di Francesco Cuoco
Castellabate non sa, probabilmente, di avere tra i suoi discendenti illustri, anche se
non nati in città, ma che si sono fatti onore nel mondo, un signore di nome Italo
Vicente e di cognome Feola. Diciamo questo perché solo grazie all’iniziativa di
Davide Polito, presidente della fondazione Fioravante Polito di S. Maria di
Castellabate, nota per la sua infaticabile attività di servizio al mondo del calcio e
dello sport in generale attraverso la battaglia per l’istituzionalizzazione del
passaporto ematico, finalizzato a tutelare la salute degli sportivi con l’adozione
delle misure sanitarie di prevenzione atte ad evitare drammatiche scomparse di
atleti, la casa comunale del ridente centro cilentano sarà invitata nei prossimi giorni all’intitolazione
di una strada o una piazza od alla posa di una statua o di un cippo commemorativo
all’individuo summenzionato. Il presidente Polito, preannunciando anche una
iniziativa editoriale tesa alla divulgazione delle gesta di tale personaggio, ha infatti
dichiarato: ”Penso che tra le tante iniziative che la mia fondazione ha intrapreso-
non solo quella del passaporto ematico a tutela della salute degli sportivi che resta
comunque la nostra mission principale- siano da annoverarsi anche quelle della
valorizzazione delle personalità del territorio attraverso la menzione ed il ricordo di
quelle poco conosciute che si sono affermate in campo sportivo sulla scena
nazionale ed internazionale. Italo Vicente Feola, come dice peraltro lo stesso
cognome, tipico delle nostre zone, figlio di nostri concittadini, è una di queste, e
merita un riconoscimento, anche se postumo”.
A questo punto appare opportuno spiegare chi era Feola. Italo Vicente Feola nacque
a S. Paolo del Brasile il primo novembre 1909 da genitori originari di Castellabate (dei quali
nella foto di Dario Di Sessa è raffigurata la casa natia) emigrati in Brasile agli inizi del secolo
scorso in cerca di fortuna. Mai avrebbero potuto immaginare che il loro Italo
sarebbe addirittura diventato l’allenatore della nazionale di calcio brasiliana
campione del mondo nel 1958 in Svezia, il valorizzatore principe di un fenomeno
come Edson Arantes do Nascimiento, detto Pelè e l’intelligente e amichevole
gestore di campionissimi come Gilmar, Djalma Santos, Garrincha, Bellini, Jose’
Altafini etc in una delle squadre nazionali più forti della storia del calcio. E che
sarebbe entrato nella storia del paese che li aveva ospitati, il paese del futebol per
eccellenza, il Brasile.
Il Brasile, ci sia consentito dirlo per esperienza personale vissuta, che paese
straordinario! Soprattutto perché generatore di una popolazione -ancorchè
estremamente variegata ed eterogenea- di grandissima umanità, una umanità non
riscontrabile in nessun altro posto del mondo. Un paese dai mille contrasti, dalle
mille realtà, capace come nessun altro di far sorridere e commuovere nello stesso
tempo, un paese dove non esistono i ritmi di vita programmati, schematici e
prevedibili tipici delle nazioni dell’occidente opulento, ma dove ogni giorno tutto
può succedere e stupire in maniera imprevedibile ed inaspettata. Questo ho avuto la
fortuna di poter vivere grazie anche agli amici italo-brasiliani Antonio e Mario
Forestieri, figli di italiani emigrati in quelle terre lontane e fattisi onore ed una
posizione in quella S. Paolo che è la cidade dove risiede la più grande comunità
italiana esistente al mondo. Una città enorme, smisurata, e pure se riconosciuta
capitale del mondo finanziario sudamericano, ricchissima purtroppo anche e
soprattutto di contraddizioni sociali ed economiche, che è possibile toccare con
mano ogni momento e dappertutto, a partire da quella lunghissima Avenida Paulista
con i suoi grattacieli che le fanno da contorno sede degli istituti bancari più
importanti del mondo alla quale si contrappone in maniera plasticamente
inquietante il triste spettacolo delle favelas, come quelle di Heliopolis e di Vila
Prudente. Quella S.Paolo, come detto, che è un po’ anche Italia, e non a caso il
grattacielo di Palazzo Italia, sito in pieno centro e sede di un panoramico ristorante
nonché della Camera di Commercio italo-brasiliana, è il punto di riferimento e di
ritrovo dei nostri connazionali, dove si riuniscono per seguire le partite della nostra
serie A, nei locali di un organizzatissimo ed entusiasta Juventus Official Fan Club.
Ma S.Paolo è anche il quartiere di Morumbi zona residenziale ricca di ville e
palazzi signorili (dove gli amici ci fanno visitare l’omonimo stadio sede delle
partite del S.Paolo FC, con un custode gentile che ci concede senza problemi di
entrare negli spogliatoi e di fare un giro sul terreno di gioco a saggiarne l’erbetta) e
Praca da Se, dove a pochi passi dal sagrato della storica cattedrale è rilevabile
coram populo la presenza di tossicodipendenti e spacciatori, quasi a fianco della
camionetta della polizia che fa, come spesso ci è capitato di vedere anche in altri
paesi sudamericani, decorativa ed inutile permanente mostra di sé. E S.Paolo è
anche i suoi dintorni, perché non prima di essere passati da un magnifico pranzo
nel centro storico presso il pittoresco ristorante Famiglia Mancini, ci dirigiamo
fuori dalla cidade , ed attraverso la mitica rodovia Anchieta che collega S. Paolo a
Santos, subendo inevitabilmente le curve inerpicantesi tra la foresta, sbocchiamo
sulla città (dove allo stadio Vila Belmiro maturò il mito di Pelè) meta delle vacanze
dei paulisti dove i nostri amici hanno casa di vacanza a Guarujà. Sono proprio i
fratelli Forestieri a fornirci le notizie sulla vita calcistica e non solo di Italo Vicente
Feola, attraverso una paziente ricerca sui testi trovati nella Biblioteca do Futebol
nel Museu do Futebol sito nello stadio del Pacaembu . Le foto allegate
documentano che nel quartiere di Vila Nova Manchester in zona Leste a S.Paolo
insiste un parco intitolato a Feola, che serve anche come centro sportivo, e dove
all’ingresso è posta una insegna commemorativa.
Italo Vicente Feola era paulistano del quartiere del Bom Retiro , abitato dagli
immigrati italiani. Era conosciuto per le sue particolari caratteristiche fisiche…
esuberanti come uomo buono ed affabile. Iniziò la sua carriera nelle formazioni
minori della città nel 1935, precisamente al Sirio Libanes, passando dalla
Portuguesa Santista fino ad arrivare al Sao Paulo FC, dove divenne non solo
l’allenatore della prima squadra, ma anche il capo del dipartimento tecnico (tutte le
squadre giovanili) e amministratore generale, nonché supervisore del
Departamento Profissional. Era laureato alla Escola Superior de Educacao Fisica
e Desportos do Estado de Sao Paulo, dove fece il corso di allenatore di calcio, che
lo portò a diventare anche l’allenatore del Boca Juniors in Argentina (dove
guadagnava nel 1961 ben 40.000 dollari usa a stagione, e 25000 pesos extra per
amichevole, e tenendo conto che all’epoca 1 dollaro valeva 160 pesos argentini, si
può immaginare quanto fosse apprezzato come allenatore). Ma la sua popolarità gli
derivò dal fatto di essere stato allenatore della selecao tra il 1950 ed il 1966, che
diresse in ben 88 partite, tra campionati del mondo e varie manifestazioni e tornei
sudamericani vinti come la Taca Bernardo O’Higgins , il torneo disputato tra le
nazionali brasiliana e cilena, il trofeo Oswaldo Cruz tra la nazionale brasiliana e
quella paraguaiana, la Copa Roca con la nazionale argentina, la Copa Atlantico tra
le nazionali di Brasile, Argentina e Uruguay. Quando Joao Havelange venne
insediato come presidente della CBD ( Confederacao Brasilerira de Desportos,
l’ente che gestiva più di una ventina di discipline sportive tra cui il calcio, da cui
nascerà la CBF- Confederacao Brasileira de Futebol ) avviò subito una politica
rivolta a far divenire più professionale lo sport ed il calcio brasiliano, introducendo
innovativamente metodi scientifici, analisi psicologiche, professionisti
specializzati, mentre in precedenza questi incarichi erano stati accumulati dagli
allenatori senza competenze specifiche. Feola venne raccomandato ad Havelange
per gestire la selecao da Paulo Machado de Carvalho (proprietario della TV Record
e poi capo della delegazione brasiliana ai mondiali in Svezia del 1958) proprio per
il suo carattere bonario e per essere benvoluto dai giocatori (in quel mondiale i due
si sarebbero alternati anche a sorvegliare durante la notte i calciatori nelle camere
degli alberghi, per evitare che sprecassero il tempo destinato al riposo dietro alle
belle ragazze svedesi). Dopo il fantastico successo in Svezia dove il Brasile vinse
per la prima volta nella sua storia la coppa del mondo e dove Feola impose il
giovanissimo 17enne Pelè all’attenzione mondiale anche contro il parere dello
psicologo della selecao che lo aveva considerato inidoneo perché immaturo per un
torneo così importante, Feola non guidò la selecao ai mondiali in Cile perché
ammalato. Come detto nel 1961 era stato ingaggiato dal Boca Juniors in Argentina
per ricostruire il calcio argentino, un grande progetto di marketing che non portò
grandi risultati perché il Boca finì la stagione al 5 posto. Comunque Feola ne uscì
arricchito, non solo sul piano economico, ma anche su quello professionale,
trasferendo l’efficienza e la garra argentina nel calcio brasiliano, in particolare nel
S. Paolo FC, del quale divenne anche il sapiente amministratore (non disponendo il
club in quel periodo di sufficienti risorse finanziarie che stava investendo nella
costruzione del Morumbì Feola, con un lungimirante progetto di formazione di
calciatori poi venduti contribuì a sostenere le spese per la costruzione dello stadio,
tanto che in suo omaggio il club inaugurò nel 1975 la Escola de Futebol Vicente
Feola ).Feola ritornò a guidare la selecao nel 1966, ma con scarsi risultati. Aveva
chiamato ben 47 giocatori lungo le tappe di preparazione per i mondiali in
Inghilterra. Havelange in quel periodo si impegnava per essere eletto presidente
della FIFA e la squadra si allenava in modo itinerante per soddisfare interessi
politici. La base della squadra del 1958 era invecchiata e forte era la disputa per i
22 posti, quasi una guerra tra i giocatori. Disputa che si risolse nella incapacità di
stabilire e scegliere una squadra titolare da parte di Feola, che non andava
d’accordo con il resto della commissione tecnica, e anche a causa dell’infortunio di
Pele’ e degli arbitraggi in cui non venne sanzionato il gioco duro ai danni dei
principali calciatori brasiliani il Brasile venne eliminato dopo le due sconfitte
subite entrambe per 1 a 3 con Ungheria e Portogallo. Al di là di questa sfortunata
esperienza e del gossip sul suo amore per la pastasciutta e sui sonnellini in
panchina, Feola lasciò un segno profondo ed un marchio indelebile nel calcio
brasiliano, introducendo innovazioni nella tattica e nelle metodologie di
allenamento. Un autentico appassionato di sport ed un uomo dalle mille idee, come
quelle che spuntavano dalle sue infinite chiacchierate sul calcio tenute nel
tradizionale ristorante Ponto Chic a S. Paolo, come per esempio l’organizzazione
del Torneo Rio – S.Paolo. Italo Vicente Feola morì a S.Paolo il 6 novembre 1975,
all’età di 66 anni. Il mitico Djalma Santos ebbe anni dopo a lamentarsi del fatto che
“ I brasiliani non riconoscono Feola, peccato. Il popolo brasiliano non conserva il
passato ”. Speriamo non lo faccia anche Castellabate…
Francesco Cuoco