Vocabolario estetico”, datato 1946: “ Ecco, dunque, ciò che manca e delude nell’ordine della meccanica, come in quello della natura: l’assenza dell’uomo, di quell’inquietitudine che lo fa esitare e tremare per la sua opera”.
L’immagine della premiazione è di Giuseppe Visone